Carlo degli Andreasi, "App" (racconto)


Un Giugno finalmente confortevole dopo interminabili piogge, l'aria bonaria in un paesaggio limpido di sole.

Ben calato nel quantistico mio punto di vista, seduto in compagnia di uno spritz arancio intenso brillante, trasparente al desiderio e polarizzato sul piano di un tavolino di "Giori",  mi crogiolo in un allestimento scenico frutto di vicende composte nell'arco di circa un millennio, presente sotto la mole altera del rossocotto castello Estense di Ferrara.

Il "bel castello" non è tipo da confidenze tiene le distanze grazie ad un fossato allagato dalle acque di un misterioso canale sotterraneo, abitate, le acque, si dice, da mostruose carpe a specchio forse carnivore.

Dalla mia posizione vedo le terga del marmoreo Savonarola immortalato in una posa da direttore d'orchestra pazzo.

Bevo il mio spritz e consumo la frugale delizia di assaggini a contorno.

Colui che attendo ritarda già da venti minuti e la cosa mi annoia.

Fortuna vuole che il mio padellone telefonico, cornucopia di ogni curiosità, è ben carico di batteria.

Curioso un poco chinando la testa nella tipica posa comune ai più, in questi tempi di solipsismo mediatico.

Cosa è più stimolante di frugare tra le APP gratuite, prodigiose nelle capacità, in grado di incuriosire e rivelare a ciclo continuo?

Una di queste mi colpisce oltre modo, il titolo mi intriga e solletica:

"See the ghost"

Si tratta di una APP a realtà aumentata, ben che convinto essere questa una patacca, decido di scaricarla ed istallarla, tanto più che la cosa è perfettamente gratuita.

La procedura è veloce.

A seguito di una serie di schermate compare una scritta che mi chiede di attivare la mia posizione geografica, ubbidisco.

Finalmente implementata, la attivo.

La funzione video si presta alla mia curiosità.

Alzo lo schermo ai miei occhi mentre, lasciato il tavolino pieno di relitti, mi avvio verso il portico del Toro Assicurazioni.

Ho un sussulto per quello che vedo nel monitor.

Diversamente da ciò che vedo ad occhio nudo lo smartphone rivela una miriade di presenze che transitano per la strada lastricata di porfido, una folla scomposta di figure diafane che attraversano i muri e i corpi di coloro che sono reali, sono figure vestite nelle fogge più diverse, diverse come le epoche che evocano.

Sono divertito:

"non sanno più che inventare"

Dico con commiserazione.

Il mio sangue si è gelato all'improvviso.

"Papà? Papà!...Papà?!"

Le ginocchia quasi mi cedono.

Nello schermo, in primo piano, c'è il volto animato di mio padre.

L'espressione ombrosa, ha lo sguardo, con moderazione, animato da una ansia di comunicare.

I suoi soliti occhiali spessi a supporto della vista consumata nel fare minuziosi disegni a china e su letture infinite, il basco di lana blu, il collo infagottato in una sciarpa scozzese a dominante azzurra, il cappotto pesante grigio, la stessa abituale tenuta invernale per le sue infinite e metodiche passeggiate che tutti i giorni, in ogni condizione, faceva per il centro fino a San Giorgio.

Era la tenuta del periodo in cui, già sette anni fa, il suo spirito se ne era scappato dalla sua bocca arresa e spalancata.

"Papà"

Ho un nodo alla gola e un moto di emozioni potente.

La sua bocca proferisce parole mute che non riesco a distinguere subito a causa delle sue labbra sottili ed inadatte a trasmettere con chiarezza le labiali, provo a capire.

"acca? ..pappa? ...cacca?...papà non capisco"

Lo vedo riflettere poi la sua bocca si articola in qualcosa che riesco a capire grazie ad un rafforzativo in dialetto ferrarese.

"scappa...bazurlon!!!"

"Scappare ...perche..e poi dove?"

