Danilo Campanella interview: Ideogrammi 3.0
Danilo Campanella, ricercatore per l'Associazione "futuribile" umanistica Filomati (sede centrale Roma, diffuso anche all'estero in 5 nazioni ecc.) , tra gli autori - tra l'altro- di Divenire 5 Intelligenza Artificiale (a c. di Riccardo Campa) - Sestante Edizioni (Bergamo, 2012) www.divenire.org
D. Campanella: il Computer come un superideogramma?
Se per ideogramma intendiamo un "significante" corrispondente a un significato, viene da se che esso permette la comunicazione, anche scritta, tra popoli di lingue differenti. Il computer non fa altro che "amplificare" questo concetto, diventando, come lei ha detto, un superideogramma
.
D. Campanella: connessioni con certa ricerca junghiana, M.L. Von Franz (Tracce del Futuro) su certa altra cibernetica di matrice storico-scientifica cinese ad esempio?
Le connessioni si trovano sempre. Una volta U. Eco riuscì a trovarne una collegando due termini molto distanti tra loro (Platone e salsiccia). Tuttavia in questo caso è verosimile un collegamento con il nostro tema e il lavoro di ricerca dell'allieva di Jung, che scrisse molto sul significato del simbolo e del segno. In un suo saggio in particolare, "Tracce dal futuro, divinazione e tempo", riscontriamo che "potrebbe" esistere un ordine naturale prefissato nell'universo. Ne deriva che il destino avrebbe una valenza "teologica", e il futuro sarebbe conoscibile attraverso lo studio dei simboli che ci sono attorno a noi (anticamente era la divinazione) ed è cerco che il legame tra matematica e teologia nella cultura cinese era molto forte. Con questo non voglio dire che gli antichi cinesi ritenessero l'universo creato, come neanche i buddisti, e i confuciani parlano ben poco di Dio, ma la tesi piu' diffusa e' che l'universo e' sempre esistito, come anche l'anima individuale. Ergo la divinita' non e' un ente, separato dal mondo, ma uno status al quale tutto il mondo tende, insieme alle stesse anime individuali. In occidente si avvicina molto a questa visione orientale la teosofia o l'antroposofia.
D- Campanella: matematica quantitativa e "qualitativa", una sintesi possibile?
Per i Cinesi era possibile, ma anche per Pitagora. Lacosiddetta matematica "quantitativa", è quella a noi familiare. Nell'antica scuola pitagoricasi troviamo la presenza di un altro versante della matematica, quello mitico-simbolico, o qualitativo, che per essi era molto più importante, in quanto punto di riferimento per esprimere la loro Teoria del mondo, attraverso un versante "qualitativo" che non si occupa della "quantità", ma si rivolge invece alle energie cosmiche ed al loro Principio. Inoltre applicando l'Esortazione alla filosofia di Giamblico (sorreggere le cose pensate grazie a immagini simboliche "segnavia" o di sostegno, è possibile avvicinarsi alla meta, alla contemplazione delle idee eterne, alla cosa pensata e al suo più intimo significato.Galileo diceva che il mondo è fatto di simboli, e la matematica è il linguaggio di Dio: « La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l'universo), ma non si può intendere se prima non s'impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne' quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto. »(Galileo Galilei, Il Saggiatore, Cap. VI).
Per dirla enfaticamente, i simboli sono intorno a noi, e per comprendere il reale vanno codificati. Gli antichi Cinesi nell'"invenzione" dell'I Ching volevano comprendere i mutamenti e oltrepassare quel sottile confine che vige tra materiale e immateriale, tra visibile e invisibile, oltre quel muro immaginario, esistente solo nella mente di noi occidentali, che separa la scienza e la fede. Noi scienziati "crediamo" in ciò che vediamo, e su questo si basa il nostro metodo. Ma io mi domando: vedere non è appunto credere?
Per dirla enfaticamente, i simboli sono intorno a noi, e per comprendere il reale vanno codificati. Gli antichi Cinesi nell'"invenzione" dell'I Ching volevano comprendere i mutamenti e oltrepassare quel sottile confine che vige tra materiale e immateriale, tra visibile e invisibile, oltre quel muro immaginario, esistente solo nella mente di noi occidentali, che separa la scienza e la fede. Noi scienziati "crediamo" in ciò che vediamo, e su questo si basa il nostro metodo. Ma io mi domando: vedere non è appunto credere?