Futurologia: verso l'informazione 3.0, WebMind è con noi
*Repubblica, intervista a Jeff Jarvis
SI E' PRESENTATO a Roma, per il primo Big Tent tricolore organizzato da Google, inforcando proprio un bel paio di Google Glass. Sa già, insomma, cosa ci aspetta l'anno prossimo. D'altronde Jeff Jarvis è uno dei pochi addetti ai lavori che sono sempre stati un passo avanti nel capire le dinamiche della comunicazione. Fra i primi ad afferrare che tecnologia e new media hanno spostato per sempre i cardini del mestiere: dal contenuto singolo all'ecosistema dei contenuti e poi a quello delle relazioni. È da lì che bisogna ripartire per salvare l'informazione di qualità, scovare nuove strade. "Continuare a innovare, sempre". Guru dell'open web, giornalista - fra le altre cose fondatore di Entertainment Weekly, sunday editor e associate publisher del New York Daily News e columnist del Guardian - deus ex machina del popolarissimo blog BuzzMachine, scrittore (indimenticabile il suo What Would Google Do?) e professore alla Graduate School of journalism della City University della Grande Mela, racconta in un colloquio con Repubblica.it le sfide che aspettano l'universo dei contenuti online.Qual è il modo per proteggere il giornalismo di qualità online, la strada per tutelarne credibilità e verifica delle fonti?
"Insegno entrepreneurial journalism a New York, quindi cerco proprio di fare questo, trasformare il giornalismo in modo che crei valore. Una delle più grandi sfide è proprio quella che riguarda i presupposti del nostro mestiere. Il che ha un sacco di implicazioni. Forse sono spesso andato troppo veloce, non so, ma è da sempre che mi interrogo sul vero significato della parola "contenuti". Se hai un figlio, si tratta di un contenuto. Se ti stai spostando da una città all'altra, si tratta altrettanto di un contenuto. Guardi un film? È un contenuto. Ma il giornalismo, allora, cos'è? Credo in realtà che si tratti di un servizio. Un servizio per informare le persone. E il singolo contenuto è solo uno degli strumenti con cui mettere in atto questa funzione. Ne abbiamo così tanti di nuovi strumenti per fare questo mestiere, strade inedite. Pensa alle piattaforme su cui dare alla gente la possibilità di condividere le proprie informazioni, le analisi, il data journalism, la tecnologia indossabile che può fornirci nuovi spunti. Anche pensare al mondo dell'informazione secondo lo scontro stampa/digitale è ormai roba passata. La tua domanda, comunque, rimane irrisolta. Non sono ancora sicuro di quale sia la risposta, ma ci sono molte opportunità: se guardiamo al lato economico di ciò che chiamiamo industria dei contenuti una cosa che dobbiamo mettere sotto la lente, e non sempre è facile farlo, è quella di cercare una nuova efficienza. Un quotidiano non deve veicolare ogni informazione a chiunque: può e deve fare business trasmettendo contenuti di un certo tipo. Si può specializzare, spacchettare i suoi temi, dando così più valore a ciò che scrive. Dal lato degli introiti ci sono possibilità. Dovremmo davvero imparare da Google: capisco che parlarne dopo lo scandalo dell'Nsa, che voi in Italia avete ribattezzato Datagate, sia controverso, ma è così. Quando comunichi felicemente le indicazioni su dove devi andare, i dati delle tue e-mail, usi il telefono come carta d0imbarco per l'aereo metti comunque in atto una transazione. E dove c'è una richiesta di contenuti c'è valore...C
http://www.repubblica.it/tecnologia/2013/07/05/news/intervista_jarvis-62457687/