Cold Play, boom d'autore a Roma...

Il concerto parte sulle note dell’iconica colonna sonora di E.T. di Steven Spielberg. Poi la band sale sul palco e l’urlo dagli spalti si fa assordante. Il concerto «galattico» è diviso in quattro parti: Planets, Moons, Stars e Home. Il viaggio interplanetario si materializza nei palloni luminosi che volteggiano sulle teste degli spettatori. Si comincia con «Music of the spheres» per attraversare via via più di vent’anni di successi. Le luci intermittenti che si alzano dai polsi accompagnano «Viva La Vida» e «Hymn for the Weekend». L’intento dei Coldplay è quello di trasformare l’Olimpico in un unico grande cuore pulsante. E ci riescono alla perfezione. Basta guardarsi intorno e ci si sente parte di un’unica astronave in viaggio tra le stelle. Il segreto dello show è che ognuno dei 65mila presenti viene coinvolto nello spettacolo. Chris Martin canta per ognuno di loro. Invita perfino una ragazza dal pit a salire sul palco per cantare una canzone a richiesta: si chiama Rebecca e si squaglia dall’emozione. Poi sui maxischermi accanto al palco vengono proiettati gli altri volti del pubblico: tra loro Roberto Gualtieri, Alessia Marcuzzi e Sua Maestà Roger Federer. Martin gli dedica uno «stornello» improvvisato alla chitarra e il campione arrossisce. Poi fa una richiesta esplicita. Su «A Sky full of Stars» chiede a tutti di mettere «il cellulare in tasca, per cinque minuti. Almeno per una canzone. Alzate le mani - dice - oppure abbracciatevi e ballate». È subito accontentato. E non mancano riferimenti alle guerre in corso e il richiamo al rispetto dei diritti Lgbtq+ con il frontman avvolto nella bandiera arcobaleno. Sulla canzone «My Universe» fa inquadrare la sua maglietta con la scritta: «Everyone is an alien somewhere». Lo show volge al termine. Braccialetti e occhiali 3D devono essere riconsegnati per la gara mondiale di riciclaggio. Per i Coldplay è una vera missione ecologica. Luci, fuochi d’artificio e cuori si alzano al cielo sul gran finale di «Feelslikeimfallinginlove». Ma quando il fumo degli ultimi fuochi d’artificio si disperde nella notte, la verità resta la stessa. Oltre il flusso delle auto che ha intasato la Capitale all’uscita dallo stadio. La magia di quattro musicisti che sul palco sudano e suonano. Davvero. Continuando a cantare la loro anima. Anche sotto il cielo di Roma. 


 

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