Al di là, al di qua, Dietro le quinte… (dei nostri ultimi lavori) di Sandro Giovannini

Dietro le quinte…

(dei nostri ultimi lavori)


di Sandro Giovannini



Molti anni fa, più o meno in contemporanea con il declino dell'ipotesi macro­comunitaria della Nuova Destra, ci rendemmo conto di desiderare ancora fortemente una nuova possibilità di lavoro intellettuale, orientata da una visione organica, pur nella presenza ineludibile di diverse vocazioni e sensibilità di ori­gine. Questo lo sentivamo mentre seguivamo una passione reale, con la Heliopolis Edizioni, dal 1985 impegnati a riscoprire sul versante editoriale e paraeditoriale le miniere inesauste della classicità. Questo desiderio di un macrore­ferente si era espresso compiutamente al II° Cison di Valmarino, convegno im­portante della Nuova Destra, in una relazione ove il paradigma da noi svolto tra alquanta distanza e sufficienza, fu quello della possibile compresenza in ognuno degli aderenti, di varie dimensioni. Ad esempio, nel mio caso (ma la cosa poteva riguardare molti altri), ero implicato in una comunità, per così dire, territoriale (il Centro Studi Heliopolis di Pesaro), una comunità, per così dire, funzionale (il Vertex-Poesia) ed appunto l'ipotesi macrocomunitaria (che si sperava, potesse strutturarsi nella Nuova Destra). I più allora non capirono proprio l'artico­lazione possibile ed eventuale anche come un codice equilibratore (e paidetico) di gerarchie e di potenzialità (non solo esteriori), presi come sono spesso gli uomini dalle loro passioni unilaterali e di volta in volta coinvolgenti se non del tutto stranianti... (ma forse sarebbe anche oggi la stessa cosa...).


Anche noi eravamo già implicati profondamente, lungo ormai il declinare dell'espe­rienza ultra decennale del Vertex-Poesia, nell'avventura, giudicata peraltro fol­le anche da molti amici, dei rotoli e delle tavolette dell'Heliopolis, che ha compiuto un percorso anche internazionale e che è poi an­cora vitale dopo tanti anni, ma ci rapportavamo a necessità e strategie possibili più ampie ed organiche. Al di di quanto poi abbiamo realizzato realmente nelle varie sfere ove un essere umano può agire, quella strettamente personale, quella familiare, quella lavorativa, quella amicale, la prima volta che ci impe­gnammo a fondo in un'operazione che doveva rappresentare al meglio questa nostra consapevolezza, fu quando lanciammo il progetto di una specie di garzantina della cultura alternativa, ovvero la "Guida alla cultura contemporanea non confor­mista. I maestri, i continuatori, i ricercatori". L'importanza dell'iniziativa non consisteva tanto nell'idea, pur rilevante, di un trecento schede circa, dal Novecento ad oggi e dai grandissimi a scalare, strutturate in una Biografia, Bibliografia, Giudizio Critico, quanto nell'aver chiamato quasi un centinaio di amici e collaboratori, gratuitamente, lungo qualche anno di lavoro (prima sostanzialmente della diffusione d'internet e quindi ancora con metodologie tradizionali), a mettere in comune un'impresa, ognuno scegliendo un certo numero di autori amati (oltre ovviamente a se medesimo) e quindi con una libertà ed un coinvolgimento veramente implicante. Si arrivò quasi alla fine scoprendo fra l'altro quanto di nascosto e quasi inattingibile ci fosse da riconoscere ed evidenziare - giocoforza date le condizionalità - in molti peripli umani anche tra i più frequentati (figuriamoci poi tra quelli meno noti!...) e quindi sulla necessità di un lavoro di tal genere che ancora potes­se far agio residualmente su ricordi di familiari ed amici, sempre più a perdersi...


