Aspettando Globot



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Da: Angelo Giubileo

Aspettando Globot

Secondo Parmenide, il tempo non esiste (Fr. 7/8, vv. 9; 37-38). Scrive infatti Giovanni Cerri: "L'Essere non conosce processi di trasformazione, di perfezionamento progressivo, perché è perfetto in senso assoluto, senza passato o futuro, eternamente presente, dunque senza tempo (la trasformazione e il perfezionamento presuppongono il tempo, il tempo presuppone la trasformazione (v. 9) … L'Essere, l'Universo, in quanto costretto nei legami dei limiti imposti dalla Necessità fisica (v. 35 sg.), non può essere 'inadempiuto', 'imperfetto', altrimenti non sarebbe autosufficiente. E' un sistema conchiuso. Questo concetto prelude a quello di 'finitudine', anche spaziale, che sarà enunciato ai vv. 47-49, ma, a stretto rigore, si parla ancora soltanto di perfezione, sistematicità, più come negazione del divenire che come negazione dell'infinità spaziale" (1999).

Platone dirà sinteticamente che Parmenide "ha congelato la realtà", comprendendola in un Essere spazialmente "compiuto" (Fr. 7/8, vv. 47-48). Così che, ancora Giovanni Cerri scrive: "Viene (vv. 47-48) ripreso il concetto della compiutezza dell'Essere: finora (vv. 9 sg.; 34-38) era stato angolato prevalentemente dal punto di vista del tempo (nel senso dell'atemporalità) e del divenire (nel senso dell'immutabilità); ora ne viene sottolineata la dimensione spaziale (nel senso della non infinità, della finitudine). Si deve inoltre notare che, mentre nelle due precedenti occorrenze era stato espresso nella forma della doppia negazione ('non incompiuto'), è qui espresso per la prima volta in forma positiva ('è compiuto, finito, circoscritto')". E' interessantissimo notare come il termine qui usato da Parmenide è PEIRAS, la cui derivazione risale allo stesso termine preceduto dall'a-negativa, A-PEIRON, da cui Anassimandro fa derivare il discorso logico o il pensiero scientifico dell'Essere (G. de Santillana, Le origini del pensiero scientifico, 1966). Su questa esatta comprensione dello spazio fisico, Giorgio de Santillana scrive: "Se teniamo la mente 'monda di pregiudizi', come suggeriva Bacone, e cerchiamo di definire x unicamente dal contesto, troveremo che esiste un altro concetto, e solo quello, che può sostituirsi a x senza generare assurdità o contraddizioni, e questo concetto è il puro spazio geometrico stesso, per il quale i Greci non possedevano ancora un termine tecnico" (Fato antico e fato moderno, 1985).

Per Parmenide, il termine è per l'appunto "Essere" del quale però non è possibile dire altro che una parola che: "è" (Fr 7/8, vv. 6-7). Una parola o un termine senza predicato, nemmeno quello relativo all'esistenza che in alcun modo rimandi ad altro termine contrario come quello della non-esistenza. E' questa la ragione essenziale per cui Parmenide dice anche che l'essere è e non è possibile che non sia, il non essere non è e non è possibile che sia né è possibile pensarlo: unità indistinta di "potenza" e "atto" secondo la terminologia assunta da Aristotele nel contesto del discorso viceversa logico e dialettico assunto a fondamento di un rinnovato pensiero scientifico, così come interpretato e correttamente inteso da Giorgio de Santillana nel saggio originale del 1961.

Infatti la logica nasce come discorso di relazione tra due "grandezze": di tipo geometrico (logica dialettica che Platone direttamente o indirettamente fa risalire a Socrate) o matematico (logica pitagorica, che nasce dalla generazione del limite dall'illimite). In entrambe le forme, il discorso logico è tuttavia assiomatico e incompleto (Gabriele Lolli, Da Euclide a Godel, 2004).

Ma: è esattamente ciò che "i nostri progenitori più antichi", come li chiama Aristotele nella Metafisica (cfr. G. de Santillana-Herta von Dechend, Il mulino di Amleto, 1983) in qualche modo conoscevano già ovvero il valore relativistico di ogni termine assunto come postulato o assioma del discorso e la conclusione che ogni giudizio da parte dell'uomo non può che essere sospeso (dottrina dell'epochè) e quindi necessariamente incompleto (Plutarco, adversus Colotem,2014).

