Dinanimismo X. Intervista a Marco Nuzzo
Dinanimismo 2009- 2019, autori vari, a cura di Zairo Ferrante e Roby Guerra (Asino Rosso eBook, 2019)
Intervista a Marco Nuzzo (Autore)
D – Come consideri la Poesia, nell'accezione del "Fare Anima" nell'era del computer?
R – La Poesia è e resta spazio vitale, tra i ritmi circadiani dell'uomo. L'espressione, all'interno della necessità del linguaggio, ha subito una precipua rivoluzione, allorché è accaduto quel necessario, continuo cambiamento, all'interno della proprietà del linguaggio. L'aggettivazione, la creolizzazione, le sfumature che sono derivate dalla nascita dei codici linguistici, ne hanno marcato, in modo indelebile, enfatico e primordiale, la struttura primeva, dando vita a un organismo arricchito di termini, di sinonimi, di espressioni. La Poesia è nata dall'osservazione e dalla costruzione tra l'osservato e l'inosservabile, elicitando, tuttavia, l'inosservabile e portandolo all'esposizione, come una lente che penetri nel particolare, che lo metta in luce. Ecco, le distanze tra osservato e inosservabile, si fanno sempre più piccole, poiché, nell'era del computer, ma ancor prima diciamo, per tutto il Novecento il distacco tra linguaggi e dinamiche, la crescita e l'accelerazione della tecnologia, hanno contribuito non poco alla formazione di nuovi linguaggi, portando, tuttavia a una dispersione del senso e a una fallibilità totale dei vocabolari. Già Pestelli, nel suo "Parlare italiano" (1957), concludeva che l'evoluzione della lingua fu causata e che sarebbe stata causata, anche successivamente, dai progressi ottenuti nella tecnologia, dalla penna stilografica a quella a sfera, passando per la macchina da scrivere finanche ai sistemi stenografici o al dittafono, considerandoli "stimoli allo scrivere avventato". Con l'ulteriore sviluppo della tecnologia, della televisione, si contribuì ad accorciare le distanze tra Nord e Sud, di un'Italia unita solo sulla carta, specialmente laddove l'unica lingua in vigore era il dialetto stretto. Nell'era dei computer, il linguaggio è oramai comune, alla portata di ogni individuo. Il rischio, tuttavia, resta quello della non comprensione, per via delle anfibolie e della ricchezza di significati che le lingue e le singole parole offrono. Le cause non sono da ricercarsi soltanto nella velocità con cui avanzano mondo e tecnologie ma, soprattutto, dentro le dinamiche operate dalla storia nella struttura degli idiomi. Penso all'enantiosemia o alla paronimia, alle parole che hanno assunto significati opposti, quali "feria" e "feriale", il "tirare", usato sia come sinonimo di "spingere" e sia come "tirare un oggetto". Potremmo "tirare" in ballo anche il linguaggio giornalistico che, per la velocità di cui parlavamo sopra e per la ristrettezza dei caratteri a disposizione, tutto è, tranne che uno "scrivere bene". Comprendiamo come sia difficile uscire da tutta questa congerie di metalinguaggi martellanti. La Poesia odierna non è da meno. Già Marinetti, coi futuristi, aveva compreso la piega, "l'estetica della velocità" che riservava il futuro, per l'appunto. Derrida andrà alla ricerca della scomposizione del testo o dell'opera e, col Destrutturalismo, porrà il testo o l'opera a una vera e propria disgregazione che ne valuti e ne valorizzi la bontà.
Tornando alla poesia odierna, il "danno" operato dal linguaggio e dalla tecnologia, è stato quello di trasmettere visioni dal passato e di circoscriverlo nel presente, relegandolo in un sistema macchinico, forzato, tracotante, a scegliere, come fine, quell'Eikon che è Dio, che è l'anima e che oggi è venuto a mancare, per via della conoscenza. La Poesia sta sviluppando un sentire nuovo, differente da qualsiasi passato ma che attinge da esso. Costruisce le proprie rovine da quei frammenti, nutrendosi del proprio distacco, della propria maceria, come in un mondo che secerne disastro ma dove qualcuno è ancora in grado di emozionarsi per dei ruderi, nel proprio deserto delle mancanze.
D - Uno zoom autobiografico?
R – Scrivevo. Scrivo. Talvolta pubblico. A qualcosa servirà, continuo a ripetermi. Qualcuno legge di questo Qualcun altro, come se importassero i nomi, come se ci si dovesse targare le idee, gli scritti, renderli politica per qualcun altro, affinché egli dica: "Chi l'ha scritto?", e ti dia ragione o meno, a seconda dei tuoi e dei suoi colori. Ebbene, io scrivo per quella continuità, scrivo per dare transdiscorsività ai discorsi, a Barthes, a Foucault, a chiunque desideri leggere del mio; questo è Marco Nuzzo.
D- Il Dinanimismo, la tua personale visione?
R – Chiunque porti avanti un movimento, un progetto per la nascita e la crescita della Poesia, meriterebbe più visibilità. Oltretutto, mai come oggi avremmo bisogno di una maggior valorizzazione di quegli scritti e di quegli scrittori che hanno davvero qualcosa da dire e che non siano i soliti babbei e figli di Leinonsachisonoio – che pubblicano per nomi e realtà di tutto rispetto, solo perché popolari presso giovani e ragazzine e con una conoscenza della loro lingua al limite della decenza. Mi si scusi lo sfogo ma questa è una realtà da combattere. Cioran aveva ragione. Aveva ragione su tutto. Furono le piccole realtà editoriali a riscoprire il suo valore, quando ancora era relegato in certe logiche becere e gerontologiche dell'editoria e della politica; logiche che, purtroppo, persistono e resistono e che non si combattono abbastanza.
