Futurismo-Tutto il potere ai cyborg! 2.0. Intervista a Riccardo Campa (2022)

 

Tutto il potere ai cyborg! Pillole di futurismo (1993-2019) (Italian Edition) di Riccardo Campa

Nuovo libro per Riccardo Campa, leader futurista e transumanista, mirato sul Futurismo. florilegio soggettivo dagli anni novanta ad oggi. E libro che domanda sguardi sistemici e divenire ormai storici, Campa, da molti anni Docente alla Jagellonica di Cracovia (Polonia), brevemente confuta ulteriormente certi ancora negazionismi ideologici sul futurismo, oltre ai soliti sul futurismo storico (quelli politici, femministi ecc.). Nello specifico ultimo, consegna alla stessa storia del futurismo, il tema più controverso, quello della guerra sola igiene del mondo, ovviamente simbolicamente sensato solo nelle contingenze del primo novecento: per la cronaca attuale purtroppo, definitivamente abiurato, dalla seconda guerra mondiale stessa poi, un anacronismo storico e sempre un pericolo per l'umanità, la fondamentale revisione di Campa sul Futurismo. Oltre, tra tante altre analisi, a confutare le balle web (non i pericoli criticamente negoziabili) sul Transumanesimo stesso (che nessun transumanista noto e vero ha mai neppure lontanamente bisbigliato!). Campa stesso da sempre progressista e di vera sinistra e futurista... Nel libro un lontano articolo sullo stesso Ufagrà-Antonio Fiore, tra gli ultimi futuristi dal secondo novecento...

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a cura di Roby Guerra 

 


 

RG: Dopo il Trattato di filosofia futurista, nuovo contributo alla causa del futurismo… 

 

RC: Nel 2012 ho pubblicato il Trattato di filosofia futurista, un libro piuttosto denso sui fondamenti filosofici del movimento fondato da Filippo Tommaso Marinetti. Il Trattato è un lavoro organico, sistematico, storiografico, volto a comprendere, analizzare, ricostruire la filosofia del Futurismo storico, attivo nella prima metà del Novecento. Al contrario, gli scritti raccolti in Tutto il potere ai cyborg! non hanno soltanto una valenza analitico-descrittiva, ma anche assio-normativa. Lo scopo di questi scritti non è soltanto quello di interpretare e ricostruire il Futurismo di Marinetti e dei suoi sodali, ma anche e soprattutto di riattivarlo e attualizzarlo. 

 

RG: Nel libro sono inclusi scritti che risalgono a trent'anni fa. Un tempo biblico, nell'era della tecnoscienza… 

 

RC: Ho avvertito la necessità di fare spazio anche agli scritti acerbi della gioventù, per rimarcare che non faccio parte di quella schiera di critici occasionali che si sono avvicinati alla tematica futurista di recente. Quelli, per intenderci, che sono stati risucchiati dall'onda mediatica prodotta dal Centenario nel 2009, o magari dalla mostra Italian Futurism, 1909–1944: Reconstructing the Universe, organizzata dal museo Guggenheim nel 2014. Un evento, quello di New York, che ha definitivamente consacrato il movimento futurista come fenomeno culturale a livello planetario. 

Sia chiaro che sono benvenuti anche gli interessamenti occasionali dei critici e le performance degli artisti che, di norma, si occupano di tutt'altro. Da un interessamento occasionale può, in fondo, nascere anche un amore duraturo. E non è mai troppo tardi per innamorarsi di un'idea. Non tutti sanno, però, che nel passato non era facile farsi vessilliferi di quest'idea. Per decenni, dopo la morte di Marinetti, i futuristi sono stati visti come animali strani. Agli occhi dei più, i più anziani apparivano come dei "sopravvissuti" e i giovani come dei "folli".  

Perché riaprire un capitolo chiuso? Perché gettarsi come kamikaze in un vicolo cieco? Perché non cercare un posto comodo e fruttifero nelle caselle già predisposte dal mercato della cultura? La spiegazione più semplice e onesta è, probabilmente, la nostalgia (nel caso degli anziani) e l'incoscienza (nel caso dei giovani). Tuttavia, dietro entrambi gli atteggiamenti, resta il retroterra della ribellione. I futuristi – per definizione e vocazione – se ne infischiano della critica, delle mode, dei compilatori di manuali. I futuristi sono geneticamente anticonformisti. Sono un'avanguardia anche quando sembrano una retroguardia. Ogni loro gesto vuole dimostrare al mondo che non sono marionette manovrate, ingranaggi di un sistema. Perciò, si sono detti "futuristi" anche quando questa professione di fede non faceva altro che esporli alle insistenti, indebite e noiosissime accuse di cripto-fascismo, all'indifferenza generale, o ai sorrisi saccenti degli "esperti". 

