Franco Cavazzini, Le Stelle del Primiero (2020), recensione

 


a c. di Roby Guerra


"Il Primiero, dove le stelle escono tardi la notte ma sono le stelle più lucenti che abbai mai visto. Il paese di Transaqua confina con Fiera di Primiero dove si svolge una storia realmente vissuta di un rapporto dificle tra padre e figlia adolescente, tra personaggi incontrati un po' per caso, contornati da paesaggi a dir poco meravigliosi"


Ingegnere di origini ferraresi, da alcuni anni, nel suo costante peregrinare spesso fuori mura e per intermittenti periodi, residente nel Trentino, ha recentemente pubblicato "Le Stelle del Primiero", un omaggio in certo senso ai monti dolomitici e predolomitici, all'autore molto cari.

In tal senso contro la vacuità e la fiction anche politicamente corretta delle supposte metropoli e pretese città d'arte magari di provincia nazionali.

Per ritmi mentali e certamente piu diffusa autenticità tipica delle vallate alpine, sorta di ecologia mentale.

In diversa e anche centrale modulazione questo terzo libro dell'autore, dopo il fantastico di Xibalbà e quello psicologistico di A.V., è una sorta di diario peculiare a certa esplorazione del Primiero... da un lato, intrecciata con una espansione ancora psicologica, ma molto diversamente da A.V. certamente più soggettiva e anche tecno generazionale, la splendida figlia adolescenziale del protagonista Giuseppe, alla ricerca inevitabilmente incerta e provvisionale del suo Self/Selfie -Personal in inevitabile divenire.

La scrittura è sempre scorrevole, per nulla retorica (cosa non facile come l'approccio mentale diversamente educativo) e piacevolmente sobria, intervellata vuoi da witz – come detto- politicamente scorretti, vuoi dall'incanto naturale, storico ed eterno delle vette in senso globale(care non a caso a Nietzsche) vuoi da incontri con nativi del luogo, ripetutamente descritti dal'autore. In particolare emerge la chicca di un ultra centenario , Scalet, ancora incredibilmente attivo e autonomo, i suoi ricordi infantili e persino pluribellici, cristallizzati in un manoscritto e in una cartella altrettanto epocale.

Ulteriormente da segnalare frammenti relativi ad amici ferraresi, ospiti in certo periodo del protagonista, Lele, "campione" di parapendio e Stefano, postfilosofo raffinato e al giovane (del luogo) Marco.

Infine, l'autore, anche se in modulazioni magari più realistiche, conferma una vena comunque trafigurante la superficie narrativoa, sempre relativamente debordante nella consueta cifra fantastica, almeno "leggera".


"Giuseppe, padre attempato di una ragazzina difficile, decide di portarla con se nella valle del Primiero, lontano dalle cattive abitudini delle quali rischiava di caderne vittima. Qui, tra le meraviglie della natura, le abbondantissime nevicate di quell'anno, Giuseppe si ritrova immerso in un modo che non conosceva. Cercherà di trovare un punto di equilibrio tra se e la figlia che fin dall'inizio pare non abbia preso bene il cambio di vita impostogli dal padre. Giuseppe conoscerà un'ambiente insospettabile, fatto di persone rudi ma allo stesso tempo con animi nobili mentre la figlia inizierà un percorso che la porterà ad uscire dal difficile periodo. Ambientato tra i monti e paesaggi invernali in un intercalare di incontri e scontri.Il vecchio Scalet, uomo centenario, racconterà, a modo suo, le storie succednutesi negli anni in quella valle chiamata PRIMIERO, dove le stelle escono tardi la notte ma sono le più luminose che abbia mai visto. "


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