Sandro Giovannini: verso l'ur/archeo futurismo


Una riflessione a margine dei lavori preparatori del “libro-manifesto”(Nuova Oggettività AA.VV.)

di Sandro Giovannini

Ora noi abbiamo deciso di dar luogo ad un lavoro di sintesi per costruire un nuovo movimento di pensiero. Esso non è quindi né un movimento di opinione indifferenziato (non ne abbiamo infatti né la voglia né la possibilità, perché si tratterebbe d’incidere su più vaste fasce di attenzioni peraltro ben agitate in questi tempi foschi di cambiamenti epocali) né un mini partito politico. Un movimento di pensiero non nasce però anch’esso solo dalla buona disposizione spirituale, mentale o caratteriale di qualche intellettuale, né può limitarsi a vestire la configurazione fisiologica di qualche isolato pensatore, pur dotato d’alta autostima ed in vena d’organizzare... infatti necessita di una temperie matura almeno in qualche decina di esseri pensanti seri, nei quali si possa rinvenire un minimo comune multiplo di disgusti e di propensioni - seppur diverse - all’antagonismo radicale. Ora, dopo decenni d’illusioni di possibili interventi teorici o pratici, tutte più o meno fallimentari perché non in grado di muovere alcunché di rilevante sul breve periodo, siamo giunti quasi tutti all’obbligata consapevolezza che se si può fare qualcosa esso può esser fatto solo con un processo di lungo periodo e con uno sguardo sottratto alle inquietudini sollecitate terminalmente, sia pure con una determinazione senza tentennamenti e senza la stupida fiducia negli interventi teatrali ex machina. Infatti se è vero che la storia sempre sorprende i finti saggi che credono di comprenderne le linee di sommovimento superficiali è altrettanto probabile che il lavoro serio e senza limiti di tempo è quello che più può produrre in termini di reale cambiamento programmabile e rappresentabile. Un’egemonia si determina anch’essa per flussi apparentemente atemporali ma poi agisce potentemente sul reale ed ha sempre dei padri fondatori, dei lavoratori instancabili, dei sobri produttori del buon senso. Ora noi dobbiamo avere per certo che i numeri che muoviamo sono esigui ed incertissime le disposizioni spirituali, mentali e caratteriali di quelli che con noi corrispondono, ma allo stesso tempo sappiamo di aver innescato un processo che non si fermerà facilmente e che produrrà, andando avanti, fatti indiscutibili e capaci di sommarsi gli uni agli altri, formando uno stile che diverrà significativo. Ognuno di noi, infatti, nella sua storia realizzata ha già, come possesso non effimero, in sé, la perla di questa esperienza, assieme a tanti fallimenti, ad innumerevoli perdite di tempo, a continue defatiganti procedure comunitarie. Si tratta di mettere quel meglio assieme, credendo di poterlo fare, perché in realtà già ci appartiene e non è stato neutralizzato né dal disincanto né dallo scetticismo. I tempi sono sempre nuovi, le potenzialità sempre aperte, noi viviamo sorprendentemente su un crinale che ci assicura della fine e dell’inizio mischiati assieme come non mai, potentemente ricettivi. Con il lavoro giornaliero che non è altro da sé rispetto al pensiero che ci ha costruito fino ad ora, noi siamo del tutto capaci di “fare il nuovo” assieme all’antico in una sorta di urfuturismo o di archeofuturismo, sempre rinnovato nella fedeltà ai valori che abbiamo professato e che professiamo.
  


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