IL FUTURO DELLA POLITICA, FAKE NEWS E BIG DATA

La campagna elettorale italiana, ma non solo essa, va alla ricerca dei Big Data dell'economia, se pur in modo non così sensibile, limitandosi ad interpretare i toni e i messaggi delle problematiche economiche al fine di determinarne lo stato di salute. Sappiamo che l'economia non è una scienza esatta e richiede sempre il contributo consapevole della politica per fissare un quadro futuro delle dinamiche legate al progresso e al benessere. La tempestività dell'accesso alle informazioni economiche rischia comunque di avere un costo eccessivo soprattutto per la precisione dato che prospettare un quadro sufficientemente percorribili. In tale contesto si apre il discorso delle fonti di questi elementi. In relazione a ciò non è sufficiente disporre solo dei data base, ma occorre saperli incrociare adeguatamente ovvero intrecciare i loro rispettivi algoritmi, che prescindono dalle fonti statistiche. Quando si opera poi in campo squisitamente politico e pertanto vanno messi insieme il rigore dell'economia, il consenso e la percezione da parte della pubblica opinione della situazione reale si entro su un terreno assai complesse e non facilmente riconducibile ad esiti coerenti. Questioni dunque da giornalisti e non da informatici pur preparati a lavorare su variabili: un settore da esperti della comunicazione e non perfettamente da scienziati della politica. Anche per tale ragione i Big Data non possono essere overrated, anzi vano adoperati con cura e con flessibilità, serietà e competenza. Infatti, a differenza delle fake news, che si possono intercettare e smascherare con una buona dose di intelligenza e di preparazione, i Big Data, per l'aspettativa scientifica che potrebbero rivestire in futuro, rischiano di strumenti di manipolazione di massa e di conseguenza pericolosamente maneggiati a danno delle stesse ragioni della sicurezza.
Casalino Pierluigi