Laval e Mussolini, illusorio accordo.
Mussolini di fronte alle minacce hitleriane verso l'Austria dovette
trasformarsi in un difensore dei trattati e della sicurezza collettiva
nel Vecchio Continente, mentre prima era stato stato sostenitore della
revisione (a spese altrui) dello status quo. La sua conversione fu
bene accolta dagli inglesi che vedevano in lui un ostacolo al
comunismo internazionale e in subordine alla pretese naziste. Londra
non guardò mai alla debolezza economica dell'Italia, alla sua mancanza
di carbone, né alla sua relativa povertà di industria pesante. Per gli
inglesi l'Italia era d'improvviso diventata una "grande potenza" e
basta: e, se pur dotate naturalmente di scarsità di mezzi militari, le
forze armate italiane erano superiori di numero a quelle esigue della
Gran Bretagna. Meno concilianti furono in un primo tempo i francesi.
Barthou sperava di contrastare la Germania, senza pagare lo scotto a
Mussolini. La soluzione francese era quella di una Locarno orientale.
Le cose andarono diversamente e giorni di Barthou erano contati, dal
momento che nell'ottobre del 1934 perì dissanguato a Marsiglia a
seguito dell'attentato (ad opera di un terrorista croato addestrato in
Italia) che diede la morte al re Alessandro di Jugoslavia, in visita
in Francia. Laval, suo successore, era uomo di stampo più moderno e
spregiudicato, che aveva poca considerazione della Russia sovietica e
invece un'altissima considerazione dell'Italia fascista. Anche se
Laval lasciò che la politica filorussa di Barthou proseguisse fino al
patto franco-sovietico del 1935, che rimase, peraltro, cosa vuota,
assicurandosi la neutralità, tuttavia, dei comunisti francesi nei
confronti del suo governo decisa da un ordine di Stalin. Laval
riponeva ogni speranza nell'Italia di Mussolini: visitò Roma, si
illuse che grazie all'affare austriaco Mussolini fosse ormai guarito
da ogni tentazione revisionista, mentre si accorse subito di quanto
dura fosse la posizione di Hitler. Le intese traballanti che uscirono
da quel clima conciliante tra Francia (e Inghilterra) e Italia,
rafforzarono la certezza che ormai tutto era perduto per le sorti
d'Europa.
Casalino Pierluigi, 28.11.2015
trasformarsi in un difensore dei trattati e della sicurezza collettiva
nel Vecchio Continente, mentre prima era stato stato sostenitore della
revisione (a spese altrui) dello status quo. La sua conversione fu
bene accolta dagli inglesi che vedevano in lui un ostacolo al
comunismo internazionale e in subordine alla pretese naziste. Londra
non guardò mai alla debolezza economica dell'Italia, alla sua mancanza
di carbone, né alla sua relativa povertà di industria pesante. Per gli
inglesi l'Italia era d'improvviso diventata una "grande potenza" e
basta: e, se pur dotate naturalmente di scarsità di mezzi militari, le
forze armate italiane erano superiori di numero a quelle esigue della
Gran Bretagna. Meno concilianti furono in un primo tempo i francesi.
Barthou sperava di contrastare la Germania, senza pagare lo scotto a
Mussolini. La soluzione francese era quella di una Locarno orientale.
Le cose andarono diversamente e giorni di Barthou erano contati, dal
momento che nell'ottobre del 1934 perì dissanguato a Marsiglia a
seguito dell'attentato (ad opera di un terrorista croato addestrato in
Italia) che diede la morte al re Alessandro di Jugoslavia, in visita
in Francia. Laval, suo successore, era uomo di stampo più moderno e
spregiudicato, che aveva poca considerazione della Russia sovietica e
invece un'altissima considerazione dell'Italia fascista. Anche se
Laval lasciò che la politica filorussa di Barthou proseguisse fino al
patto franco-sovietico del 1935, che rimase, peraltro, cosa vuota,
assicurandosi la neutralità, tuttavia, dei comunisti francesi nei
confronti del suo governo decisa da un ordine di Stalin. Laval
riponeva ogni speranza nell'Italia di Mussolini: visitò Roma, si
illuse che grazie all'affare austriaco Mussolini fosse ormai guarito
da ogni tentazione revisionista, mentre si accorse subito di quanto
dura fosse la posizione di Hitler. Le intese traballanti che uscirono
da quel clima conciliante tra Francia (e Inghilterra) e Italia,
rafforzarono la certezza che ormai tutto era perduto per le sorti
d'Europa.
Casalino Pierluigi, 28.11.2015