Poi si dovette, disgraziatamente, rinunciare, per vari motivi tra i quali il più semplice fu che ci vennero meno le forze… Infatti nel 1997 avevamo iniziato l'im­presa di Letteratura-Tradizione, di cui chi scrive fu ideatore, coordinatore ed addetto alla composizione per 43 numeri fino al 2009. Un impegno totalmente assorbente. Entro la rivista che, per la prima volta nell'universo editoriale si faceva dirigere, alternando ogni due numeri, da un diverso direttore letterario, sempre non senza forti ed apparentemente inspiegabili riserve interne ed esterne, ancora viveva forte lo spirito della precedente iniziativa ed anzi questa aveva modo d'inverarsi in un vero e proprio metodo spingendo quasi, alla fine, verso una totale apertura che si esplicò in intere sezioni autogestite della rivista. Oltre allo Speciale, parte monografica retta dall'avvicendamento direttoriale, quasi tutte le altre parti furono infatti via via affidate ad amici del tutto responsabilmente liberi. All'atto della chiusura definitiva di Letteratura-Tradizione, fine 2009, avevamo compiuto questa forte esperienza, che altrimenti non avrebbe potuto essere facilmente compresa e sprattutto praticata, al di delle parole che sempre si ripetono, il più delle volte stancamente e vanamente, di comunitarismo, interpersonalità, al di la di questo e di quello, etc... Nella storia dei suoi 43 numeri, che abbiamo descritto più dettagliatamente nel sito dell'Heliopolis (www.heliopolisedizioni.com), vi sono momenti in cui, al di della vicenda degli Speciali monografici e quindi della­ più o meno alta resa di direttori capaci ed entusiasti di fornire materiale di primissima o prima mano e non la pur onesta e sempre valida e necessaria ope­razione di revisione di sostanza letteraria e metapolitica già data, si sono realizzate nobili azioni che hanno coinvolto ancora più amici: quale quella delle oltre 70 schede biobibliografiche presentate nei vari numeri, non come operazione d'appendice o di solo servizio, ma come una dimensione autonoma, (infatti in buona parte derivante direttamente dall'esperienza della fallita "Guida...") ed altre operazioni tra cui quella della nostra memoria storica, ovvero quella dedicata ai resoconti dei principali convegni organizzati nella nostra area culturale a partire dal dopoguerra fino agli anni '90, rilevante documentazione del tutto primaria attinta da varie fonti e che resterà comunque nella storia (o microstoria) documentale, oltre a vari Speciali anche su argomenti mai prima affrontati e diretti di volta in volta da personalità d'altissimo prestigio. Il metodo qui si rivela in tutta la sua forza ed ampiezza divenendo merito. Fini­ta l'esperienza di Letteratura-Tradizione, abbiamo riorientato ancora la nostra volontà comunitarista verso l'esperienza della Nuova Oggettività ed in essa abbiamo potuto riprendere, in tempi ancora più difficili e progressivamente degradati, la passione per ciò che tende a superare, per quanto possibile, i limiti della usuali­tà creativa, filosofica, letteraria e metapolitica, crismata ormai da un compiaci­mento verso la finitudine, il debolismo, la privatezza, quando non l'egoismo o l'egolatria, non giustificabili comunque con il clinamen che tutti coinvolge ed a cui molti si arrendono con lamentazioni scontate o con scuse comunque ingiustificabili. Abbiamo perseguito dal 2009, anche con il favore di alcuni grandi uomini studiosi come Gian Franco Lami, poi mancato all'affetto della Sua famiglia e nostro, lungo molteplici incontri che abbiamo nominato volutamente pre-manifesto, fatti in tutta Italia e non solo con proclami o gesti ad effetto di tipo apofatico o ex ca­thedra, un lungo percorso d'avvicinamento ad un testo, il Libro-manifesto che è stato edito, infine, nell'ottobre 2011 dall'Heliopolis Edizioni, dopo circa 3 anni di lavoro. I numeri parlano da soli: 260 pagine corpo 10, quasi cento interventi scritti articolati in 3 parti e 7 sezioni, più di 150 adesioni formali, oltre un'Appendice fornita di schede biobibliografiche ed infine, allegati alla fine del volume, un infolio artistico mio, sorta di fumetto filosofico e/o morality play, ed un CD di musica classico/contemporanea del M.