Intervista a Massimo Arduini (Roma): Tra Video e Cinema
D- Un focus sulla tua opera, secondo te più significativa?
R- Più che un'opera specifica è un ciclo a cui ho poi dato nome We Are All Down. Lo stesso della già citata esperienza espositiva del 2018, nell'ambito del ciclo E' Permesso presso la Galleria Gallerati (e poi MACRO Roma), dove ho potuto presentare alcuni dei lavori cardine del progetto iniziato nel 2008 e portato avanti, a fatica, spesso con l'aiuto di collaboratori per l'uso dei programmi di foto-ritocco o per le soluzioni allestitive e di editing. Non so se è il caso di dilungarmi, potrei inserire qui di seguito un estratto dal testo di Emma Ercoli scritto in occasione di quella mostra, in modo da fornire un'idea sul lavoro: "Il processo di individuarsi, trasformandosi, non è nuovo nella sua attività artistica: già in opere del passato la presenza della maschera o del travestimento aveva introdotto il tema della trasformazione e del desiderio che la sottende. Per quanto riguarda i ritratti occorre dire che la serie dei morphing era già iniziata nel 2008 con Two Water Drops ed era stata ripresa nel 2010 e nel 2016. Adesso, come allora, le immagini sono accompagnate da testi estrapolati da un capitolo del libro Tra presenza e assenza di R. Barilli, in cui si parla delle tecniche narrative adottate dagli autori del nouveau roman, del < ... furioso ricorso all'effetto dell'infinitazione, della mise en abîme, ...della duplication interieur ...>. Particolarmente caro a Arduini è il breve estratto che riguarda lo scrittore Alain Robbe-Grillet, in riferimento soprattutto ai suoi primi due romanzi Les gommes e Le voyeur, in cui si parla di "malattia" e di quei "connotati autentici" che le persone "sane" non riescono più a vedere."
D- Secondo te, tra i medium video e cinema quali differenze?
R_Ormai non più molte se parliamo dal punto di vista tecnico. O se parliamo di autori (artisti) che decidono di produrre dei lavori di medio e lungo metraggio e che molto spesso rientrano più nel circuito di fruizione Movie che non quello delle Arti visive. Non di rado i registi affermati o meno che conosciamo hanno dei trascorsi nelle arti visive.
Così come altrettanto frequentemente il linguaggio video lo si può usare e declinare in funzione di ciò che si vuole manifestare e allora potrà appartenere ad un contenitore o all'altro o anche restare in una zona di confine. Ci sono artisti che quando fanno dei film diventano registi ed altri che restano "artisti". Posso fare i primi tre/quattro nomi che mi vengono in mente su due piedi, di autori che nati nell'area "arti.visive" facendo "films" restano, transitano o si avvalgono dei due "contenitori" : Cindy Sherman, Julian Schnabel, Matthew Barney e Shirin Neshat.
Ma anche nel senso che molto poco perimetrabile è diventato l'uso e gli ambiti di ricerca dello strumento di "ripresa". Per rendersene conto è sufficiente frequentare alcune delle manifestazioni più importanti in giro per il mondo come Biennale o Kassel o farsi un giro negli States o più semplicemente nelle Gallerie private o pubbliche di Londra, Parigi o Francoforte.
Sebbene poi in definitiva le differenze ci sono perché i tempi, le aspettative e la narrazione nella concezione di un prodotto fortemente appoggiato sul visivo o su istanze estremamente specifiche e minimali di contenuto, possono essere estremamente rarefatte come all'opposto dilatate.
Volutamente. Proprio per sondare altri aspetti sensoriali o concettuali. Il cinema oggi invece sempre più entertainment, siamo inondati di produzioni americane, non sempre di qualità e si mantengono quote di mercato e di distribuzione ad un cinema alternativo al puro entertainment in percentuali basse. Ad ogni modo il discorso si va complicando e non voglio farla lunga.
