Parli come di Federico Li Calzi tratta da Poetica Coazione, recensione
“Parli come
pioggia di sera.
Come un lento mormorare,
sui tetti e le case,
la tua voce.
Come l’ansa del mare
che erode la costa,
tu parli di pioggia.
Lieve formicolio
sulle acque e sui pini.
Tu parli come la notte
vicini,
come la pioggia terrestre,
il profumo agreste
della campagna lontana.
Tu parli strana,
come le ore di gioco,
nella stanza deserta.
Come il mattino,
tu parli vicino,
come il vento
che incespica la fratta,
tu parli distratta
e la smorfia nei visi
è lo specchio
delle parole che dici.
La sera di pioggia
tu parli
come un lento
mormorare sulla città
barocca.
Tu parli, di notte
come pioggia.”
“Parli come” è una lirica di Federico Li Calzi, compresa nella silloge “Poetica Coazione”, edita dalla casa editrice Tra@art nel 2009. È possibile scaricare la raccolta poetica direttamente dal sito internet dell’autore siculo ed in modo del tutto gratuito.
“Parli come” è il primo verso della lirica ed il titolo stesso in quando Federico Li Calzi per personalissima scelta ha optato per la non introduzione dei versi con un titolo stabilito. “Parli come” si trova nelle pagine 12-13 della raccolta ed è divisa in nove strofe libere.
“Parli come/ pioggia di sera.”
Brevissima strofa iniziale di soli due versi. L’io narrante apostrofa il destinatario delle sue parole: quel “tu” che sarà presente in tutta la silloge poetica e che incarna una donna amata, una donna che aleggia nella vita dell’io narrante sin dal primo verso, una donna celata dal mistero di un rapporto intrecciato di stagioni, luoghi e momenti della giornata. Il parlare della donna in questa prima stanza è in similitudine con lo scrosciare della pioggia durante la sera, la si potrebbe interpretare dunque come un parlare fitto per la presenza della pioggia ma anche crepuscolare per l’indicazione decisa del frammento della giornata.
“Come un lento mormorare,/ sui tetti e le case,/ la tua voce.”
La seconda strofa continua la comparazione, si nota la forte posposizione del soggetto nel terzo ed ultimo verso. La voce della donna è in similitudine con il cadere delle gocce di pioggia sui tetti e sulle case. È ancora sera, e il suono della voce di lei si espande all’esterno.
“Come l’ansa del mare/ che erode la costa,/ tu parli di pioggia.”
Continua il confronto e dal lento mormorio ci spostiamo nella sinuosità delle onde del mare che consumano ciò che incontrano, in questo caso la costa. L’io narrante sente ogni parola seguendo la musicalità della pioggia capendo nell’ultimo verso della terza stanza che il soggetto del discorso del tu non è altro che se stesso.
“Lieve formicolio/ sulle acque e sui pini.”
Un’intensità che ondeggia, dal parlare come pioggia al lento mormorare, dalla forza delle onde al sottile brulichio sulle acque, che potrebbe metaforizzare le falde acquifere, e sui pini, che per il medesimo concetto metaforizza le foreste.
“Tu parli come la notte/ vicini,/ come la pioggia terrestre,/ il profumo agreste/ della campagna lontana.”
Si arriva alla notte con la ripetizione del “parli come” ma con l’aggiunta del “Tu”. La scelta dello svelare il personaggio, del caratterizzarlo maggiormente con due sole lettere. La quinta stanza della lirica rivela l’affetto dell’io narrante nei confronti della donna. Cambia anche il momento della giornata e dalla sera si arriva alla notte. La notte è in genere simbolo dell’amore tra gli amanti e quel “vicini” lo concretizza. Le comparazioni continuano e la voce ora è pioggia terrestre e profumo agreste della campagna.
“Tu parli strana,/ come le ore di gioco,/ nella stanza deserta.”
Qualcosa muta, ed il soliloquio della donna diviene bizzarro, stravagante come la durata di un gioco. Per la prima volta compare un interno, precedentemente è stata la natura e l’esterno a predominare la scena, ma durante la notte lo scenario diviene una stanza vuota, deserta.
“Come il mattino,/ tu parli vicino,/ come il vento/ che incespica la fratta,/ tu parli distratta/ e la smorfia nei visi/ è lo specchio/ delle parole che dici.”
Dall’oscurità alla luce, è mattino. La comunicazione resta per un attimo presente ma ben presto inizia ad inciampare come il vento che nel suo percorso incontra un luogo impervio folto di rovi e di sterpi. Il dialogo è distratto e lo si percepisce non solo dal suono delle parole ma, anche, dal ghigno del viso.
“La sera di pioggia/ tu parli/ come un lento/ mormorare sulla città/ barocca.”
Nuovamente sera. È come se l’io narrante stesse descrivendo ventiquattro ore di parole o forse un intero ritaglio di vita vissuto con questa donna enigmatica distante dalle emozioni. C’è un velo di melanconia che ombreggia sulla lirica, un velo di passato che potrebbe essere portato in luce grazie alla città barocca che simboleggia un’ampollosità esagerata ed il seicento, quindi il trascorso, ciò che sfarzosamente è relegato sui libri, proprio come questa sfuggente figura femminea.
“Tu parli, di notte/ come pioggia.”
Ed un’ultima strofa che decreta la notte come fine della narrazione, come fine del ricordo. Di forte pathos la punteggiatura nel primo verso, l’uso della virgola, della pausa grazie al quale trionfa il “Tu parli” come punto focale di tutta la lirica.
Lascio il link del sito nel quale potrete scaricare gratuitamente la sua raccolta intitolata “Poetica Coazione” ed il link della pagina del social network Facebook:
http://www.federicolicalzi.it/
http://www.facebook.com/pages/Federico-Li-Calzi/188911001130172
Link della recensione “La cosa che tu fai”:
Alessia Mocci
Responsabile dell’Ufficio Stampa “Poetica Coazione”