Artista e AI...

 


Le piattaforme di AI generativa text to image introducono nel campo delle arti visive figure che prima ne erano estranee, cambiando il profilo professionale dell’artista. L’impatto dell’intelligenza artificiale sull’arte va inteso in senso più ampio, in quanto coinvolge non solo il comparto elitario dell’arte contemporanea, ma impatta nel ben più vasto mercato delle arti visive, e quindi gli autori della grafica digitale, degli effetti speciali, della video art, della realtà virtuale, delle installazioni immersive, delle applicazioni interattive.  Da una parte l’intelligenza artificiale è da tempo utilizzata da alcuni artisti contemporanei per sperimentazioni concettuali, ricerche elitarie che indagano i nuovi confini dell’arte, dall’altra amplia il perimetro delle arti visive, in quanto ne possono far uso non solo gli operatori dell’industria creativa, ma anche altre figure finora esterne alla disciplina della creazione di immagini.  Il risultato finale è spesso sorprendente, complesso e originale, anche se riconoscibile come artificiale. La facilitá nella produzione rischia di creare velocemente un fenomeno di svalutazione con la quale gli artisti dovranno misurarsi ed essere distintivi.

L’arte come intelligenza extra corporea

Va osservato che nella storia dell’umanità ci sono stati altri momenti fondamentali in cui una tecnologia ha permesso di “estrarre” dal cervello dell’uomo l’intelligenza e inserirla in uno strumento condiviso da altri uomini. Il momento più simile è l’invenzione della scrittura, quando un effimero pensiero verbale è stato inciso su un supporto durevole, condiviso, trasportabile; la rilevanza di questa acquisizione è tale che viene considerata l’inizio della storia stessa. Ma tornando indietro nel tempo, possiamo affermare che una prima forma di “estrazione” dell’intelligenza dal corpo umano è l’arte, tratto distintivo dell’homo sapiens, che ha saputo inserire la sua intelligenza su pareti di roccia o suppellettili, che ancora ci comunicano la sua visione del mondo, “riattivano” in noi la sua intelligenza, liberata in un oggetto extracorporeo.

Mondo reale e mondi artificiali

L’intelligenza artificiale generativa produce un mondo sintetico che in qualche modo è paragonabile al metaverso, ma anche ad altri mondi immaginari generati nella storia della cultura e dell’arte. Il mondo sintetico generato dall’AI si distingue dal mondo “reale” , generato dagli operatori dell’informazione e della scienza, a cui  attribuiamo un criterio di realtà, e che è rappresentato dalle potenti “tecnologie del reale”,  fondative della modernità, come la fotografia, il video, i raggi X,  la scansione 3D… L’AI generativa e il metaverso, in quanto mondi sintetici, si contrappongono alle rappresentazioni dei media e della scienza che noi riteniamo reali, costituite da luoghi reali e persone reali.  L’intelligenza artificiale attualizza il conflitto tra reale e artificiale, che è tipica dell’arte e della sua dialettica storica con le tecnologie del reale: fotografia, riprese video, scansioni scientifiche, e dal concetto di documento storico o dato scientifico. Certamente l’affermazione dell’AI generativa si profila come una profonda rivoluzione nella storia dell’arte, paragonabile all’avvento della fotografia, che ha avviato la rivoluzionaria parabola dell’arte moderna.

Arte e intelligenza artificiale generativa

L’AI generativa e il metaverso sono costituite da “fake people in fake worlds”. Infatti la prima applicazione dell’intelligenza artificiale di successo è stato il deep fake, dimostrando la natura “falsificatrice” di questa tecnologia. Questo marchio d’infamia, questo peccato originale, resta un enorme limite alla diffusione e al senso dell’intelligenza artificiale nel nostro mondo dominato dalle precedenti  “tecnologie del reale”. Se parliamo di arte, pubblicitá, fiction, spettacolo, satira, l’AI generativa puó funzionare. In altri contesti, dove vige il principio di realtá e le tecnologie del reale, potrebbe provocare più problemi che opportunità. Questa dicotomia tra reale e artificiale infatti nell’arte non esiste.  L’arte é un ambito applicativo molto interessante per l’intelligenza artificiale generativa, in quanto per sua natura un’opera d’arte è costituita da un immaginario “artificiale”, non è mai mera riproduzione della realtá, non risponde al principio di realtà. Nell’arte la natura ” fake” delle immagini generate dall’AI non pone problemi.

