Futurismo: l'arte e la scienza di provocare, a Brescia


 

*VIDEO  futurismo clip anni 2000

 
 
La sessantina di opere d'arte contemporanea, provenienti dalla Collezione Rossetti e che compongono la mostra «6 Stanze» alla Fondazione Berardelli, si presenta come percorso espositivo che articola importanti vicende dei movimenti artistici del '900, dal Futurismo al Dadaismo, dalle ricerche astratte alla Pop Art, dal Nouveau Réalisme alla Body Art, per sfociare, infine, nell'ambito concettuale. Dall'insieme delle opere si presuppone una predilezione estetica da parte del collezionista verso quei generi artistici divenuti nel tempo giochi visivi provocatori e tipologie innovative della comunicazione in arte, perché i ventidue artisti, sicuramente tra i più rappresentativi dell'arte del secolo scorso, non sono solo importanti per la loro cifra stilistica, ma per il fatto di essere ritenuti casi unici ed esemplari del rinnovamento del linguaggio artistico, in particolare di quelle espressività che hanno portato alla svalutazione della tecnica e dei mezzi espressivi tradizionali. Aprono cronologicamente questa rassegna le stampe tipografiche di Filippo Tommaso Marinetti del 1915-1918, le quali scardinano le strutture sintattiche della linguistica e l'ordine strutturale della composizione, per produrre vortici centripeti di parole, segni e grafie in libertà. Ma il rifiuto futurista per le pratiche tradizionali, la volontà di sperimentare e di innovare irruentemente l'arte spetta al dadaismo di Marcel Duchamp e Man Ray, esaltato dalle cinque opere grafiche estrapolate dal volume «Il Reale Assoluto», edizioni Schwarz di Milano, del 1964. Esse funzionano come ready-made grafici di disegni, i quali scalfiscono non solo l'operosità del disegno autentico altrui, ma persino l'unicità e l'originalità dell'opera stessa. Il motto sembra quello di riformulare un nuovo legame tra vita e arte, di promuovere una creatività libera da ogni vincolo morale, tecnico e realistico, percepibile anche nella leggerezza fantastica dell'opera surrealista di Joan Mirò. Le ricerche astrattiste di Arturo Vermi, Hans Jorg Glattfelder ed Elio Marchegiani inventano inediti spazi della visione, mentre Gualtiero Nativi, tra i fondatori del gruppo Arte d'Oggi, nel 1947, esprime la dialettica tra gli stilemi informali e le geometrie costruttiviste. Riporti fotografici e rielaborazioni in chiave simbolista di immagini ed emblemi del mondo consumistico confluiscono nello squillante cromatismo della Pop Art di Mario Schifano, Franco Angeli ed Andy Warhol, per influenzare ironicamente e polemicamente l'operato di Aldo Mondino e Guglielmo Achille Cavellini, il quale ultimo presenta la cassa 163, del 1967, assemblaggio in legno che «Contiene opere da distruggere». Il ready made duchampiano ricompare come elemento indispensabile nei prelievi di oggetti quotidiani destinati alla discarica, utilizzati da Pierre Fernandez Arman, César Baldaccini, Jean Tinquely e Javachev Christo, del gruppo del Nouveau Réalisme. Con i loro accumuli, compressioni e impacchettamenti essi rendono più palese il lato nascosto e il mistero che avvolge il quotidiano, che incessantemente produce, grazie al mercato, forme, oggetti e immagini da rottamare. La bellezza estetica viene ora ricercata tra le pieghe di un quotidiano ritenuto banale, ma carico di energie, nella speranza di ri-compenetrare arte e vita, già teoricamente espressa dal Futurismo... C
http://www.bresciaoggi.it/stories/Cultura_e_Spettacoli/542431_da_marinetti_a_arman_larte_di_provocare/