Intervista di Alessia Mocci a Pietro De Bonis ed al suo Tempeste Puniche – Il Profumo della quiete
“Vorrei tacere il tuo nome, il mio consenso./ Vorrei vederti sola, nel vuoto. Come la Luna./ Spiarti, proiettata nel buio universale/ dove donna scendi e in atomi ti scindi./ Guardare se realmente emani stelle dalle mani/ ed espandi venti./ Se della Terra abbracci foci e sorgenti./ Se catturi il rosso di Marte, se rubi la veste a Venere./ Se fluttui nelle danze di Giove e risorgi poi/ dagli abissi di Nettuno./ […]” – “Mia Immortale”
“Tempeste Puniche – Il Profumo della quiete”, edito nel 2010 dalla casa editrice Gruppo Albatros Il Filo, è la prima silloge poetica di Pietro De Bonis(Roma, 1984). “Tempeste puniche” consta di una prefazione a cura di Giordana Evangelista e del corpo del libro costituito da 56 liriche di diversa estensione. Una raccolta che non passa inosservata per la presenza di una musicalità naturale e della presenza della spontaneità della fantasia dell’autore. Lo stesso Pietro ci racconta che ama scrivere a contatto con la musica, forse questo è il suo segreto.
L’autore è stato molto disponibile nel rispondere ad alcune domande sulla sua silloge poetica, sulle sue liriche preferite, sul suo booktrailer, e su altre curiosità che di sicuro vi faranno conoscere un po’ meglio “Tempeste Puniche”. Buona Lettura!
A.M.: “Pensiamo troppo e sentiamo troppo poco. Più che macchine abbiamo bisogno di umanità.” Due frasi che trasmettono una notevole solitudine umana. Come mai hai scelto proprio questa citazione di Chaplin nell’incipit de “Tempeste puniche – Il profumo della quiete”?
Pietro De Bonis: Io adoro Charlie Chaplin, l’uomo, l’attore, che era una cosa sola. Ho voluto per questo motivo dedicargli l’incipit, ed anche perché mi rivedo molto in lui, nei suoi film, nei suoi atteggiamenti verso la società, nelle sue relazioni con gli altri, nel rapporto con se stesso, i suoi sentimenti. Lui affermava che istintivamente tutta la sua comicità si basava sulla drammaticità della sua vita, istintivamente io confermo questo suo pensiero e lo amplio: viviamo in un mondo sempre più cinico, “Pensiamo troppo e sentiamo troppo poco” perché siamo indotti dal popolo a comportarci così.
Non c’è più umana scelta libera e spensierata, bisogna farsi largo con la furbizia, la scaltrezza, più che intelligenza. Approfittare delle situazioni, sopprimere il cuore, ragionare con gli occhi, tappare le orecchie, chiudere la bocca alle persone care, alle loro sempre maggiori richieste “silenziose”, quelle dettate dagl’occhi di speranza, che noi evitiamo sapendo di sbagliare. Non condividiamo, siamo ciechi di bontà, affamati del trofeo da riporre in una bacheca solitaria come noi. Non che sbagliamo ma vi sono strade e strade per il raggiungimento di una meta.
Invece stiamo tutti in fila su una autostrada senza curve, dritta, rannicchiati come i pupazzi lego in automobiline lanciate all’impazzata dalla schicchera delle dita del più terrificante e avido mostro “Ingord”. Destinati contro un muro gigante dove ci sfracelleremo, e bulloni e lacrime e si mischieranno troppo tardi.
La solitudine umana è la conseguenza del nostro errare collettivo, ce la regaliamo ogni Natale. Certo questa è una visione molto pessimistica, grazie a Dio ci sono ancora persone buone nel mondo, che vivono per gli sguardi e sorrisi dei loro parenti e amici, e lasciano i mostri annientarsi nelle favole.
A.M.: . Brevitas, ripetizione ed attenzione per la musicalità. Descriveresti la tua poetica in questo modo?
Pietro De Bonis: No, non la descriverei in questo modo la mia poetica. Io non reco attenzione a nulla nello stilare una lirica, se non a quel minimo per accrescerne la bellezza. La musicalità in particolar modo viene da se. Io scrivo molto d’istinto e l’istinto mi premia in tutto, non cerco parole ma le parole sono a cercare me. Credo che le poesie già abbiano una loro precisa essenza, Dio ce le manda a noi tramite voli di farfalle coloratissime, io ho solo gli occhi buoni e la mano giusta per catturarle e inchiodarle su pagine bianche.