° Mario Mariani. Passando come niente fosse sopra l'evidente entità del prodotto finale, la sua innegabile complessità concettuale ed il suo palese esito inclusivo, alcuni si sono appagati nel criticare ingenerosamente l'inusuale risultato comples­sivo, obiettando la diversità irriducibile degli interventi, che sarebbero stati solo sistemati alla bella e meglio e posteriormente, in un quadro formale di tutta ap­parenza. Invece devo ammettere - paradossalmente, quindi non solo per una doverosa difesa d'ufficio dell'idea e del lavoro svolto - che il sub­strato di fondo mi è apparso molto più coeso ed alcune volte persino sorprendentemente non ricco di reale diver­sità (a parte le previste e spesso troppo sbandierate appartenenze), di quanto insistiti compiacimenti autoreferenziali vorrebbero far credere. Oggi infatti impera troppo il narcisismo anarcoide, che non ha nulla ovviamente a che vedere con le forti maschere di finzione suprema alla Autarca od alla Anar­ca, ma che ne è una compiaciuta e tutto sommato volgare caricatura, e questo spinge spesso a voler (far) vedere differenze anche dove, grattando la patina su­perficiale del distinguo individuale, sostanzialmente si tratta del medesimo (od assimilabile) atteggiamento verso la realtà ed il mondo. Che poi, sovente viene liquidato facilisticamente, infatti, non solo all'esterno, con dizioni di comodo, che pochissimo hanno a che fare con una valutazione equanime ed approfondita… Tale mio giudizio, forse discutibile e che potrebbe apparire persino eccessivo o provoca­torio, è giustificato dalla lettura necessitata e ripetuta (per dovere di servizio) di tutti gli interventi nei pur diversi contesti logici del libro-manifesto, ma attiene probabilmente più profondamente anche ad un mio fastidio innegabile verso ciò che non ricerca, nel proprio medesimo più intimo statuto, una dimensione già potenzialmente super-individuale ed anzi proclama come cosa buona e giusta la differenza, magari costruita ad arte. Niente a che vedere, ripeto, con il pensiero inattenuato ai confini dell'impossibile della verità sempre ricercabile, purtroppo, drammaticamente; statuti rivelatori che sono infatti connotati nei casi veramente magistrali, da una grande generosità d'animo, che rifugge perlopiù dalle polemiche legate ai fattori dell'umano troppo umano e dell'individuazione surrogata o surrogatoria. Spesso è persino ridicolo constatare come, pensieri che potrebbero avere dei percorsi efficacemente comuni, si disperdano invece nella ricerca dell'effetto individualista. Oppongo in questo una vulgata che rappresenta il nostro campo come a volte genialoide ma connotato sempre ed insuperabilmente da paranoie frequentate ormai generazionalmente e da ineliminabili sindromi da primo della classe, che esistono purtroppo e sono devastanti ma a cui, proprio per questo, non si deve - a mio avviso - fornire alcun statuto serio di legittimità e che se hanno poi (raramente) salvaguardato qualcuno tra i più furbi ed opportunisti, non hanno certo favorito il lavoro d'assieme. Oppongo, perché tanto li si critica quanto li si considera comunque - sostanzialmente - inevitabili, mentre reputo invece tali sindromi del tutto rivelatoriamente dequalificanti. Nel nostro specifico, comunque, la dimostrazione della adesione/non adesione "non in via ideologica" (e non vogliamo affatto comunque dequalificare a priori l'eventuale visione ideo-logica - magari alla Augé - quanto constatare che ormai essa è raramente coscientemente inscritta con fermezza nel codice interpretativo personale), è data dalle presenze che possiamo verificare nei libri collettanei che abbiamo di seguito prodotto. Tali presenze, allora, non seguono necessariamente un profilo ideologico ma una più o meno chiara linea sintonico-caratteriale. Dove ti aspetteresti infatti di trovare adesione per parole d'ordine assolutamente assimilabili e persino usate con la stessa postura, avrai una delusione, mentre ti sorprenderai a scoprire consonanze con chi forse non avresti mai previsto, ufficialmente lontano o lontanissimo, sulla base di una ormai più sottile e profonda sintonia emotiva. Questo atteggiamento - devo ammetterlo - mi ha sempre, forse scioccamente, turbato, anche se ripetutamente mi ha favorevolmente sorpreso, fino ormai a forzarmi ad una ragione che spesso però - come si dice - il cuore sottrae alla totale comprensione.