Se si tiene conto di questo quadro, non è difficile comprendere il motivo per cui i futuristi autentici fanno ora il possibile per distinguersi dagli epigoni di passaggio e dagli studiosi occasionali del fenomeno, mostrando prove della propria adesione al Futurismo in tempi non sospetti. 

 

RG: Il Futurismo è presentato come precursore del "transumanesimo", parola questa che ad alcuni fa paura. Ma il Futurismo fu movimento libertario, anarcoide, mentre alcuni associano il transumanesimo al controllo sociale ai QR code. Tempo di chiarire? 

 

RC: Il transumanesimo di cui parlo io non hanulla a che fare con il transumanesimo immaginario di tante teorie del complotto. Purtroppo, la parola "transumanesimo" viene oggi impropriamente utilizzata per denominare il controllo digitale e biopolitico imposto dalle élite tecnocratiche e globaliste ai popoli del mondo. Potremmo fare mille esempi di quest'uso distorto del termine. L'uso è improprio perché, da un lato, i sostenitori del globalismo tecnocratico non si sono mai detti "transumanisti" e, dall'altro, coloro che si definiscono esplicitamente transumanisti sposano una pluralità di posizioni politiche delle quali ben poche compatibili con il suddetto progetto. Gli estropici e i transumanisti americani provengono in gran parte dalla tradizione dell'anarco-capitalismo o del conservatorismo libertario. Perciò, vedono come anatema ogni progetto tecnocratico che metta in dubbio la sacralità della proprietà privata o la sovranità dell'individuo sul proprio corpo. Si può immaginare quanto sinistra possa suonare alle loro orecchie una frase come «entro il 2030 non possederai nulla e sarai felice». L'eroe degli anarco-transumanisti è Elon Musk, non certo Klaus Schwab. Apparirà sorprendente a chi indulge in semplicistiche dicotomie, ma, durante la pandemia COVID-19, non pochi transumanisti hanno espresso perplessità nei confronti di lockdown, obblighi vaccinali, lasciapassare e altre restrizioni della libertà, pur ritenendo in linea di principio affascinante e promettente la tecnologia a mRNA. 

Nel movimento transumanista europeo, notevole è anche la presenza di gruppi di orientamento socialista e technoprog. Sono formazioni favorevoli a una gestione pubblica della sanità e delle tecnologie robotiche. Coerentemente, non lesinano critiche nei confronti del capitalismo neoliberista e del ruolo politico delle multinazionali, ormai più potenti degli stati. Infine, nella variegata galassia transumanista, non mancano componenti identitarie e sovraniste, di nuovo ostili alla tirannia e all'omologazione su scala planetaria imposta da multinazionali onnipotenti. Sia chiaro che nel calderone, magari, si trova pure qualcuno che approva l'agenda di Davos, ma da qui a concludere che i transumanisti sono gli architetti del Great Reset ne passa. 

Sarebbe, dunque, auspicabile che i teorici del complotto iniziassero a chiamare le cose con il loro nome, presentando i piani del World Economic Forum, l'agenda della Trilateral, o il Panopticon digitale come istanze di "globalismo tecnocratico", non di "transumanesimo". Sempreché essi non reputino "transumanista" qualsiasi visione del mondo che esalti le opportunità offerte dallo sviluppo tecnologico, riducendo così il termine ad antonimo di "luddista". Detto ancora più chiaramente, i futuristi hanno molte idee in comune con i transumanisti, ma né gli uni né gli altri vogliono installarvi un microchip sottopelle o nel cervello, né spiarvi attraverso gli smartphone e i personal computer, né usare il vostro corpo per fare esperimenti medici.  

