La scienza dei Greci e quella dei Romani.

Il pensiero scientifico si sviluppò in Grecia, nel contesto della speculazione filosofica, che, distaccandosi dalla visione mitica, affrontò la ricerca dei principi costitutivi delle cose: in altri termini passo dal mito al logo. Da tali considerazioni si affermarono le premesse per attribuire alla scienza la capacità di conseguire verità valide universalmente, consentendo il sorgere del criterio in base al quale poterle considerare e del metodo per raggiungerle. Le più profonde indagini intorno a tali questioni furono compiute da Platone e da Aristotele, che, per risolverle, ritennero di doverle inquadrare in una concezione generale dell'universo, facendo dipendere le verità delle singole discipline da principi primi di questa concezione. Nel frattempo alcune di queste discipline si avviavano a conseguire uno status scientifico concordemente riconosciuto: una di esse, in particolare, la matematica, si rivelò subito di rilevante importanza a causa della certezza spettante, per comune ed universale ammissione, ai suoi principi e ai suoi risultati, per cui essa giunse ad esercitare un ruolo ed un'influenza determinante anche su alcune concezioni generali del cosmo e della natura, come quella platonica (e neoplatonica) e pitagorica, che ritennero di vedere nei numeri e nelle figure l'essenza stessa della realtà. Il rigore della matematica, tuttavia, non poteva venire richiesto anche alle altre scienze non matematiche, il che suscitò quesiti relativi al criterio di scientificità per le scienze non matematiche, ossia per le scienze dell'osservazione, e il valore della matematica nella conoscenza dei fenomeni naturali. D'altra canto si manifestò un dissidio tra i pitagorici e il platonismo (che riducevano il mondo alla matematica), da un lato, e gli aristotelici, dall'altro, i quali, muovendo da una diversa visione del mondo, sostenevano invece che la matematica non è in grado di farci comprendere la realtà in tutta la sua ricchezza in quanto essa si limita a studiare la quantità dei fenomeni e non il loro aspetto qualitativo. A Roma, al contrario, gli studi scientifici, rimasero confinati in un ambito specialistico e non assunsero grande importanza nell'insegnamento, come avvenne nella Grecia classica, le acquisizioni dei Greci si rifletterono in opere come quelle di Lucrezio (autentico pre-futurista), Manilio, Seneca, che accolsero della speculazione scientifico-filosofica quanto poteva fornire elementi a problematiche di carattere morale o metafisico, mentre libri come la Historia naturalis di Plinio, pur con i limiti di una compilazione, testimoniano sicuramente della curiosità scientifica che segna l'erudizione del tempo.
Casalino Pierluigi, 5.05.2015