La democrazia liberale dell'uomo oltre l'uomo



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Da: Angelo Giubileo
(foto di U.S. Transhumanist Party)

La democrazia liberale dell'uomo oltre l'uomo

Tante e tante volte abbiamo dibattuto circa la tesi esposta da Francis Fukuyama nel suo saggio del 1992 La fine della storia e l'ultimo uomo, tesi in parte rivista poi dallo stesso autore già quattro anni dopo in un altro suo saggio dal titolo, ancora in italiano, Fiducia.

La tesi iniziale è che l'Occidente, con la caduta del muro di Berlino e la dissoluzione come neve al sole dell'impero sovietico, abbia raggiunto l'apice di un processo politico e, in definitiva, conquistato il traguardo finale di un sistema di governo democratico, capitalistico e liberale che l'autore inizialmente ritiene destinato a durare per sempre.

Dopo altri sei anni, nel 2002, l'autore scrive un altro saggio dal titolo originale Our Posthuman Future, tradotto in italiano con il titolo L'uomo oltre l'uomo, nel quale egli esplica la tesi che i principi e quindi il sistema di democrazia liberale magnificato dieci anni addietro rischi viceversa di soccombere a causa del progresso tecnologico e dei risultati raggiunti e raggiungibili nel campo dell'intelligenza artificiale, tali da modificare "artificialmente" la struttura della specie umana e quindi non come fino a un tempo stesso, recente e antecedente, "naturalmente" evolutasi.

Il discorso dell'autore statunitense – figlio di genitori giapponesi così come il nonno paterno che per primo aveva abbandonato il Giappone nel 1905 per recarsi negli Stati Uniti – diventa così particolarmente interessante secondo il merito che ne deriva dalla prova dei fatti, che dal 2002 e ormai in quasi vent'anni sono seguiti.

Innanzitutto, è confermata la tesi del progresso della tecnica che ha tolto e toglie spazio alla politica fino all'esercizio di un dominio che tendenzialmente si estende su scala planetaria. La maggior parte dei commentatori politici giudicano ancora tale scenario negativo, ma nel contempo escludono o minimizzano le responsabilità che, in guisa di un tale ragionamento, andrebbero invece attribuite all'élite di un potere internazionale divenuto nel frattempo "globale". E pertanto, si tratterebbe di un processo, ripetiamo giudicato in genere negativamente ma così non da noi, le cui responsabilità sarebbero da coloro addebitabili in genere a un fenomeno che, in opposizione all'élite, e in genere suffragato dai media, è chiamato "populismo". Oppure, allo stesso modo, in opposizione all'esercizio di un potere globale, è chiamato "sovranismo". Ma, né il populismo né il sovranismo c'entrano qualcosa. In politica, il potere è sempre sovrano così come in democrazia il potere stesso deriva, per definizione, sempre dal popolo.

Piuttosto, è vero che il progresso tecnologico, in genere, si è dimostrato un fatto positivo così che poco importi che almeno in Occidente tale fenomeno abbia eroso il potere politico dell'élite. In Occidente, se vi è una ragione per cui lo spazio di governo politico delle democrazie liberali manifesti una sua crisi, ebbene l'unica ragione non può che essere rappresentata dal fatto che il potere della politica, per se stessa, ha fallito. In qualche modo.

Il generale calo di partecipazione dell'elettorato attivo al voto, così come registrato tendenzialmente nelle democrazie occidentali dal 1980 a oggi, questo stesso fatto  non può che testimoniare innanzitutto un certo chiamiamolo pure disinteresse del popolo (elettorato attivo) alla vita politica della rispettiva comunità locale e/o internazionale di appartenenza.

E tuttavia, lo strumento politico della democrazia liberale potrebbe tornare ancora utile al fine di uno sviluppo tecnologico che sia completo e quindi viceversa, questo stesso, definitivo. E allora, potremmo anche essere giudicati presuntuosi o peggio ancora visionari, quasi alla stessa stregua del primo-Fukuyama, dato che la storia da allora non è certo finita né ancorché mostra di essere prossima a una fine. E però, un dubbio almeno dovremmo averlo circa il destino e soprattutto la natura evolutiva di quell'"ultimo uomo" a cui il saggio del 1992 faceva riferimento, in un modo viceversa così beneaugurante.

Modo che, alla prova dei fatti, oggi maggiormente condividiamo.

                                                                                                      Angelo Giubileo

 



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Roberto Guerra