Intervista a Piero Valdiserra: "La geometria del viaggio" (Este Edition)
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Il testo concentra l'attenzione del lettore sul viaggio e sul viaggiare, in senso letterale ma anche traslato; e lo fa ricorrendo alla metafora della geometria, che diventa così un brillante espediente narrativo. Scritto nella forma desueta del libello breve e con una patina linguistica volutamente rétro, alla maniera dei contes philosophiques del XVIII secolo, il testo è suddiviso in 43 "capi", nei quali l'argomento viene esplorato nelle sue implicazioni fisiche, concettuali ed emozionali. Non mancano ovviamente i rimandi all'enogastronomia, tanto cara all'autore. Una scelta bibliografia ragionata chiude lo scritto"...
D - Tutti oggi viaggiano nel ciberspazio: lei rilancia invece in un certo senso l'archetipo alla base peraltro della civiltà e dell'evoluzione sociale…
Piero Valdiserra: Sono d'accordo. La geometria del viaggio vuol essere un invito a riconsiderare il viaggio nei suoi aspetti intrinsecamente concettuali. Il viaggio, cioè, è prima di tutto – e comunque sempre – un'esperienza interiore: anche se implica uno spostamento fisico. Viaggiare significa confrontarsi con se stessi in occasione di un momento di cambiamento – piccolo o grande – della propria storia personale. Anche se viviamo nell'epoca del ciberspazio, non va dimenticata la grande lezione, sempre attuale, degli antichi (p.es. Sant'Agostino, i sapienti zen, ma potremmo fare mille nomi): la verità, e la ricerca della verità, vanno collocate prima di tutto dentro di noi.
D - Molto suggestiva crediamo la cifra linguistica da lei scelta…controcorrente forse?
Piero Valdiserra: Può darsi che sia andato contro la corrente di oggi, il mainstream dei nostri tempi, spesso così frettolosi e così superficiali. Ma di certo ho seguito la…mia corrente. Quale? Quella del diciottesimo secolo, un'epoca che per me, fin dai tempi dell'infanzia, è sempre stata carica di fascino. Per questo ho inteso fare (rubando una celebre espressione di Queneau) un esercizio di stile. Un trattatello alla moda dei filosofi illuministi, che ai loro tempi scrivevano libelli quando dovevano affrontare argomenti problematici, o quando dovevano trattarli in maniera eterodossa. Così ho provato a usare anche la lingua in maniera ironica, giocosa, semiseria. Il Settecento, non dimentichiamo, è stato un secolo di grande civiltà, anzi a suo modo è stato un apice di civiltà prima dell'industrialismo contemporaneo: come disse - secondo me a ragione - Talleyrand, chi non ha conosciuto l'Ancien Régime (cioè, il mondo prima della Rivoluzione Francese) non ha conosciuto la dolcezza del vivere…
D - Web o non web…oggi comunque gli umani, turisti o escursionisti, nella civiltà di massa viaggiano per amare e conoscere o per…passare il tempo?
Piero Valdiserra: Spesso, troppo spesso, noto che le persone viaggiano per passare il tempo (cioè, per "riempire" il tempo libero) o, più semplicemente, per conformarsi al comportamento degli altri. Tradotto: se gli altri viaggiano, devo viaggiare anch'io. Mi sembra molto triste, così. Imitare gli altri è una scorciatoia, spesso inconsapevole…Mentre conoscere e amare sono il contrario del cercare una scorciatoia, perché richiedono tempo, meditazione, metabolizzazione delle esperienze. Per me il viaggio vero è un'attività esperienziale, per se stessi e per gli altri, e quindi richiede tempo ed energie: tempo ed energie che, comunque, vengono investite per poi essere restituite – potenziate – alla propria vita e quella delle persone vicine.
D - Come in certo rinascimento…Lei mixa tranquillamente alta cultura e quella quotidiana, Dioniso + Icaro?
Piero Valdiserra: È così. E credo che debba essere così. La cultura, quando smette di essere un peso (e per moltissima gente, purtroppo, rimane un peso opprimente e umiliante per tutta la vita), quando dicevo smette di essere un peso diventa un gioco. Il gioco più grande che esista. Senza limiti, senza regole, senza divieti di contaminazione: cultura alta e bassa, erudita e quotidiana possono incontrarsi e danzare fra loro. Quando si scopre la natura intrinsecamente ludica della cultura, si comincia a giocare. E si giocherà per il resto della propria vita. E non ci si accontenterà più di giochi ripetitivi, limitati, banali…La cultura come paradiso ritrovato!
D - Colombo, Salgari, Verne, Amundsen o chi per loro, tra reale e immaginario, il più grande viaggiatore/esploratore…dopo il Big Bang?
Piero Valdiserra: Difficile fare un nome solo, ma comunque mi butto: Ernest Henry Shackleton, un esploratore inglese non molto conosciuto in Italia. Un uomo di cui i contemporanei dissero: "Datemi Scott a capo di una spedizione scientifica, Amundsen per un raid rapido ed efficace; ma quando siete nell'avversità e non intravedete via d'uscita, inginocchiatevi e pregate Dio che vi mandi Shackleton". Che cosa fece Shackleton di grandioso? Non voglio privare nessuno della gioia di un tuffo nel passato, a ripercorrere le sue orme gloriose…Per cui: buon viaggio, e buona ricerca!
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by RobyGuerra
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* http://www.terredelvino.net/it/recensioni/il-viaggio-una-questione-geometrica