---- Space Renaissance Italia - 22.05.2015 ---- Sorvolo velocemente sul fastidio quasi fisico che mi provoca questo titolo "Nutrire il pianeta", fatto apposta per strizzare l'occhio a tutti quanti si riempiono la bocca del termine "il pianeta", termine quanto mai ambiguo ed astratto, in nome del quale si possono sparare le più colossali mistificazioni semantiche ed ideologiche. Nè mi interessa entrare nella diatriba tra sostenitori ed oppositori dell'Expo, caratterizzata da ipocrisia e teste nascoste sotto la sabbia da entrambe le parti. Per altro devo dire che, per quanto animato da una filosofia decadente, sono comunque contento che un Expo ci sia, e che il mondo industriale, pur con tutti i suoi difetti, non sia ancora del tutto estinto, almeno per ora. I concetti di "nutrire", o ancor peggio "sfamare", che sento spesso nei dibattiti pubblici per radio o nei talk show televisivi, mi lasciano del tutto interdetto, ed evidenziano quanti passi indietro la nostra cultura stia già rischiando, rinunciando a qualsiasi pretesa di avanguardia evolutiva. Se intendiamo nutrire o sfamare, significa che siamo fermi al paradigma maltusiano, secondo il quale ci sono miliardi di bocche prive di cervello, e pochi burocrati "pensanti" (poverini!), sulle cui spalle pesa l'onere di nutrire tutti. E siamo ancora fermi alla peraltro malintesa utopia marxiana -- a ciascuno secondo i bisogni... --. Bisogni, appunto, quando ormai i nostri mezzi tecnologici e scientifici ci metterebbero in grado di pensare a soddisfare non solo i bisogni (quelli primari, indicati da Maslov nella sua scala dei bisogni umani), ma i desideri di ciascuno, la fantasia, l'ansia creativa, il bisogno supremo di bellezza, di arte, di cultura elevata... No, qui si parla dello stesso bisogno elementare -- la fame -- che condividiamo con gli animali, peraltro sempre più corteggiati e divinizzati, quasi come un modello etico, dai deliri correnti. Con questo non intendo ovviamente disprezzare gli animali, ma solo ribadire che l'etica si fonda necessariamente sulla capacità di ragionamento. Ed anzi, quanto vado argomentando è a favore di tutte le specie che vivono sul nostro pianeta. Ma entriamo nel merito, visto che comunque la nostra civiltà è purtroppo ancora ben lontana dal saper anche solo "sfamare" tutti i suoi membri. Proprio stamattina ho sentito Vittorio Agnoletto dichiarare che il nostro pianeta potrebbe sfamare dodici (in cifre 12!) miliardi di esseri umani. Evidentemente, questo ennesimo intellettuale capace di riciclarsi per tutte le stagioni e per tutti le temperie, purchè "environmentally correct", pensa a dodici miliardi di polli, stipati dentro città dormitorio, ingozzati a mangime, ognuno dotato della sua brava "tecnologia" informatica, per avere l'illusione di "navigare" e visitare luoghi che nè lui nè i suoi poveri bambini, se mai potrà averne, potranno mai sperare di sperimentare di persona, godendo della luce particolare, degli odori, del vento e della salsedine, e del contatto umano con gli abitanti... O addirittura di viaggiare nello spazio, attraverso l'occhio elettronico di robot, governati dai doganieri della frontiera spaziale, pagati apposta per tenerla ben chiusa... La nostra realtà, checchè ne pensi Agnoletto, è quella evidenziata nell'immagine, che rappresenta le quantità di acqua e di aria presenti sul nostro pianeta, viste in scala, rispetto alla massa planetaria: 1,4087 miliardi di km cubi di acqua, 5140 trilioni di tonnellate di aria. Quanto alla terra coltivabile, è risaputo che tutto il coltivabile è ormai coltivato, e che se vogliamo estendere le coltivazioni lo possiamo fare soltanto invadendo il mare, sviluppando acquacoltura ed allevamenti ittici, sottraendo habitat alle specie selvatiche che ivi dimorano: non che la cosa mi spaventi in linea di principio, ma qualche limite dovremo pur porcelo. Ed il mare rimane, a mio avviso, un ambiente che faremmo meglio a non saturare di attività antropiche (questa è più un'intuizione che una nozione scientifica...). Nel 2009 partecipai ad