Mi chiedono spesse volte di spiegarla una poesia poiché a detta di molti adotto termini aulici, ricercati, inoltre mi domandano il perché abbia fatto questa determinata scelta lessicale. Io rispondo loro che se spiegassi una mia lirica a parole “giornaliere” probabilmente diverrebbe banale, poi sinceramente non sarei capace ad utilizzare altri vocaboli se non gli stessi che ho usato per erigerla, in secondo luogo rispondo che non ho scelto io i termini alti, sono caduti dal cielo (forse per questo i chiamano “alti”), mi sono comparsi in mente spontaneamente come gli arcobaleni dopo la pioggia, potrà sembrare pazzesco ma è la mera verità. Credo stia un po’ all'anima di ognuno, alla sua sensibilità, esperienza e cultura trarne l’accezione.
Descriverei la mia poetica in “breve controllo dell’istinto per una maggiore bellezza integrale”.
A.M.: I tuoi versi descrivono con poche pennellate immagini concrete. Dove nasce la tua fantasia creativa? Direttamente dalla realtà senza passar prima per la letteratura?
Pietro De Bonis: La mia fantasia creativa nasce dalla realtà, quando ho iniziato a scrivere non sapevo neanche cosa fosse la letteratura.
Sono una persona soddisfatta di quello che è riuscita a ottenere negli anni, con i sacrifici, con la sofferenza, accontentato del mio privatissimo dolore, poiché è da lui ho tirato fuori la cose più belle. Conservo un ricordo bellissimo dell'indecenza e della prepotenza degli anni "bui", e non butto nulla di loro, perché è come se buttassi via qualcosa di me.
I ricordi meno allegri non l’ho abbandonati, anzi è proprio in quelli che trovo tutte le spiegazioni e soluzioni ai problemi di oggi. Mi illustrano la bellezza del presente, del bene che vegeta nel mio cuore, del bene che prospera nel futuro. Mi spiegano le vele del mio navigare fino a qui solitario. Ed è tutto con me in quella barchetta: il passato, il presente, il futuro, tutti e tre abbracciati stretti. Li incontro davanti lo specchio che mi sorridono ogni mattina, che mi fanno coraggio, un grandissimo coraggio. “E va bene così” cantava Vasco Rossi.
Il rapporto madre-figlio, ancora scandagliati alla luce della psicanalisi in generale e a quella del giorno nel mio caso, è pur sempre alla base della mia “cognizione del dolore”.
A.M.: La scelta dei titoli di ogni lirica è dinamica ed erudita. Ci vuoi indicare cinque poesie a cui tieni particolarmente?
Pietro De Bonis: Che definisci la mia scelta dei titoli “dinamica” ed “erudita” mi rendi un enorme complimento, perché capisco che te hai capito, e che ho raggiunto un intendimento con una mia lettrice, anche se forse sarà solo una, scherzo.
La prima poesia è “Mia Immortale” considerata da me la più bella di parole dell’intera silloge. “Mia Immortale” è nata sotto le note di My Immortal degli Evanescence, io scrivo sempre accompagnato dalla musica, mi arriva a far toccare termini impossibili, farfalle incatturabili. In questa lirica vi è una visione molto Dantesca riconducibile alla donna, la vecchia cara Beatrice che era, al concetto degli astri e dei pianeti, della luce divina, del corpo candido di Mamma, Ragazza e Madonna. È un viaggio nella galassia con zio Dio e zia Speranza, io un bambino che fa vola vola sorretto dalle loro mani grandi, col sorriso, perché sa che andando alle giostre, quelle aeree, senza belve terrene.
La seconda poesia è “Quello che abbiamo passato”, per l’immagine che da, secondo me perfetta: un dipinto immutabile che non sbiadisce mai, “il rumore azzurro del mare mosso…”.
La terza è “Promessa”, parla del desiderio mio di possedere il cuore di una ragazza. Trasportarla in un mondo incantato a vivere della Natura, dei boschi, della pioggia che bagna le paure quotidiane, ormai asciutte lì. Di andare oltre il semplice fare l’amore come se alla fine non fosse così tanto necessario per raggiungere quel sogno che vogliamo entrambi, come bambini ancora in fasce crescere insieme e sparire nel futuro sempre insieme, “…sparire senza fare l’amore”.
La numero quattro è “Vorrei tornar bambino”. “...vorrei tornar bambino solo per potermi specchiare e vederti sorridere”, credo vi sia poco da spiegare.
