La filosofia dell'Uomo Computer secondo Angelo Giubileo



La Filosofia dell'Uomo Computer secondo Angelo Giubileo
- Tra Parmenide e Hawking e viceversa -


*L' Essere e il Nulla nell'Era della Tecnica. di Angelo Giubileo (La Carmelina edizioni)

Intervista di Roberto Guerra

D – Angelo, appena edito (La Carmelina) dopo una precedente versione solo digitale un saggio originale su Parmenide, una nuova edizione appunto parecchio ampliata e riveduta …
R – Si Roby, dici bene. Infatti, la prima parte dell’attuale saggio riprende il testo già pubblicato a gennaio con Asino Rosso. E tuttavia, mentre quel testo anticipava i profili critici dell’interpretazione susseguitasi lungo 2500 anni circa dal pensiero di Parmenide, questo saggio intende invece esplicitarne il senso e la portata, che da un punto di vista ontologico è incontrovertibile - come accennato dallo stesso Aristotele e di cui è traccia nel testo - e quindi anche futuribile.
D – Giubileo, Parmenide, tra i precursori del metodo scientifico in certo senso?
R – La questione del metodo è e rappresenta un nodo essenziale per tutto ciò che concerne l’attività della specie “umana”. Nel saggio, siffatta questione è interpretata alla luce dell’impronta heideggeriana, che mette in relazione, nell’ambito dell’intero discorso filosofico, il metodo dei Greci con quello successivo, ma solo da un punto di vista storiografico, dei Romani.
Quanto al metodo scientifico, comunemente inteso, consiglierei la lettura del saggio, di uno storico della scienza quale Giorgio de Santillana, pubblicato nel 1961 in Italia con il titolo “Le origini del pensiero scientifico”.

D – Angelo Giubileo, un Parmenide, paradossalmente anche futuribile?
Bene, provo allora a riannodare il filo del discorso fin qui svolto e in qualche modo oltrepassare i limiti di un tempo storico definito, passato presente o futuro che sia. In qualche modo, ripeto, il pensiero di Parmenide oltrepassa infatti tali limiti e si situa, direbbe Heidegger “dimora” in uno spazio eterno-senza tempo. Come questo sia possibile, provo qui ad accennarlo. Se l’essere abbia avuto un inizio, occorre che il tempo o il punto esatto di quell’inizio sia distinguibile dal tempo di tutti gli altri punti. E invece, a differenza di tutti gli altri logici della classicità, e in particolare di Aristotele e Platone, il ragionamento di Parmenide è rigorosissimo, così che ogni punto o tempo dell’essere è in sé e per sé indistinguibile.
Agli albori della geometria euclidea, il pensiero di Parmenide dimora nello spazio sia “matematico” che “fisico”, così che soddisfa pienamente il principio che de Santillana dice “di Simmetria” o “Indifferenza”; mediante il quale lo storico osserva che cause intrinsecamente indistinguibili non possono per se stesse produrre effetti indistinguibili. E questo è ciò che vale e varrà, da sempre e per sempre, per l’“umano”.

D – Giubileo Angelo … infatti nel tuo testo molti riferimenti moderni …
R – Si, in particolare indico qui tre nominativi e quindi tre esperienze di vita vissuta. Il primo, quello dell’astrofisico Stephen Hawking. Penso che molti possano sorprendersi nel leggere e quindi scoprire nel saggio che il celebre astrofisico, in ordine alla sua ricerca sul cosmo, abbia concluso usando le stesse parole, anzi lo stesso termine, definitivo, usato da Parmenide: “è”. Nel saggio, è presente anche un’analisi di confronto tra i principi della fisica “classica” e “moderna”, oltre che un’analisi dei principi matematici e relative conclusioni a cui è approdato il logico e matematico austriaco Kurt Godel con i suoi Teoremi di incompletezza indecidibilità.
Quanto ai filosofi, tra i tanti classici e moderni che s’incontrano nel testo, segnalo qui il pensiero postmoderno e postumano del francese Jean-Francois Lyotard.

D – Angelo, nonostante siano passati secoli e secoli, che direbbe Parmenide, oggi, del mondo computer attuale?
R – Direbbe che l’Apparato Scientifico-Tecnologico costituisce, nell’era della tecnica, la sfida più recente in ordine di tempo storico, ma piuttosto da sempre più accreditata, spazialmente eterna, dell’“umano” alla Natura intera che lo circonda. La Natura, essa sola, capace tuttavia di “com-prendere” l’“intero”; di cui dice saggiamente Plutarco, distinguendolo da ogni singola “parte” di cui esso stesso si compone. Lo stesso “Intero” che, agli inizi del pensiero filosofico della tradizione, Anassimandro chiama il “Senza-limite”.
D – E quindi, sarebbe così spiegato l’approdo che, nel saggio, pare definitivo al Grande Pan?
R – Si, ma per comprendere bene o meglio tutto questo, suggerisco quantomeno di leggere il testo

*Info