uno dei primi convegni a Milano su Expo 2015: erano presenti tutti gli organizzatori, regione, comune, ed enti vari. Nel mio intervento dissi che non ha senso trattare il tema dell'alimentazione globale senza includere le categorie fondamentali, dimensionali e quantitative, delle risorse e della popolazione, anche in prospettiva. E, quindi, che non ha senso escludere il tema dell'espansione della civiltà oltre i limiti del nostro pianeta madre. La reazione fu quella che tutti possiamo immaginare: come se non avessi parlato. Caso mai ci fossero dubbi sull'insipienza culturale dei più, e sulla assoluta malafede di alcuni. Le domande vere, quindi, se non vogliamo aderire al partito dei maltusiani, dei darwinisti sociali e dei sostenitori dello "sfoltimento" eugenetico della popolazione, sono le seguenti: (1) come possiamo aumentare la quantità del cibo senza perdere qualità?, (2) come possiamo ottenere altra terra coltivabile, senza doverla togliere alla vita selvatica, per quanta ne rimane? Per rispondere alla prima domanda, è chiaro che la ricerca potrà, fino ad un certo punto, estrarre maggiore quantità di cibo dalle stesse risorse naturali (terra, acqua, aria, energia), ma la qualità ne risulta progressivamente diminuita... Non voglio neppure immaginare di quale orribile mangime si ciberanno i poveri "pollumani" di Agnoletto. Ho un'età sufficiente per ricordare il sapore del latte prodotto da mucche che pascolavano d'estate e mangiavano fieno d'inverno, e per deprimermi a sufficienza con il latte-acqua-bianca di oggi, prodotto da mucche alimentate a mangime. Certo, a chi non piacerebbe il cibo "biologico"? Quello che offende la mia intelligenza è la continua "education" al biologico cui sono esposto senza possibilità di difendermi, e senza che nessuno si curi di una qualsiasi analisi quantitativa delle risorse necessarie per dare a sette miliardi e mezzo di persone la posisbilità di alimentarsi con cibo biologico... Siamo di fronte ad una schiera di ideologi del tutto privi di etica, che non considerano nel modo più assoluto i numeri, ma si limitano a propagandare utopie del tutto equamente irrealizzabili, almeno fintanto che resteremo confinati su un solo pianeta. La risposta alla seconda domanda è altrettanto semplice: possiamo ottenere molta altra terra coltivabile fuori dal nostro pianeta, dove fra l'altro non la toglieremo assolutamente a nessuno. Occorre infatti considerare che gli asteroidi e le comete sono agglomerati di materie prime, acqua, ossigeno, minerali quasi allo stato puro. Possiamo usarli per costruire infrastrutture grandi quanto vogliamo, anzi, più saranno grandi e più, ruotando, potranno simulare il nostro caro G di gravità terrestre, dando così la possibilità ai coloni di tornare sulla Terra senza essere handicappati, anche dopo qualche generazione. Ed alla Terra, col tempo, mano a mano che le nostre attività industriali si trasferiranno fuori dalla sua superficie, di diventare quel giardino che molti sognano. La terra coltivabile possiamo costituirla a partire dai materiali lunari ed asteroidei, l'acqua, prederla dalle comete e da alcuni tipi di asteroidi... Come è stato scritto: "Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla; su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce".... non è scritto che questi pascoli fossero limitati al nostro pianeta madre! Space Renaissance si batte per un programma spaziale alternativo, che privilegi finalmente la progressiva espansione umana nello spazio, a partire dalla realizzazione di veicoli terra orbita a basso costo, la colonizzazione dell'orbita terrestre, il recupero dei detriti spaziali, l'industrializzazione dello spazio geolunare, lanciando grandi progetti di costruzione di infrastrutture industriali ed abitative, quali il nucleo di una città orbitale come quelle disegnate da Gerard O'Neill negli anni 70 del secolo scorso, dove iniziare la sperimentazione di eso-coltivazioni ed eso-allevamenti su scala media se non ancora grande. 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