Pupi Avati, Il Signor Diavolo
di R. Guerra
Fotografia... splendida per Pupi Avati, molte sequenze nelle valli di Comacchio di rara perfezione, a tratti quasi quadri fiamminghi 2.0, tanto per rievocare il suo storico Psicothriller, la Casa dalle Finestre che ridono, di tanti anni fa.
E il Signor Diavolo in effetti in certo modo è un ulteriore sequenza-film realizzata da un regista già storicamente da molti anni d'autore e d'indubbia sempre bella visione, tra gli ultimi del grande cinema italiano: la bellezza trasfigurata in meraviglia estetizzante delle radici, di una geoarea, come accennato, il ferrarese-comacchiese a due passsi dal Delta del Po e del mare, non ancora ottimizzata in ambito naturalistico e turistico oltre che- a parte Pupi Avati e altri - artistico.
Più nel focus di questo nuovo Psicothriller di Avati,spiccano tecnosguardi squisitamente psicologici e anche antropologici, etnici, quasi soft nietzschiani per certa elegante e anche freudiana luciferina critica radicale alle credenze religiose arcaiche e contro il cattolicesimo clericale: molto preciso anche il ricordo di certo andazzo storico politico negli anni 50 con la DC tutt'uno con i Preti...
Il Signor Diavolo è il protagonista assoluto in quasi tutti i protagonisti, sue incarnazioni multiple (tranne un "diversamente politico-detective" inviato da Roma... per indagare/ risolvere certe X off topic...: sullo sfondo ma in superficie, un infanticidio efferato e supposto contronatura, con due ragazzini non banalmente posseduti ma appunto, tutt'uno con il Signor Diavolo e la psicologia collettiva arcaica anche degli adulti, politici o preti e sagrestani, o una Nobildama centrale nella storia/delitto, tra Comacchio e Venezia.
Alla fine il Signor Diavolo pare soltanto uno specchio, una strana comparsa nello stesso tempo micidiale, orrorifica, eppure al di là del cosiddetto male e bene, quasi la Macchina da presa immateriale, altrove, tra i protagonisti il gene lombrosiano (nell'iperbole cinematografica) folle, criminale, estremo.
Il film ha un the end in certo senso im-prevedibile (con la lineetta), terrificante, spiazza il pubblico forse, la scena finale sembra una dissolvenza per altre sequenze, non sembra un fine film.
Infine se la suspance è costante, con elevato ed elegante-perturbante colore Giallo, il rosso truculento contemporaneo pressoché assente, certa rimica alla moviola penalizza purtroppo- a nostro avviso il film: in America con una iperbole - ancora- lo finirebbero di vedere in una decina.
Un Signor Diavolo in ogni caso, di un Pupi Avati sempre Artista del Cinema d'Autore.