Certo il libro-manifesto partiva consapevolmente (ma intendeva farlo nobilmen­te e non "nevroticamente" o pregiudizialmente), da una ricognizione sincera di identità plurali, come icasticamente le ha definite Giovanni Sessa, che è riuscito anche a radiografare in una Postfazione esemplare i "nostri attuali" proble­mi, come quelli dell'appercezione dell'esperienza classica della ragione, del tragico, della proposta politica post-democratica, del re-inizio e della utopia sempre transitabile, e che devono essere verificati senza sconti. Il lungo lavoro del libro-manifesto ha poi dovuto subire le debolezze intrinseche del fai-da-te assoluto, anche perché l'Heliopolis ha poi un'altra ben diversa vocazione come edi­trice. Le oltre 850 copie tra prenotazioni e vendite delle due tirature, anche procurate con alcune susseguenti presentazioni che però non hanno determinato un vero slancio, forse per l'eccessivo peso interno delle problematiche affrontate che avrebbero richiesto ben altri strumenti, tempi e modi, sono state e rimangono del tutto marginali al mercato editoriale usuale, pur essendo l'impresa culturale indubitabilmente di primissima linea. In realtà consideravamo fin dall'inizio tutte queste ipotesi di sviluppo come probabili (marginalità attiva) e quindi siamo stati più contenti di quanto potessimo reputarci delusi. Basterebbe paragonare il nostro libro-manifesto ad una iniziativa editoriale similare uscita nel medesimo tempo, ovviamente a nostra completa insaputa, intitolata Terza Cultura. Idee per un futuro sostenibile, Il saggiatore, 2011, ove, ovviamente con ben altre strumentalità e seguendo formalmente la scia della Edge Foundation, si ricrea, sul piano della "cultura corretta", di stampo liberalprogressista (ma anche qui con notevoli ed interessanti sorprese, nello scenario attuale ormai del tutto inevitabili) una bellissima sciarada di testi in parte edificanti e sovente indubbiamente critici quanto sostanzialmente aproblematici… La caduta nel vuoto anche di questo testo, comunque rilevante, e ben diversamente strumentato, la dice lunga sulla attuale disponibilità al confronto serio…


