Futurismo Meccanotronico..
fonte Corriere della Sera - Brescia
brescia.corriere.it I suoi reperti dell’archeologia industriale - architetture in alluminio con trame geometriche astratte - sono in mostra da Colossi Arte fino al 13 gennaio |
Alessandra Troncana
Nastri viola, locandine con ora e posto delle esequie, necrologi sentimentali sui giornali: il 15 settembre del 1920, Guglielmo Sansoni si presentò al suo funerale con una bombetta sulla testa. «E adesso chiamatemi Tato». Era un ultimo saluto artistico: il futurista aveva ingannato critici e amici più intimi spacciandosi per morto, ma in realtà quello era solo un trapasso stilistico. M’horò, invece, si è sbarazzato della sua precedente identità con un falò dei suoi dipinti, assemblaggi e collages: da circa un anno, ha cambiato nome e stile, ma per sbarazzarsi di qualunque vincolo di biografismo e alimentare il proprio narcisismo ha lasciato ignoti i suoi dati anagrafici. I suoi reperti dell’archeologia industriale - architetture in alluminio con trame geometriche astratte - sono in mostra da Colossi Arte fino al 13 gennaio (Brescia, corsia del Gambero): strutture ovoidali, sferiche, fatte di pieni e di vuoti e sottratte a ingranaggi industriali che si deformano in torsioni e allungamenti o si assottigliano lasciandone trapelare l’ossatura, come fossero rami artritici. Sculture liquide in perenne metamorfosi che citano il readymade, lo contaminano con il Futurismo meccanico e tentano di ridefinire l’archeologia industriale. L’identità di M’horò si intravede dai suoi lavori finemente cesellati: l’artista coincide con l’opera, e va cercato tra sottili lamine di alluminio. Per Vittorio Sgarbi, che ha scritto un testo critico, ha deciso di scansarsi, «e di farci vedere ciò che ha creato come se chi mai si nascondesse dietro quell’etichetta non fosse parte integrante di esso». Oltre l’ignoto.
ale.troncana@gmail.com
ale.troncana@gmail.com