 

RG: C'è però un trend visibile… 

 

RC: Non diciamo che ciò non stia accadendo. Diciamo che chi è preoccupato per la china che l'uso delle tecnologie sta prendendo dovrebbe puntare il dito contro i veri centri decisionali del pianeta, senza presumere che chiunque sia "tecnofilo" debba necessariamente essere d'accordo con tutti gli usi possibili delle nuove e vecchie tecnologie. Il coltello è un utensile artificiale che può essere usato per tagliare il pane o uccidere un essere umano. Quello che fanno i teorici del complotto è additare come "assassino" chiunque dica che il coltello, quand'anche pericoloso, può essere utile.  

 

RG: Quindi, complottisti fuori bersaglio calunniano il movimento transumanista? 

 

RC: Voglio innanzitutto chiarire che, per quanto alcune teorie del complotto siano davvero bizzarre o poco credibili, è ben lungi dalle mie intenzioni utilizzare l'espressione "teorici del complotto", o "complottisti", con intenti denigratori. La storia politica non è certo esente da complotti. Sarebbe ingenuo pensare che esistessero cospirazioni e trame occulte solo ai tempi di Machiavelli. Negli archivi di Stato desecretati, gli storiografi trovano spesso prove di complotti, orditi da servizi segreti o gruppi criminali, quando però la verità dei fatti – ahimè – interessa a ben pochi. Del resto, è proprio per questo che gli archivi vengono aperti molti decenni dopo i fatti. Insomma, è metodologicamente scorretto tracciare una linea a priori e stabilire che la versione ufficiale del governo è sempre attendibile, mentre le teorie alternative sono per definizione fallaci. Le teorie del complotto possono essere vere o false, come ogni altra teoria. Ciò che contestiamo qui – da insider – è che i "transumanisti" sono tirati in ballo sulla base di un ragionamento fallace: A non mi piace, B non mi piace, ergo deve esserci un collegamento tra A e B. Non ci illudiamo che questa precisazione sia sufficiente a ridare ai termini il loro significato originario, ma un tentativo lo abbiamo fatto. 

RG: Siamo sull'orlo della terza guerra mondiale. Marinetti gridava "Guerra sola igiene del mondo". Necessario un ripensamento anche su questo?

RC: Il mondo è cambiato profondamente. Di fronte al cambiamento, solo i dogmatici non cambiano mai idea ed io non appartengo a quel partito. Solo per citare i fatti più eclatanti, abbiamo assistito a una guerra civile in Europa, nella ex Iugoslavia, al bombardamento di Belgrado da parte della NATO, all'attacco alle torri gemelle di New York, a spaventose guerre in Afghanistan e Iraq, a una devastante crisi economica nel 2008, ad altre guerre in Siria, Yemen e Libia, al terrorismo internazionale, a varie catastrofi naturali presumibilmente dovute al riscaldamento globale, a una guerra civile in Ucraina nel 2014 tra russofoni del Dombas e ucraini dell'Ovest, a crisi migratorie di dimensioni bibliche, a una pandemia che ha mietuto milioni di vittime in tutto il mondo e causato la rivolta dei cittadini soggetti a restrizioni della libertà, all'intervento militare della Russia a sostegno dei russofoni del Dombas e della NATO a sostegno dell'Ucraina, e, infine, a una nuova crisi economica come conseguenza delle speculazioni finanziarie, della pandemia e della guerra. Nello stesso periodo, anche la mia vita è mutata profondamente. Ho cambiato lavoro, nazione, tre città di residenza, sono diventato padre, ho letto molti libri, ho viaggiato, ho fatto nuove esperienze di vita, sono invecchiato. 

La cosa forse più sorprendente è che, in questo caleidoscopio di trasformazioni, sono ancora d'accordo con me stesso sulle questioni fondamentali. Nonostante gli eventi catastrofici, ho ancora fiducia nel futuro. Qualcosa, però, è cambiato. Diventando vecchio e, si spera, più saggio, ho lasciato per strada una certa sicumera del periodo giovanile. Sono diventato più cauto. Più si conosce, più ci si rende conto della complessità delle questioni. Se il merito che riconosco a questi scritti è di avere fatto saltare certi schematismi, è pure vero che non li ha fatti saltare tutti. Ci sono schematismi che ho tenuto per buoni e oggi non reggono più, ma non solo perché ho affinato il mio sguardo. È proprio la storia che li ha fatti saltare per aria e solo i ciechi non se ne sono accorti. Le tradizionali famiglie politiche e religiose sembravano monoliti. Di fronte all'incalzare di guerre, crisi finanziarie, pandemie e catastrofi naturali, dette famiglie si sono incrinate, se non addirittura frantumate. Dicotomie come destra-sinistra o laici-cattolici hanno perso significato. Abbiamo visto partiti di destra difendere lo stato sociale e partiti di sinistra sposare il capitalismo più sfrenato. Abbiamo visto cattolici predicare il dialogo con le altre religioni e atei difendere il dogmatismo cattolico in nome del conflitto di civiltà. Abbiamo visto comunisti, socialisti, fascisti, liberali, cattolici, ecologisti, leghisti, populisti, ecc., schierarsi in ordine sparso pro o contro gli obblighi vaccinali o l'invio di armi all'Ucraina. 