D - Il futuro della Poesia, come lo immagini?
R – Non possiedo sfere di cristallo ma non saprei definire o immaginare un futuro collateralmente diverso da quello a cui stiamo assistendo oggi, ché la stessa tecnologia, dagli anni Ottanta in poi, più che creare accelerazioni nei più disparati campi, da internet ai PC, non ha potuto fare. Si assisterà, probabilmente, a una coercizione delle agglutinazioni, a una sintropia umana, imposta dall'interfaccia uomo-macchina che risulta essere sempre più ergonomica e interattiva. La ricerca della funzionalità sarà direttamente proporzionale al bisogno di ricerca dei momenti di solitudine, se non altro necessari alla costruzione di un pensiero che, in un mondo sparato a velocità ipersoniche, sarà quasi impossibile da realizzare. Se non si farà qualcosa, anche la Poesia e tutta la Letteratura ne soffriranno. Ne soffrirà lo stesso scibile. La Poesia ha bisogno di quiete, la Letteratura ha bisogno di calma, ma pure di argomenti e di strutture nuove e deterritorializzate, pronte a organizzarsi in nuovi rizomi e nuove strutture, il Corpo senza Organi (CsO) artaudiano lo insegna, poiché la capacità creativa viene volutamente arrestata, in nome della produttività. Nessuno parla delle strutture di una composizione ma tutti avvertono la necessità di scrivere, di scriversi addosso, come se, in un mondo di sedicenti scrittori o poeti, avesse senso riempire pagine e pagine di roba assurda. Tutti scappano verso un'unica direzione, ed ecco le famose agglutinazioni, il bisogno di fare gruppo per sentirsi unici, laddove poi, coloro che restassero fuori da questi assembramenti di poetastri e che, magari avrebbero qualcosa da dire, rimangono al buio, occultati dal cibreo delle oche.
D – Cosa si potrebbe fare per cambiare le cose?
R – Ben poco, io credo. Quel che c'è da fare lo stiamo facendo. Non resta che assumere l'accollo di inani osservatori del cambiamento e sperare che, se qualche generazione futura vorrà farsi carico dei nostri frammenti, costruisca, con quelli, una nuova serie di rovine e di consapevolezza, tale da continuare quella transdiscorsività, interrotta in qualche remoto passaggio del tempo.
BIOGRAFIA
Marco Nuzzo nasce in provincia di Lecce nell'aprile del '78. Intraprende la carriera militare, sebbene le sue passioni risiedano nell'arte e nella letteratura; recensore e collaboratore editoriale. Collabora per siti e blog letterari. Ha scritto vari articoli per il Dinanimismo di Zairo Ferrante; è stato menzionato nelle opere del futurista Roberto Guerra, "Neo futurismo 2000" e "L'estetica transumanista in Italia"; ha collaborato con Noris Roberts, Ambasciatrice Universale per la Pace e l'Amore in Venezuela, e poetessa. Per Lettere Animate Editore è stato creatore e direttore della collana erotica "Satyricon". Ha collaborato per Teseo editore, Seleer editoriale e per la collana "Poesia e vita" e "Sopralerighe" in qualità di curatore d'opera, per Rupe Mutevole edizioni. Promotore editoriale per Butterfly edizioni, curatore e creatore della sezione dedicata alla poesia "Frequenze di Bragi" per Almax Magazine. Ha collaborato per Matisklo Editore in qualità di recensore. Nel dicembre 2012 è uscita la raccolta poetica "Anime" assieme a Gioia Lomasti e per Photocity Edizioni, con interventi di Norman Zoia, paroliere del cantante Pino Scotto e dello storico gruppo heavy metal "Vanadium", e di Stephen Alcorn, dell'Alcorn Studio & Gallery di Cambridge. Per Sognihorror è stato curatore d'interviste, recensore ed Editor.
BIBLIOGRAFIA
* 2011 Ultime frontiere (Poesia) Aletti editore
* 2011 Non ti piacerei, vestito dell'inverno appena trascorso (Poesia) Rupe Mutevole Edizioni, prefato da Emanuele Marcuccio.
* 2011 Antologia del Premio Internazionale Mario Luzi 2011.
* 2011 Antologia del Premio Wilde.
* 2011 Curatore dell'opera Anteprima - di Fausto Giovanni Longo (Poesia) Rupe Mutevole Edizioni.
* 2012 Curatore dell'opera La passione di Ornella - di Nina Vanigli (Romanzo erotico) Lettere Animate Editore.
* 2012 Prefazione per Casa di mare aperto - di Felice Serino, Centro studi Tindari Patti.
* 2012 Anime – Di Gioia Lomasti e Marco Nuzzo (Poesia) Photocity Edizioni.
* 2013 Prefazione e revisione della raccolta "L'ora dell'Horror", AA.VV., Edizioni Il Foglio.
* 2014 Le falene dalla luce - Di Alessandra Molteni e Marco Nuzzo (Poesia) Matisklo Edizioni.
* 2018 La specie invasa - Aporie dell'incavo - Di Marco Nuzzo (Youcanprint edizioni).
Blog: www.marconuzzo.eu
a cura di Roby Guerra
EBOOK INFO