Pierluigi Casalino: Pasolini, la follia e la ragione

 

LA FOLLIA E LA RAGIONE: NON SOLO UN MONDO DA VISIONARI.

Pier Paolo Pasolini ammetteva che il futuro è inimmaginabile e che lui preferiva la nostalgia, quello che poi è stato definito "il nome più dolce del nuovo". Sono trascorsi oltre trentasei anni da quel 1° febbraio 1975, quando l'intellettuale pubblicò sul Corriere della Sera un articolo passato alla storia come "La scomparsa delle lucciole". La Montedison, la DC e Pasolini sono scomparsi. Le lucciole no, anche se qualcuno rischia di scambiare la Montedison per una lucciola. Nonostante l'inquinamento i simpatici insetti luminosi restano. In numero limitato, ma sopravvivono. In "Consigli a un aspirante apocalittico" (1911), la scrittrice belga Freya De Carne scriveva:"Fai sempre molta attenzione. Se ci azzecchi non rimarrà nessuno a ricordarsi di te". Gli apocalittici sono animali che tendono a sovrastimare l'importanza dell'uomo e della propria intelligenza. Ma grazie a loro, alla loro intuizione visionaria  il futuro si afferma, si offre alla nostra comprensione, anche se ci lascia aperto un interrogativo inesauribile: dove va l'uomo? Nella notte si accendono delle stelle e con esse la speranza. Ma è la ragione che rischiara le tenebre e infonde coraggio all'intelligenza, che dischiude gli orizzonti della storia. E la ragione non è solo un sistema di regole che noi utilizziamo nel rapporto con gli altri, con l'altro da noi e  con l'universo che ci circonda. E se dal plurale passiamo di nuovo al singolare vediamo che i nostri pensieri superano la linea del confine razionale. Proprio per tale motivo esiste un certo timore e pudore a raccontare e rivelare in pubblico il significato che in privato assegniamo alle cose, a partire dalle nostre sensazioni del momento, dalle nostre pulsioni, dai nostri incanti, dai nostri spunti poetici e creativi. Non è forse folle, dal punto di vista razionale, chiedere, come fa Giacomo Leopardi,:"Dimmi che fai tu luna in ciel?", sapendo perfettamente che la luna né risponde, né può rispondere ai poeti. I poeti, infatti, appartengono ad una categoria che esce dalla ragione, se pur non l'abbandona del tutto, e per questo giustamente Heidegger li chiama "i più arrischiati". Oltre al plurale, dove la follia (visionaria) è bandita, quest'ultima trova la sua miglior espressione nel singolare. Ma anche nel duale la follia trova terreno favorevole, quel duale in cui gli innamorati vivono perdutamente, astraendosi dalla realtà, come fa una donna, intensamente attratta da se stessa, nel momento in cui si ammira allo specchio per farsi bella. E in tal modo esprimono un linguaggio indescrivibile, al limite del delirante, che sconfina nel "senza di te casca il mondo". E' la follia che ci individua, che ci fa diversi uno dall'altro, che inventa il nuovo, che inventa il futuro. Ed è così che ritorna a farsi ragione!

Casalino Pierluigi, 30.11.2011.