Per noi importante è stata la realizzazione successiva anche del nostro blog "nuovaoggettivita.blogspot.com", per merito dell'intelligente volontarismo di Roberto Guerra, che ha saputo in crescendo convincere i più ad una piena associazione di idee con una forte ricognizione non solo di quello che si svolge dentro il movimento di pensiero della Nuova Oggettività, ma anche in tutti gli ambiti intellettuali assimilabili e comunque interessanti, in assoluta libertà. In tale orizzonte s'inquadra anche il libro collettaneo curato, sempre da Roberto Guerra: "Al di la della destra e della sinistra. Per l'Italia del XXI secolo - dopo il libro­/manifesto 'Per una nuova Oggettività'", (Edizioni La Carmelina, Ferrara, 2013).


Abbiamo poi anche intrapreso un'azione di promozione editoriale ad un libro di Giovanni Sessa, che consideriamo di grande importanza culturale, "La meraviglia del nulla. Vita e filosofia di Andrea Emo", uscito da Bietti a fine 2013. Consideriamo tale testo un caposaldo della attuale ricerca filosofica, in primo luogo perché è il primo testo organico su tutti gli aspetti complessivi dell'orizzonte filosofico di Emo e poi anche per la sua capacità d'inquadrare l'avventura del pensiero emiano contestualmente al procedere della speculazione europea lungo tutto il trascorso secolo. Questa promozione si è concretizzata anche in un mio testo - nella pregiata storica collana tabulae della Heliopolis Edizioni - diciamo di servizio al testo primario di Sessa - dal titolo: "Nel presente eterno, la felicità delle cose. VII note di Sandro Giovannini al testo di Giovanni Sessa su Emo", che dialoga idealmente con 7 punti scelti del libro principale, con copertina in pergamena naturale od in legno ed in 200 esemplari numerati.


Di seguito, sempre nel 2013, abbiamo lanciato un vero e proprio libro-idea, che ha in quasi una ragione che prescinde dalla e supera la logica del classico libro di gruppo. Il titolo è: "Per quale motivo Israele può avere 400 testate atomiche e l'Iran nessuna?". "L'impero interiore", è il sottotitolo, (Edizioni La Carmelina, 2013). Il merito consiste nel fatto che nessuno ha potuto rispondere alla domanda del titolo ma che ognuno dei "richiesti", invece, ha dovuto ribattere ad una domanda che lui stesso ha conside­rato, in piena libera scelta di tema e di stile, dirimente e/o drammatica ... Al proposito si è suggerita in vari scritti d'avvicinamento una soluzione di tal genere per non ingenerare colpevolmente (da parte nostra) l'idea che si potesse rispondere con un testo qualsiasi, cioè con un testo non rivolto ad una domanda veramente (autogiudicata) im­portante... Ci siamo riusciti? Forse solo in parte per una certa qual durezza di comprendonio, che deve giustamente scontare ogni testo veramente (al minimo) inattuale, quindi non determinata sicuramente da mancanza di intelligenza teorica, che anzi a volte abbonda e straborda, quanto da una resistenza (più forte del previ­sto) di tipo letteralista (alla Noica, alla Hillman)… Possiamo tranquillamente riflettere, una volta incassato il colpo dell'indubitabi­le provocazione, sul fatto che, al di dell'apparente neutralità della domanda (nella sua secca ed ingenua formulazione), si può ben capire ove le eventuali risposte, non spaventate a priori dal comprensibilissimo desiderio di scansare comunque il quesito posto con il titolo (il tabù non esiste a caso), ci avrebbero portato… Ci avrebbero condotto ad innescare un'interminabile diatriba, che, pur includendo ovviamente questioni di valore e di verità innegabili, non avrebbe che potuto ripetere idee ormai sostanzialmente ben strutturate (se non catafratte) e prevedibili. Invece il silenzio terminale sulla domanda così posta seccamente (e comunque formalmente neutrale), non può che rimandare all'impossibilita d'instaurare un vero dialogo ed una proiettiva dialettica, fermi restando i vari e crescenti tabù circolanti sulla questione. E' chiaro che una non risposta (su questo tema) ed una risposta su altro che non sia questo, avrebbe potuto far storcere il collo a coloro che non si pongono se non sul piano dell'assoluta autoreferenzialità, i cosiddetti sostanzialisti di facciata, senza per questo poter annullare la potente significazione. Ma non avremmo potuto nean­che, peraltro, cassare, per rispetto e verità, nessuna risposta che, in via indiretta o metaforica, fosse stata in grado di riguardare, magari tangenzialmente, tale question, senza per questo aver nascostamente invitato a rispondere indiretta­mente. Questo perché la Nuova Oggettività ha dato comunque un segnale forte con il distendersi effettuale degli scritti tramite le risposte considerate autono­mamente da ciascuno dei partecipanti primarie e/o decisive ed inoltre valuta tale opportunità proprio un'onesta occasione di partecipare ad una complessiva presa di coscienza. Quale è stato l'esito di questo secondo appello? Per i numeri: soddisfacente - al di di una trentina di risposte, alcune co­munque più del previsto, essendo tale testo da noi stessi avvertito come mag­giormente incisivo del precedente come proposta, ma indubbiamente meno regi­strante ed inclusivo del Libro-manifesto e di "Al di là della destra e della sinistra…". Oltre che obbiettivamente più implicante. Per la composizione dei partecipanti: una buona presenza di accademici, altri battitori liberi dell'idea e scrittori ed artisti vari, cosa che abbiamo scelto come sistema per ogni nostra opera collettanea e/o comunitaria. Molti del tutto lontani dal campo ideale che alcuni potrebbero presumere. Il libro-idea nasce da una fonte precisa ma ha avuto una discussa e condivisa regi­strazione, essendo anche facilmente prevedibili lati forti e deboli. Inoltre non possiamo non censire che la logica interna dei precedenti libri si conferma con ulteriore chiarezza. Al di della stessa diversità di voca­zioni e sensibilità ideali, qui addirittura prevista e ricercata fin dove possibile con più chiarezza (soprattutto rispetto al libro-manifesto), è ancora una disposizione caratteria­le ed una postura spirituale, invece che un filtro soltanto ideologico, a determinare il ri­sultato della convinta adesione. Dalle più diverse ragioni si manifestano scelte scrittorie che sorprendono realmente e che ci fanno credere che ormai sia teori­camente possibile un superamento di certi steccati, quando non sovrasti viltà, corrività o poca elasticità spirituale. Certamente il libro è stato da noi soprannominato libro-idea non a caso, anche per il buon lavoro complessivo fatto dalla curatela. Infatti predomina l'azione editoriale e l'idea culturale di fondo che l'anima, più che l'interpretazione di un testo inteso analiticamente. Troppo diverse le letture individuali, troppo ampio lo spettro del possibile e dello scibile, ma in un modo sottile si recupera alfine una diversa e forse superiore unità: quella di una creazione dotata di uno scopo unico e servita da uno stile riconoscibile. Qualcosa di più e di diverso dalla semplice moltiplicazione degli scritti specifici… I collaboratori della curatela editoriale, Luigi Sgroi e Gianni Bertuccioli, sono quelli che hanno dato generosamente il segno di una forte presenza capace di portare idee e modi convintamente dialettici nel lavoro comunitario.


