La nuova filosofia italiana: intervista a Luca Siniscalco
Luca Siniscalco, milanese, studente di Filosofia presso l'Università degli Studi di Milano, è redattore di Luukmagazine, per cui si occupa di arte nazionale ed internazionale, e collabora con Antarès-Prospettive antimoderne. I suoi principali interessi si articolano attorno a nuclei tematici di Storia delle idee, Estetica, Filosofia politica, Antimodernismo, Cultura classica.
1)Come valuta l'attuale panorama del giornalismo culturale in relazione agli old media ?
Mi sembra evidente il nostro soggiornare in una fase di grande crisi, soprattutto per quanto concerne i mezzi di comunicazione cartacei. Una crisi, tuttavia, da intendersi nel senso etimologico greco come una situazione di rottura capace di porre l'uomo di fronte ad una scelta. Servono nuovi strumenti, ma soprattutto nuove idee, per restituire linfa vitale ad un settore imprescindibile, che difficilmente e solo in tempi lunghissimi verrà integralmente soppiantato da Internet, risorsa rivoluzionaria che arricchisce enormemente la quantità e l'eterogeneità delle informazioni, ma che non annulla, specialmente rispetto al giornalismo culturale, la soddidfazione scaturente dalla lettura cartacea di un editoriale o di un elzeviro di qualità.
Per quanto concerne i mezzi televisivi percepisco invece un panorama dalle tinte più fosche, almeno per quanto riguarda la tv generalista, per almeno tre ragioni: un'offerta culturale estremamente al ribasso, una ormai spiccata tendenza antropologica al rifiuto da parte del pubblico della passività di fronte ai mezzi comunicativi, il declino della funzione aggregante, da un punto di vista familiare, sociale e nazionale, della televisione.
2) Quali scenari si aprono invece con i new media ?
Scenari indubbiamente ampissimi ed affascinanti, contraddistinti dall'abbattimento di cricche, potentati e nepotismi e da una radicale plurivocità. Scenari parimenti caotici e privi di quelle distinzioni e gerarchie qualitative imprescindibili per affrontare seriamente l'informazione e l'approfondimento.
É necessario mantenersi in equilibrio fra un'impostazione basata sul prospettivismo nietzscheano, per cui il maggior numero di prospettive fornisce un'inquadratura più precisa ed affidabile, ed il rischio nichilistico dovuto al paradosso in base a cui il sentenziare senza distinzioni da parte di tutti equivale al non affermare alcunchè da parte di nessuno.
Per quanto concerne in particolare il giornalismo culturale, ritengo tuttavia che la qualità fatalmente emerga e che dunque il pericolo delineato, più opprimente in relazione all'informazione politica e geostrategica, possa essere in questo settore ridotto al minimo.
3)Parliamo di Cybercultura. Pop o d'elite?
La Cybercultura fonda e insieme risponde a un nuovo modo di distribuire la conoscenza. La comunicazione si delinea in base ad una rispondenza "tutti-tutti" e nuove parole chiavi divengono "interconnessione", "comunità virtuale", "intelligenza collettiva". Nascono in ambito artistico progetti di rilievo come "Neoludica", tesi ad indagare il valore estetico di avanguardia dei videogames, in bilico fra nichilismo distruttivo e simbolismo creativo. É un mondo apparentemente democratico e privo di controlli, stretto fra le utopie libertarie e le ambizioni anarchiche. Sono tuttavia personalmente convinto della verità metastorica dell'affermazione di Nicolás Gómez Dávila, secondo cui "La vita è officina di gerarchie. Solo la morte è democratica". Una forma di gerarchizzazione si renderà inevitabile: auspico sinceramente possa realizzarsi in una configurazione nuova e finalmente qualitativa, abbattendo il rischio sempre presente di un controllo oligarchico e parassitario.
I rischi connessi a queste nuove tecnologie sono peraltro disparati: basta una breve lettura di Heidegger, Junger e Spengler -per citare solo i più noti- per comprendere la svolta epocale connessa alla "cibernetica", che non è semplice strumento neutro, ma figura destinale della nostra storia.
Non si deve trascurare la portata filosofica di una tecnica che sta rivoluzionando i presupposti del nostro vivere quotidiano: è necessario un approfondimento, nella consapevolezza che "là dove c'è il pericolo, cresce/ Anche ciò che salva"(Holderlin).
4)Come giudica la cultura italiana odierna? Potenza propulsiva o casta attardata?
Si può riflettere specificatamente sulla culura italiana e sulle sue peculiarità, ma ritengo più opportuno inserirla nel quadro della globalizzazione imperversante. La cultura italiana, ed europea, dominante ha accettato di piegarsi supinamente alla civilizzazione, in senso spengleriano, americana, aderendo ai dogmi del pensiero unico e del politicamente corretto. Se si pensa che, secondo recenti studi, i lettori statunitensi sono una razza in via di estinzione, dato che l'80% delle famiglie americane non ha acquistato o letto alcun libro nell'anno passato ed il 70% per cento degli adulti statunitensi non è mai entrato in una libreria negli ultimi cinque anni, non pare un gran risultato.
Tale livellamento, palese in sistemi bipolari dove le distinzioni programmatiche all'acqua di rose si annullano di fronte alla tecnocrazia, si prostra agli idoli della modernità adeguandosi alla litania della "fine della storia". In questo senso parlerei non di casta, termine che sembra evocare un'elite dirigente di ascendenza mitica, ma di faccendieri radical chic, incapaci di rischio intellettuale. Tale quadro cinico e pessimista risponde chiaramente a una mia consapevole volontà di denuncia di un sistema globale di pensiero teso a combattere ogni jungeriano "passaggio al bosco".
É ovviamente una generalizzazione: si segnalano infatti parallelamente numerose iniziative interessanti, molte delle quali rese possibili dal web, scelte coraggiose da parte di direttori ed editori audaci, nascita di progetti giovanili finalmente diretti a suggerire sintesi costruttive, anziché adagiarsi sulle posizioni "anti".
É l'adesione al motto della fenice, Post fata resurgo (dopo la morte torno ad alzarmi), che ci può garantire una via metamorfica verso un futuro alternativo.
(R.Guerra)