Volta la testa verso la direzione di Pontelagoscuro, poi ritorna a guardarmi e rileggo con chiarezza:

"scappa ocarun...scappa...ziocan"

Non ho tempo di replicare che un boato lontano, ma potentissimo, fa vibrare la terra, le sirene degli antifurto si mettono a far caciara e la gente reale si ferma paralizzata.

Al disopra della mole del castello un intenso bagliore rosso, poi una serie fitta di esplosioni che sembrano venire dal petrolchimico.

La strada ora vibra in sincrono con un rumore che si intensifica mano a mano che qualcosa di gigantesco si fa strada per viale Cavour.

Non rifletto più e le mie gambe istintivamente mi portano verso la cattedrale.

Giungo all'altezza del portone del palazzo arcivescovile che mostra la porta di cortesia socchiusa.

In quell'attimo preciso un'onda neropece dalle creste fiammeggianti di idrocarburi scavalca i corpi bassi del castello, spazza via l'agrumeto in vaso dal famoso balcone, l'onda maligna si affaccia all'altezza dell'angolo di "quattresse", infilandosi in Corso della Giovecca il rigurgito devia una gran massa di limaccia verso la mia posizione.

Prima ancora di realizzare ho attraversato il portone con altre persone, ho chiuso il battente alle mie spalle e con gli altri ci siamo precipitati verso lo scalone settecentesco, giusto tempo per sentire l'ansimo del mostro liquido cozzare contro l'uscio antico.

Saliamo al piano nobile sotto lo sguardo severo di un arcangelo di marmo armato di lancia a caposcala.

Entriamo senza sussiego negli alloggi dell'arcivescovo e ci apprestiamo alle finestre aperte da dove proviene un silenzio liquido ed acre.

Ci affacciamo al davanzale e pochi metri la fuori scorre un fiume nero nauseabondo dove galleggiano corpi e oggetti.

Avvertiamo la soddisfazione della Morte.

PANTA REI, tutto scorre 

Sono trascorsi quattro mesi, con il progredire solerte dei lavori di recupero vanno di pari passo le indagini sui fatti luttuosi ed umilianti.

Il GRANDE FIUME, il fiume Po, era in una situazione di piena anomala conseguente delle piogge protratte per i mesi di Aprile, Maggio e Giugno, la grande saracinesca a difesa di Ferrara aveva costretto ad una paziente attesa la bettolina Eleonora 2 con il suo carico di acetone stivato nei serbatoi del natante lungo oltre trenta metri.

Un marinaio di origini balcaniche, in spregio delle norme di sicurezza, aveva acceso una sigaretta nei pressi di una valvola di sfiato dei serbatoi, ne venne una esplosione cosi violenta da divellere la saracinesca e buona parte dell'argine per tutta la sua sezione. L'onda che fremeva si era slanciata verso il petrolchimico e l'aveva travolto, la miscela micidiale di idrocarburi si era incendiata tra detonazioni e fiammate altissime, poi l'onda insaziabile aveva preso la via del cuore della città Estense alzando un fronte di otto metri di flutti fiammeggianti.

Con una particolare curiosità ed ansia sono tornato dove tutto era iniziato.

Brandisco il mio smartphone e riattivo la APP "See the ghost".

Lo oriento verso la strada e colgo fantasmagorie della fucilazione dell'ultima notte del 43, vedo gli scontri armati degli Obizzi, vedo il corteo del Papa luculliano....

"Papà!...Papà!?"

Eccolo li a passeggio, mi passa vicino e sembra ignorarmi, poi si arresta e si volge verso di me, accenna ad un sorriso furbetto e la sua bocca mima:

"Fiol dun can...ocarun!"

Sorride più convito.

Lo vedo riprendere la sua infinita passeggiata che lo porta da un limite del mondo ad un altro che solo lui conosce.

Ciao papà!


*Info 

https://www.mondadoristore.it/La-tredicesima-musa-Carlo-Degli-Andreasi/eai978889936538/

https://www.filomagazine.it/2019/03/leggi-il-primo-capitolo-di-la-tredicesima-musa-dello-scrittore-carlo-degli-andreasi/