Fabbricanti di storie, la sci fi di Nicoletta Vallorani e le altre,alternative


https://www.doppiozero.com/le-fabbricanti-di-storie È successo in anni che somigliano a questi. Allora come ora, c'era una guerra in corso (il Vietnam), campus in rivolta, un governo fragile che procedeva d'autorità, la sensazione diffusa che fossero le masse fin lì silenziose a doversi muovere. Questa è la vitalissima cornice in cui prende forma anche una rivoluzione culturale non molto nota, eppure significativa. Essa riguarda un genere ritenuto troppo popolare per interessare la critica letteraria, e che tuttavia assume presto un'importanza sociale e politica rilevante. Nata maschile e cresciuta a colpi di imperialismo galattico negli anni '40 – il Golden Age dei romanzi che ne hanno segnato il corredo genetico – la fantascienza imbocca tra gli anni '60 e '70 un percorso diverso e si apre con considerevole naturalezza, anche se non senza battaglie, a scritture che rappresentano identità marginali e che rivendicano un impegno sociale e politico inedito. È a questo snodo che compaiono le donne: poche ancora, ma determinate e agguerrite. U.K. Le Guin, J. Russ, V. Mc Intyre , Alice Sheldon (aka J. Tiptree Jr.), O. Butler e altre ancora si propongono proprio come fabbricanti di storie che ambiscono a cambiare il mondo. Nella ricchissima indagine critica di Laura Coci (Fantascienza. Un genere femminile, 2023), esse compaiono come e si misurano contro un orizzonte internazionale che trova una tessitura comune nel risoluto ricollocamento della fantascienza nella traccia primaria dell'utopia: un immaginario sociale nel quale la scienza ha un ruolo, ma funzionalmente all'analisi del nostro stare nel mondo.   
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Roberto Guerra