Ultimo testo del 2014 è la tavoletta Heliopolis "Non aver paura di dire…", libro collettaneo anch'esso fortemente orientato ad essere uno scandaglio veritativo, ove si è ripetuta, con ancor maggiore forza delle volte precedenti la libertà assoluta del tema autoscelto e dello stile del tutto libero. Il pregiato libretto, in tiratura limitata, con oltre 35 interventi di famosi e sconosciuti, è una potente cartina di tornasole dell'attuale stato del pensiero creativo e filosofico italiano contemporaneo affrontato dalla prospettiva degli anni decisivi, che ognuno costruisce nel suo orizzonte critico, ed ha per statuto editoriale, voluto e perseguito con rigore, interrogare personalità a 360°, diverse per vocazione e formazione. Anche qui la curatela, lungo il complesso lavoro d'avvicinamento e perfezionamento, ha verificato quanto maggiore sia la discrasia tra intento veritativo ed effettiva capacità di far precipitare poi nello scritto una dimensione credibilmente autentica. Ma questo non è ultimo fascino (problematico, interrogativo?), della scelta ideale e della realizzazione editoriale…


Un'ultima notazione: questo breve scritto, oltre a non vagheggiare alcun tono trionfalistico, cosa che sarebbe patetica nell'at­tuale temperie, non s'addentra affatto nella casistica della possibile aneddotica, forse potenzialmente più interessante e magari più simpaticamente immediata. Perché, nel nostro procedere effettuale, ha la lucidità di verificare senza appan­namenti e confusioni il clinamen, ma può ben serenamente riconoscere le tante meravigliose e generose capacità amicali e le indubbie genialità dispiegate nel processo, che hanno proprio arricchito insuperabilmente la nostra vita, permet­tendo, più che in parte, ai nostri sogni più segreti e complessi di dispiegarsi audacemente nella ventura del mondo reale.