Ferrara Italia, Bruno Vigilio Turra intervista L. Gallino

di
da  FERRARA ITALIA
""Riportare la finanza al servizio dell'economia e creare occupazione. O democrazia a rischio...."


In questi anni di crisi Luciano Gallino, uno dei sociologi italiani più autorevoli, ha pubblicato almeno tre libri importanti per comprendere la genesi del problema, la sua evoluzione i possibili sviluppi e le strategie per uscirne senza perdere pezzi significativi di democrazia: "Con i soldi degli altri" (2009), "Finanzcapitalismo" (2011), "Il colpo di Stato di banche e governi" (2013). Nel primo ha messo in risalto gli attori che gestiscono i risparmi di milioni di persone e i meccanismi che consentono loro di investirli sistematicamente in base all'unico criterio guida della massimizzazione a breve termine del rendimento finanziario. Nel secondo ha descritto la mega-macchina finanziaria, di estensione planetaria e capillarmente diffusa in ogni sistema sociale, finalizzata a massimizzare il valore estraibile dagli esseri umani e dagli ecosistemi, attraverso la quale il denaro viene impiegato, investito e fatto circolare sui mercati, allo scopo di produrre una quantità ancora maggiore di danaro, in un crescendo patologico sempre più fuori controllo. Nel terzo ha descritto il processo attraverso il quale siamo arrivati al tracollo finanziario di questi anni, dimostrando come esso non sia derivato da un incidente del sistema né sia stato prodotto dal debito pubblico che gli Stati avrebbero accumulato per sostenere una spesa sociale eccessiva, ma sia stato causato dall'ostinato perseguimento dell'accumulazione finanziaria ad ogni costo, per altro sostenuta da una lunga serie di decisioni politiche.
In tutti i testi Gallino non mancava di proporre strategie, suggerire "riforme impossibili ma necessarie", ricercare e proporre "politiche anti-crisi".
Professore, nel 2013 lei pubblicava "Il colpo di Stato di banche e governi". Il quadro è ancora lo stesso o si scorgono dopo due anni segni di cambiamento?
La situazione rimane quella descritta nel testo. Non c'è stata nessuna iniziativa concreta da parte dei governi per porre fine alle attività delle banche che hanno causato la crisi; anzi, ci sono le premesse perché la crisi finanziaria possa ritornare. Oggi, e malgrado il monito di quel che è successo, l'ammontare dei derivati è dell'ordine dei quadrilioni di dollari, cifre talmente grandi da essere inconcepibili. Comunque enormemente superiori alla somma dei Pil di tutti i Paesi. Nulla è stato fatto per rivedere le teorie economiche neoliberali. Nulla per riportare la finanza al servizio dell'economia
Poco o nulla per creare occupazione mentre il lavoro sta scomparendo.
Lei sostiene che è l'occupazione che genera sviluppo e non il contrario. Che prospettive vede per il lavoro in Italia? 
Le previsioni non sono rosee e in Italia anche peggiori che in altri Paesi. La base produttiva italiana è crollata da oltre 30 anni, le imprese chiuse, privatizzate, vendute o spesso svendute, scarsissimi investimenti in ricerca e sviluppo. Non esiste da tempo nessuna seria politica industriale e i governi non sembrano averne cognizione. Dopo le frettolose privatizzazioni avviate negli anni '90, ad esempio quella dell'Iri, la privatizzazione delle banche, nulla è stato fatto per riparare o orientare un sistema cambiato; è notizia di questi giorni la vendita di Pirelli, oggi quella di Breda Ferroviaria, la compagnia di bandiera appartiene ad altri, mentre Fiat è praticamente emigrata.
In queste condizioni è molto difficile pensare di risalire la china.
Lo Stato sociale, come lei afferma, è un'invenzione politica senza precedenti in base al quale la società intera si assume la responsabilità economica e sociale per ciascun singolo individuo, quale che sia la sua posizione e i mezzi che possiede. Da anni questa istituzione è sotto attacco da parte di forze che mirano a smantellarlo. Cosa succederà nel futuro prossimo?
Il rischio è quello di peggiorare ulteriormente, continuando a tagliare i servizi sanitari e sociali e quindi a far pagare la crisi ai soggetti che non l'hanno causata, come impiegati, operai, pensionati, famiglie, piccole imprese. Tutti soggetti che finora hanno da soli pagato il prezzo di una crisi di cui non sono responsabili. In più, in Italia, sono stati fatti tagli anche laddove le cifre non li sostenevano, usando i dati in modo scorretto; si è speculato usando erroneamente i numeri per sostenere molti tagli. Un caso lampante è quello delle pensioni i cui costi sono stati usati a torto per dimostrare l'insostenibilità della spesa pubblica.
............CONTINUA  FERRARA ITALIA