In questa situazione, certe mie affermazioni che potevano avere un senso trenta, venti, dieci anni fa, ora non reggono più. Per fare un esempio, nel primo articolo di questa raccolta, risalente al 1993, scrivo piuttosto perentoriamente che non si può essere insieme cattolici e futuristi, stante che i primi guardano al passato e i secondi al futuro, i primi vogliono conservare e i secondi innovare. Ebbene, da un lato, non avevo ancora letto gli scritti di Pierre Teilhard de Chardin e non conoscevo la sua versione "futuristica" di cattolicesimo, che ho analizzato nel mio libro Credere nel futuro, dall'altro, la stessa Chiesa cattolica è cambiata. Si sono succeduti tre papi. A partire dalla sua ascesa al soglio di Pietro, papa Francesco ha posto le condizioni per il superamento di certe rigidità dottrinali. In particolare, per restare ai temi del libro, nel 2014, il segretario generale della CEI Nunzio Galantino ha invitato i cattolici a smettere di «denigrare il nostro tempo, le sue istanze e le sue stesse provocazioni, fra cui quella del postumanesimo o del transumanesimo» e ha aggiunto che «la sfida del postumanesimo contemporaneo mette in guardia la Chiesa stessa dal pericolo di una riduzione umanistica della fede, che al contrario indica un uomo trascendente e chiamato a superarsi nella propria storia e oltre essa».  

Queste parole dimostrano la volontà di affrontare questioni antropologiche e teologiche già poste da Teilhard de Chardin e che io stesso sollevavo nel libro Mutare o perire: la sfida del transumanesimo. A riprova di quanto dicevo sulla discordia all'interno delle famiglie politiche e religiose, le parole di Galantino hanno provocato reazioni stizzite nei settori più tradizionalisti della Chiesa. I cattolici conservatori hanno parlato di "matrice infernale del post-umanesimo" o sarcasticamente rimarcato che "è nata la figura del vescovo postumano". Alle aperture dei gesuiti de La Civiltà cattolica su alcuni temi caldi della bioetica, come i trattamenti di fine vita, i cattolici conservatori hanno reagito con una levata di scudi. All'invito rivolto dal Pontefice ai credenti di liberarsi della "perversione del clericalismo", ossia dell'idea che la Chiesa debba porsi sopra il mondo per "ammaestrarlo", i cattolici conservatori hanno gridato allo scandalo. Alla richiesta rivolta dal Papa ai fedeli di mostrare rispetto nei confronti delle altre religioni, incluse quelle pagane (ci riferiamo al culto della Pachamama), i cattolici conservatori hanno reagito accusando il Papa di eresia o addirittura di commercio con il demonio. E non si possono nemmeno limitare a due le fazioni all'interno della Chiesa. In relazione alla guerra in Ucraina, monsignor Carlo Maria Viganò, uno dei maggiori critici di Francesco, si è schiarato apertamente con la Russia. Il Papa si è invece schierato per la pace, dicendo che è vergognoso aumentare la spesa militare al 2% del PIL, a scapito delle spese per la sanità e l'istruzione, ed è pura follia armare l'Ucraina. Ma ci sono anche illustri cattolici governativi, ligi agli ordini degli Stati Uniti più che alle indicazioni del Santo Padre, che si sono freneticamente spesi in senso interventista, votando per gli aiuti militari all'Ucraina e le sanzioni alla Russia. 

Di fronte a questa nuova situazione, che invita a distinguere tra cattolico e cattolico, tra chierico e chierico, mi accorgo di quanto siano obsolete certe forme stereotipate di anticlericalismo e bellicismo lasciateci in eredità dal Futurismo storico.


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