Come ultima non in ordine di importanza ci metto “A mio nonno Pietro”, dedicato appunto a mio nonno, che non c’è più da pochi anni. Le parole di questa poesia mi giunsero un giorno a casa sua mentre era sofferente sulla poltrona e aspettavano tutti l’autoambulanza a braccia conserte mirando il pavimento. Mi è comparsa l’immagine di lui che morendo esce dalla scuola de “La vita nel Mondo”, come fosse uno scolaretto alle elementari con lo zaino in spalla, dove all’uscita al cancello lo attendono i suoi genitori, ed anche mia madre.
A.M.: Qual è la tua idea di punteggiatura? Come usarla in poesia?
Pietro De Bonis: La punteggiatura è un vero dilemma! Si è formata l’idea in me che possa essere personalizzabile, io comunque già di mio tendo a metterne poca, molto poca. Ho abolito i “punto e virgola”, mi stanno antipatici. Nella poesia poi vengo aiutato dall’andare a capo spesso, nel romanzo è un discorso un po’ più complicato. Non saprei dirti come usarla, ogni buon scrittore se ha in testa cosa vuole scrivere, la scelta della punteggiatura è solo un’operazione di rifinitura intuitiva.
A.M.: Nella lirica “Estinti torpori” il primo verso recita “Ti solleverò tutte le volte che cadrai”. È una citazione musicale dalla canzone di Ron “Non abbiam bisogno di parole” oppure è solo un caso?
Pietro De Bonis: Credimi è solo un puro caso. La prima persona a farmi notare questa cosa è stato mio padre, io non me ne ero accorto. “Non abbiam bisogno di parole” è una canzone fantastica di Ron, non mi sarei mai permesso.
A.M.: Che cosa ne pensi del book-trailer come strumento artistico pubblicitario del proprio libro?
Pietro De Bonis: Penso che il book-trailer sia un mezzo favoloso per far conoscere il proprio libro alle persone. Soprattutto alle persone che non hanno voglia di mettersi a leggere una recensione, è meno faticoso vedere immagini, esiste molta gente pigra. Personalmente vi invito a guardare il mio di spot, mi sono messo in gioco in prima persona, sono narciso lo so, è un mio difetto. Sono molto soddisfatto del lavoro eccezionale del video-maker nonché amico Stefano Bagnoli.
A.M.: Qual è l’ultimo libro che hai letto? E l’ultimo film visto?
Pietro De Bonis: L’ultimo libro letto è stato “Io e Te” di Niccolò Ammaniti. L’ho trovato molto bello, breve, non si perde in chiacchiere, molto cinematografico. Adoro la sua scrittura lineare e semplice che non appesantisce mai gli occhi, che non sazia mai, che non fa contare le pagine.
L’ultimo film invece è stato “La nostra vita” con Elio Germano, un attore per me meritevole. Un film meraviglioso, che assapora d’antico sfiorando la durezza dell’incedere delle persone comuni d’oggi, i rispettivi drammi e occasioni di gioie e rinascite.
A.M.: Ci sono presentazioni in programma de “Tempeste puniche – Il profumo della quiete”?
Pietro De Bonis: Ora come ora non ho in programma nuove presentazioni.
A.M.: In cantiere hai un romanzo ed una nuova raccolta di poesie. Uscirà prima il verso o la prosa? Ci puoi anticipare qualcosa?
Pietro De Bonis: Di natura sono molto scaramantico, quindi evito il più possibile discorsi relativi a progetti futuri, evito di pronunciarmeli a voce alta anche quando sto da solo. Quale dei due pubblicherò prima non saprei, dipenderà quale probabilmente concluderò prima, poiché scrivo in contemporanea. Vi posso solo anticipare che saranno belli, e che i temi saranno riguardanti la fecondità delle emozioni. Oso nel dire qualcosa del romanzo? Ma sì. Le persone che contano non muoiono mai.
BOOKTRAILER:
http://www.youtube.com/watch?v=o4ckSBSH1S4
Link che vuoi inserire per comprare il libro e per tuo contatto:
http://www.libreriauniversitaria.it/tempeste-puniche-profumo-quiete-bonis/libro/9788856732245
http://www.ibs.it/code/9788856732245/de-bonis-pietro/tempeste-puniche-il-profumo.html
Alessia Mocci
Responsabile dell’Ufficio Stampa di Pietro De Bonis