Legirtimazione generazionale
Abbiamo sentito abbastanza ai-miei-tempi da aver afferrato che, stando alla cronaca, viviamo nell'epoca più illegittima che sia mai esistita.
Eppure nessuno di noi stuzzica i cadaveri. Non abbiamo vissuto i Fantastici Anni Sessanta, ma siamo abbastanza svegli da capire quanto essi siano sopravvalutati, e le cerimonie rievocative di numeri magici come 68 o 77 non ci hanno donato altro che una magica arrendevolezza.
Siamo i disgraziatissimi ultimi arrivati, cresciuti nel Grande Vuoto. Il mondo si china preoccupato su di noi, figli dei figli (dei figli) della famiglia patriarcale, che dopo aver assistito al fallimento di ogni tentativo di cambiamento costruttivo non saremo di certo in grado di fare nulla di buono.
Il “ragazzo difficile” imbottito di educazione e psicofarmaci cresce con un messaggio ben preciso che lampeggia su tutti gli schermi: siate pigri, perché non potete farci nulla. Mass-media ormai scaduti tentano invano di emozionarci, donandoci questo o quel viagra con effetti a breve termine.
I meno svegli non hanno tardato a farne una patologia, chiamandola postmoderno. Chissà, forse in un momento di fragilità culturale è esistito anche il postmoderno, che potremmo indicare come quel particolare momento storico in cui ad una veloce successione di prodotti nuovi è seguito un calo dello stupore: così cominciarono i soliti ai-miei-tempi.
Questa sequenza di sbadigli è troppo noiosa per non provocare uno sbadiglio. Ma bisognerebbe essere davvero imbecilli per credere che tutto questo sia un limbo eterno (infatti a crederlo sono gli stessi imbecilli che sostenevano l'immortalità della televisione).
Non esiste nessun postmoderno per un net.futurista.
Non avremmo voluto nascere in un epoca diversa da questa, perché fra le mandrie di frignoni lassisti abbiamo trovato il nostro campo da gioco ideale.
Il Net.Futurismo è la risata che spezza la vacuofilia dei perdenti.
Eppure nessuno di noi stuzzica i cadaveri. Non abbiamo vissuto i Fantastici Anni Sessanta, ma siamo abbastanza svegli da capire quanto essi siano sopravvalutati, e le cerimonie rievocative di numeri magici come 68 o 77 non ci hanno donato altro che una magica arrendevolezza.
Siamo i disgraziatissimi ultimi arrivati, cresciuti nel Grande Vuoto. Il mondo si china preoccupato su di noi, figli dei figli (dei figli) della famiglia patriarcale, che dopo aver assistito al fallimento di ogni tentativo di cambiamento costruttivo non saremo di certo in grado di fare nulla di buono.
Il “ragazzo difficile” imbottito di educazione e psicofarmaci cresce con un messaggio ben preciso che lampeggia su tutti gli schermi: siate pigri, perché non potete farci nulla. Mass-media ormai scaduti tentano invano di emozionarci, donandoci questo o quel viagra con effetti a breve termine.
I meno svegli non hanno tardato a farne una patologia, chiamandola postmoderno. Chissà, forse in un momento di fragilità culturale è esistito anche il postmoderno, che potremmo indicare come quel particolare momento storico in cui ad una veloce successione di prodotti nuovi è seguito un calo dello stupore: così cominciarono i soliti ai-miei-tempi.
Questa sequenza di sbadigli è troppo noiosa per non provocare uno sbadiglio. Ma bisognerebbe essere davvero imbecilli per credere che tutto questo sia un limbo eterno (infatti a crederlo sono gli stessi imbecilli che sostenevano l'immortalità della televisione).
Non esiste nessun postmoderno per un net.futurista.
Non avremmo voluto nascere in un epoca diversa da questa, perché fra le mandrie di frignoni lassisti abbiamo trovato il nostro campo da gioco ideale.
Il Net.Futurismo è la risata che spezza la vacuofilia dei perdenti.