Pierluigi Casalino: La Divina Commedia è il primo fantasy autobiografico della letteratura occidentale?



Da: Pierluigi Casalino  

Quando Dante scriveva i visionari e le visioni si moltiplicavano, il sacro, il mistero e l'oltretomba coinvolgevano più di oggi la vita quotidiana. E non solo nel mondo cristiano.Una presenza davvero assai diversa da quella che in questi giorni interessa alla gente. La tesi, quindi, che la Divina Commedia e i sonni e i sogni danteschi avessero natura solo allegorica sarebbe ormai messa in discussione da nuove e recenti interpretazioni dell'opera dantesca. Dante si sarebbe pertanto inventato tutto, scrivendo il primo vero fantasy della storia e lui stesso era un visionario, come emerge non tanto dal Poema, ma dalle opere giovanili del Sommo Poeta. La questione del modo e del senso della visione di Dante nella Commedia si può perciò liquidare come una curiosità di eruditi? Si direbbe di no. Non sarebbe piu' il caso, allora, di insistere nel rinviare ad improbabili equilibrismi esegetici, atti a mostrare la natura meramente allegorica e metaforica dei sonni e dei sogni danteschi. Dante è un uomo che scrive un libro nel quale racconta di essersi perso in un bosco e di essersi ritrovato, senza sapere come, nell'aldilà e di aver visitato in compagnia di Virgilio l'inferno e il purgatorio, e poi il paradiso in compagnia di Beatrice, una ragazza che lui aveva amato, morta dieci anni prima, e alla fine di aver visto Dio da vivo (concetto ripreso dal suo maestro Averroe'). Cosa si deve pensare? Con Dante è tutto sempre più complicato, man mano che lo si approfondisce. Perché Dante non dovrebbe essere un malato che racconta la sua malattia? Eppure, i "nove di' " di amarissima pena sembrano alludere alla simbologia del numero 9, dilagante in tutto il libro della Vita Nova, dove il poeta parla di una malattia che lo immobilizza a letto: da questa infermità, narra lo stesso Dante, nasce tutta una immaginazione funebre che il lettore del libro ricorderà bene. Si tratta di un'esperienza reale, di una malattia reale trasformata in simbolo? Perché nella Visio Alberici, un testo che Dante probabilmente conosceva, si legge un passo sorprendentemente simile a quello della Vita Nova? Un altro modo, questo, di poter rileggere la Commedia nel tentativo di cambiarne in maniera sensibile l'interpretazione tradizionale, ma che mette subito in sospetto: possibile che generazioni di critici e di interpreti non abbiano visto la verità che emerge dopo rinnovati studi ? D'altra parte le idee su Dante non cessano di germinare nella mente di chi lo avvicina.
Casalino Pierluigi 

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