Diritto e Nuove Tecnologie transumaniste
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BRIAN FACTOR
Sarebbe fantastico se potessimo aumentare le nostre capacità a piacimento. O forse no. Ad ogni modo, le neurotecnologie sembrano ormai prossime a rendere possibile il sogno del "miglioramento" umano. Ma che cosa ci rende davvero migliori? Che cosa rende migliore il mondo in cui viviamo? In una parola: "qual è il significato di miglioramento?" Sono questi gli interrogativi che meglio esprimono il "problema centrale" dell'enhancement, secondo Laura Palazzani, ordinario di Filosofia del diritto alla Lumsa di Roma e autore del pregevole libro "Il potenziamento umano. Tecnoscienza, etica e diritto" (Giappichelli Editore, 2015).
Già, perché "il punto di partenza della riflessione non può dare per scontato ciò che è meglio" e "il meglio non può che essere definito a partire da ciò che è bene all'interno di una giustificata visione morale", spiega la professoressa romana. Nel contesto dell'attuale pluralismo morale è dunqe "indispensabile confrontarsi con diverse prospettive", cercando di evitare "accettazioni o rifiuti" pregiudiziali, maturando invece gli strumenti critici per addentrarsi in una discussione ancora in corso, in cui "non c'è una risposta definitiva", né sull'enhancement né sui singoli problemi, ma già iniziano a profilarsi i "pericoli" di una applicazione alla cieca dei nuovi ritrovati.
Su questo argomento l'Autore non ha mezzi termini: il principale "pericolo è che l'esaltazione del potenziamento come diritto di libertà assoluta nasconda una strumentalizzazione altrettanto assoluta al potere della tecno-scienza, della bioeconomia, della biopolitica". Le aspettative di "salute perfetta", di "vita perfetta", alimentate da questa "nuova ondata biotecnologica", tendono infatti a mettere in ombra il paradosso di "una tecnologia che si propone come promotrice di beni umani (allungare quantitativamente la vita, migliorare qualitativamente bellezza, forza, intelligenza), ma che potrebbe danneggiare l'uomo e la società".
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BRIAN FACTOR
Sarebbe fantastico se potessimo aumentare le nostre capacità a piacimento. O forse no. Ad ogni modo, le neurotecnologie sembrano ormai prossime a rendere possibile il sogno del "miglioramento" umano. Ma che cosa ci rende davvero migliori? Che cosa rende migliore il mondo in cui viviamo? In una parola: "qual è il significato di miglioramento?" Sono questi gli interrogativi che meglio esprimono il "problema centrale" dell'enhancement, secondo Laura Palazzani, ordinario di Filosofia del diritto alla Lumsa di Roma e autore del pregevole libro "Il potenziamento umano. Tecnoscienza, etica e diritto" (Giappichelli Editore, 2015).
Già, perché "il punto di partenza della riflessione non può dare per scontato ciò che è meglio" e "il meglio non può che essere definito a partire da ciò che è bene all'interno di una giustificata visione morale", spiega la professoressa romana. Nel contesto dell'attuale pluralismo morale è dunqe "indispensabile confrontarsi con diverse prospettive", cercando di evitare "accettazioni o rifiuti" pregiudiziali, maturando invece gli strumenti critici per addentrarsi in una discussione ancora in corso, in cui "non c'è una risposta definitiva", né sull'enhancement né sui singoli problemi, ma già iniziano a profilarsi i "pericoli" di una applicazione alla cieca dei nuovi ritrovati.
Su questo argomento l'Autore non ha mezzi termini: il principale "pericolo è che l'esaltazione del potenziamento come diritto di libertà assoluta nasconda una strumentalizzazione altrettanto assoluta al potere della tecno-scienza, della bioeconomia, della biopolitica". Le aspettative di "salute perfetta", di "vita perfetta", alimentate da questa "nuova ondata biotecnologica", tendono infatti a mettere in ombra il paradosso di "una tecnologia che si propone come promotrice di beni umani (allungare quantitativamente la vita, migliorare qualitativamente bellezza, forza, intelligenza), ma che potrebbe danneggiare l'uomo e la società".
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