Bene culturale come testimonianza e come esperienza dell’”etno” di Pierfranco Bruni

 di Pierfranco Bruni


Bene culturale come testimonianza e come esperienza dell'"etno"

  

      Sul territorio ci sono esperienze ed espressioni che si manifestano nella capacità di interpretare la storia con i suoi simboli e le testimonianze. I beni culturali sono, appunto, tracciati di tempo che testimoniano il vissuto delle civiltà. Sono l'espressione di una trasmissione di eredità che documentano identità, simboli e modelli di appartenenza. Soprattutto quando l'esperienza del bene culturale è fatta di linguaggi, di archeologia, di storia, di arte, di letteratura. Messaggi che lasciano segni e a questi segni bisogna fare riferimento per leggere un territorio, interpretarlo, definirlo in quella complessità che è un intreccio di elementi geografici, storici, estetici.

      Il bene culturale è una dimensione in cui i valori diventano partecipazione all'interno di una realtà che coniuga passato e presente, ovvero quotidianità e memoria. E' su questo piano che occorre penetrare il tessuto di un patrimonio che è sempre vivibile nel momento in cui il territorio stesso è un raccordo tra ambiente, paesaggio e determinazione storico – culturale. Il territorio è dentro un ambiente e si osserva nel suo presente ma è il portato di "infiltrazioni" che definiscono modelli di appartenenza. In questo caso il rapporto tra archeologia e storia è significativo.

      Non si può definire culturalmente, e quindi storicamente, un sito se lo stesso non lo si legge nella funzionalità di un quotidiano in cui il territorio si trova a vivere. Proprio per questo una proposta di interpretazione archeologica deve avere naturalmente un suo senso attraverso una chiarificazione che ci offre soltanto una attenta  valutazione del valore etnico. L'etnia sia in un contesto archeologico che storico ci porta ad una verifica di quel rapporto tutto giocato tra l'antico e il moderno, o meglio tra ciò che è stato e ciò che si è trasmesso e ciò che è.

      Ciò che si cattura immediatamente è il legame tra una relazione di passato e il vivere il tempo nel quale si opera. Questi due aspetti permettono di offrire un'immagine più completa a quello che in senso piuttosto generale (o generico) chiamiamo bene culturale. Come può essere spiegata l'archeologia se non attraverso modelli in cui il presupposto antropologico risulti fondante per un inquadramento ragionato del territorio. Ma le etnie o il presupposto "etno" ormai è da riconsiderare in tutto quel percorso che richiama la valenza di una comprensione della storia grazie ad uno scavo di metodologia anche estetica nel tempo. Il tempo va indagato in virtù di una rappresentazione del bene culturale. Infatti il bene culturale è rappresentazione ma diventa tale solo se si compie quel percorso che porta dall'archeologia alla storia modulando l'approfondimento sul territorio attraverso la presenza etnologica, antropologica, demologica.


      Così anche i cosiddetti linguaggi "tagliati" o lingue sommerse devono essere presi in considerazione come tracciati di un bene culturale nel quale è necessaria la comparazione tra tempo archeologico e tempo storico. Non si tratta di "eccessi di cultura" ma di ridefinire anche una questione relativa al "taglio" concettuale di bene culturale. Nella interazione tra archeologia e storia il paesaggio delle cultura ha una straordinaria importanza proprio perché si avverte la continuità della storia anche nella lettura dell'ambiente. Questo ci permette di non usare frammentazioni e di realizzare un corpus unico tra le varie stagione della civiltà e le epoche.

      Il bene culturale si porta sempre con sé i "segni del tempo" che diventano delle regole che, comunque, permettono di non assentarci/si dal tempo che viviamo mentre ne analizziamo i segni pregressi. Anche l'archeologia, in una tale definizione, non appartiene soltanto allo studio di un passato lontano ma si stabilisce nella consequenzialità di un rapporto con il presente dei territori. Allora l'interpretazione di un sito è una forza non slegata dalla nostra attualità perchè il rapporto tra passato e presente, come si diceva, si delinea nel momento in cui ci troviamo di fronte all'idea del bene culturale.

      Per capire come viveva un popolo all'interno di una civiltà e di una temperie del IV secolo a.C. bisognerebbe rapportare quel popolo alle esigenze di quel tempo grazie a dei parametri ben strutturati alle esigenze di una cultura contemporanea. Le rilevanze storiche non possono fare a meno di un impatto con due concetti chiave: il tempo e lo spazio. Oggi ci muoviamo dentro queste due dimensioni per parlare del passato, invece, si entra nella storia. Ma il bene culturale non può fare a meno di questo incontro. Ecco perché il valore "etno" assume una sua sistematicità nel rappresentare e nel comprendere il bene culturale come identità e come realizzazione di una consapevolezza degli strumenti e della società moderna e contemporanea.

      L'antico, in fondo, è quasi sempre parcellizzato nel moderno. Nel campo dei beni culturali recuperare la componente etnologica (in una lettura integrata e comparata dei territori) significa dare senso ad una manifestazione articolata delle culture presenti in un determinato contesto. Questo mi sembra un dato sul quale bisognerebbe riflettere, anche perchè il ruolo dei beni culturali si è abbastanza ampliato ed è diventato trainante in molti settori grazie, tra l'altro, proprio a un legame duttile con i contesti territoriali.

      Il valore che si dà al concetto di "etno" è una dimensione che interessa l'etica e l'estetica del bene culturale all'interno di un progetto il cui dialogo tra cultura, civiltà e popoli resta indelebile. I beni culturali si presentano chiaramente diversificati ma il territorio deve offrire una lettura omogenea, nella quale il presente non perda i connotati e il passato non affoghi il presente stesso.