Direi però in conclusione che per un verso la video arte, così come la interpretano alcuni autori/artisti attuali, ha in qualche modo, secondo me, preso il posto di parte di quella produzione autoriale e indipendente, spesso anche a carattere politico ed "engagé", di ricerca come si diceva una volta, soprattutto degli anni '60/'70/'80, che oggi non c'è praticamente più, almeno in occidente. O quanto meno è molto relegata. Poco sovvenzionata e ancor meno distribuita.
Invece basta rivolgerci al repertorio dell'arte contemporanea che subito ci si presentano una miriade di possibilità e produzioni. Piccole, locali ma che spesso si caratterizzano per narrazioni vere e proprie. Basti pensare a uno come Santiago Serra ad esempio. Un artista che è difficile inquadrarlo semplicemente come artista-visivo. Ed anche collocare temporalmente e geograficamente il suo lavoro.
D- L'arte oggi a Roma Capitale (dove vivi), secondo te, succintamente?
R_Ma, cosa posso dire. Seguo e non seguo. Secondo me è sempre una faccenda di rapporti politici ed economici territoriali, sia per quanto riguarda le Istituzioni che le realtà private. Forse poco meno Accademie e Centri culturali stranieri, come pure alcune realtà defilate o alcuni giganti come Gagosian. Ma ad ogni modo a Roma non si scappa devi intessere scambi a vario livello ed appartenere alla tribù! E questo dal MAXXI ai Centri Sociali.
Sul discorso "qualità" direi che se poi emerge è frutto delle relazioni internazionali in un certo senso, che comunque ci sono o di iniziative singole lungimiranti. Sempre meno a dire il vero. Stiamo comunque parlando di una grande metropoli decisamente attiva e sempre ricca d'iniziative.
Ma per me Roma, paradossalmente, resta "provinciale" come mentalità e come atteggiamento se paragonata ad altre capitali o grandi/medie città europee o d'oltre oceano. Non ho girato granché il mondo in prima persona ma un'idea me la sono fatta informandomi per vari canali. In Europa qualcosa ho visto e dunque penso di poterlo dire. E' un peccato e allo stesso tempo un gap da recuperare (non so come). E questo vale non solo per l'arte ma, come vediamo ormai da diversi anni, anche nei rapporti sul territorio, in ambito sociale, nei servizi, nel senso di civiltà e del rispetto delle regole: l'involuzione ed il degrado aumentano. Il mal funzionamento di due aziende fondamentali come quella dei trasporti e della nettezza urbana non sono anomalie ma il risultato di questa generale regressione. Non dimentichiamoci di "mafia capitale". Altro che Roma Capitale..
D- Anni fa sei stato protagonista al video festival internazionale di Ferrara, The Scientist, un ricordo?
R_Si ho partecipato a due Edizioni, la prima se non ricordo male nel 2011 e ovviamente il pensiero non può non andare a Vitaliano Teti che ne è stato l'animatore e l'artefice. In fondo se ho iniziato a frequentare con più regolarità gli ambienti e la città di Ferrara è anche proprio grazie a lui ed alla nostra amica in comune l'artista ferrarese e docente Nedda Bonini, che ci mise in contatto.
Il Festival lo ricordo in quanto ero selezionatore di lavori di studenti dell'Accademia di Roma insieme al collega Enrico Pusceddu e con il quale si sta pensando di dedicargli una serie d'incontri, l'anno prossimo, nell'ambito di In & Out, che è si una rassegna dedicata agli ambiti della grafica editoriale e simili, ma che spesso accoglie nelle sue giornate anche dei focus su altri linguaggi e medium. Poi credo di aver partecipato l'anno seguente come artista con un mio video, ma non andai alla manifestazione. Che però mi sembrava cresciuta e bisogna riconoscere i meriti del suo creatore.
Con Vitaliano abbiamo continuato a sentirci ed incrociarci negli anni successivi una delle ultime volte l'ho visto in un piccolo caffè di Ferrara, credo fosse il 2015, fine Primavera ed io ero già abbigliato in modo estivo e Vitaliano lo sottolineò, appena mi vide disse: "già stai con i pantaloncini corti?". Lui era già malato ma stava lottando. L'ho risentito alcune volte negli anni a seguire. Poi è andata com'è andata.
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