Autorialità ed estetica delle genAI

Che dire dell’estetica e dell’autorialità dell’intelligenza artificiale? Sembrano concetti assurdi se rivolti ad un automa, ma il problema va posto. Le immagini dei software di generazione artificiale di immagini sono distinguibili da quelle non artificiali, spesso un software è riconoscibile da un altro. Per cui già esiste una “estetica dell’AI”. Ma da chi è definita, e come? Certamente gli autori dell’estetica artificiale sono i programmatori, che determinano le modalità in cui le immagini originali si trasformano e si combinano, si illuminano, si colorano, rispondendo a  mix estetici distinguibili da software a software.  Si percepisce che il primo strumento è il ranking (graduatoria) di alcuni set di immagini sulle altre. Alcuni set di  immagini chiave determinano la logica combinatoria, e la scelta di queste immagini dominanti determina l’estetica. Alcuni software, ad esempio, hanno dato un ranking elevato a grandi fotografi, da cui hanno tratto schemi stilistici vincenti, come le luci arancio e le ombre azzurre di Storaro in date condizioni di luce, nei ritratti le inquadrature e le espressioni di Steve Mc Curry, nelle inquadrature urbane la composizione ardita di Cartier Bresson, nei gruppi umani l’espressività di Salgado etc… In un certo senso l’AI generativa “ruba l’anima” ai piú grandi artisti e ne fa una sintesi aleatoria, generando un mostro insuperabile nella qualitá esecutiva, nella versatilitá, nella velocitá, e ovviamente nel prezzo. Senza i limiti fisici di un set fotografico: le complesse luci da studio, applicate da esperti tecnici della illuminazione, si possono applicare a interi paesaggi. E’ chiaro che si aprono questioni delicate sulla autorialità e sulla proprietà intellettuale, che contrapporranno gli artisti, le cui opere sono state utilizzate per addestrare l’intelligenza artificiale, e i colossi dell’intelligenza artificiale. Battaglie dall’esito incerto, analoghe alla protesta e allo sciopero degli operatori di Hollywood, ma che con ogni probabilità non fermeranno l’evoluzione del settore, data la disparità delle forze in gioco, ma potranno influenzarla.

L’artista e l’altro. Una simbiosi senza precedenti?

La presenza dell’AI è comunque un elemento di drammatica discontinuità, che mette in discussione il ruolo dell’artista. Il focus dell’arte si sposta sull’atto creativo, sull’idea piú che sulle virtuositá tecniche; spostamento peraltro giá avvenuto nell’arte contemporanea, da Marcel Duchamp in poi. L’artista che utilizza l’intelligenza artificiale generativa si misura con un “altro”, un’altra mente di cui ha un controllo parziale, che contribuisce più di lui al risultato finale del processo artistico.  La presenza di un “altro” nell’atto creativo non è però nuova nella storia dell’arte, anzi è un tratto distintivo e caratterizzante dell’arte moderna.

L’automatismo creativo novecentesco

In una pagina del diario di Paul Klee, nel 1905, possiamo leggere: “La mia matita ha fatto alcune passeggiate riuscite, fortunate, creative…”. Klee denuncia una forma di automatismo nel suo processo creativo. Alcuni anni dopo Andrè Breton fondava il Surrealismo sul principio dell’”automatismo psichico”, una tecnica che passa il testimone della creatività dal conscio all’inconscio. Nei “cadaveri squisiti” surrealisti, nel “metodo paranoico critico” di Salvador Dalì, gran parte del processo creativo è esterno alla coscienza razionale dell’artista, in qualche modo, è fuori dal suo controllo.  Klee con la sua “matita che passeggia” traccia una linea che percorre tutto il Novecento, fino al “lineare K” di Keith Haring, che però non fonda il suo automatismo nell’inconscio individuale, ma da uomo dell’epoca dei mass media, sull’inconscio collettivo.