Oggi distinguiamo tra pensiero "intuitivo" o "inconscio" (Sigmund Freud) e pensiero "consapevole" o "conscio". Ma: gli stessi Platone e Aristotele, che potremmo dire 'i padri' della logica discorsiva, sostenevano che ogni discorso nasce dall'"idea" (cfr. teoria delle idee) o dallo "stupore" o "meraviglia" (in greco TAUMAZEIN); così come, allo steso modo, il discorso della matematica nasce da ciò che anche comunemente chiamiamo "intuizione". In proposito, Tobias Dantzig descrive con alcuni esempi come l'essenza cardinale del numero derivi dall'evidenza di un'intuizione spaziale (T. Dantzing, Numero, 2018).

Il pensiero scientifico avrebbe dunque posto in risalto una maggiore capacità del pensiero "logico" rispetto al pensiero "intuitivo" o "mitico" (erroneamente supposto "para-logico"), tanto da generare una presunzione, confermatasi anche oggi arbitraria ed errata, che il pensiero logico (cd.) dell'uomo avesse una matrice qualitativamente diversa (mente o spirito) e superiore rispetto alla logica o essenza, animata o inanimata, della Natura o Materia o Energia cosmica (Jim Baggott, Massa, 2019). Così che, l'origine del pensiero scientifico rappresenta pertanto quell'origine più remota del periodo della storia della natura che oggi chiamiamo "Antropocene".

Oggi, Amelia è un globot. Scrive Richard Baldwin: "Amelia lavora presso gli help desk online e telefonico della banca svedese SEB. Bionda e con gli occhi azzurri, come ci si potrebbe aspettare, ha un'aria sicura di sé e un sorriso accattivante. Sorprendentemente, Amelia lavora anche a Londra per Borough of Enfield e a Zurigo per UBS. Amelia può apprendere un manuale di trecento pagine in trenta secondi, parla venti lingue e può gestire migliaia di chiamate simultaneamente. Amelia è un 'robot colletto bianco'" (2020). Nel saggio (Rivoluzione globotica), Baldwin scrive che dal 2016 i computer sono diventati più capaci degli uomini nell'esecuzione di alcune operazioni mentali istintive e inconsce: riconoscimento vocale, traduzione linguistica, individuazione patologie dall'analisi radiografica. In generale, già oggi le macchine sono capaci di assolvere, mediante il metodo algoritmico, alla funzione "intuitiva" della mente umana, sono cioè capaci di apprendere velocemente e imparare dall'esperienza. Ciò che non sarebbero ancora capaci di fare è: "ragionare, pianificare, risolvere problemi, pensare astrattamente, comprendere idee complesse" (pagina 129). Ma: nel corso dell'analisi e dello sviluppo dello stesso saggio, l'autore si contraddice. Forse, nel tentativo di non abdicare a quel principio di superiorità, di cui abbiamo detto e nel quale l'uomo piuttosto ancora crede.

Infatti, nel prosieguo del testo, la logica dell'"apprendimento automatico" (cd.) sembra dimostrare piuttosto l'esistenza di un meccanismo basilare comune a entrambe le forme di pensiero conscio e inconscio, così che la superiorità del pensiero "consapevole" finisce con il rappresentare piuttosto una mera e vana illusione, che serve a un fine particolare anche quando alcun fine generale sembra destinato a esser-ci (Heidegger). Ciò che accade in ordine alla nostra mancata comprensione dei fenomeni "quantistici" rivela ciò che accade anche per la comprensione dei fenomeni "relativistici": ciò che effettivamente noi umani comprendiamo è il 'come' ma non il 'perché' l'uno o l'altro sistema funzioni (Gabriella Greison 2016).

E allora Baldwin scrive ancora: "Questa forma di apprendimento automatico potrebbe rivestire importanza in futuro, ma per ora è problematica. Una delle altre cose che Google Brain ha identificato come una 'cosa' sembrava una combinazione di un divano e una capra. Nessuno sa davvero a che cosa stesse 'pensando'" (pagina 177). Così come neanche noi sappiamo cosa pensiamo quando identifichiamo una 'cosa' che chiamiamo 'Dio'.

Nell'attualità, gli sviluppi della scienza globotica conducono a ciò che definirei un "paradosso dell'intelligenza cognitiva", in base al quale una superiorità dell'uomo sulla macchina, dell'umano sull'IA è oggi ancora dovuta a una migliore capacità umana di assolvere ad attività di tipo inconscia o intuitiva: creatività, identificazione di nuovi schemi, ragionamento logico/soluzione di problemi (McKinsey Global Institute 2017). A tale proposito Baldwin: "Gli esseri umani sono (…) migliori dei robot-colletti bianchi nelle attività che implicano situazioni in cui i problemi non sono chiari, le probabilità di successo sono difficili da quantificare o gli esiti non sono univoci. L'IA non può apprendere senza grandi masse di dati, perciò i compiti che per essere svolti non richiedono molti dati rimarranno in mani umane" (pagina 270). E tuttavia, si tratta di una diversa capacità che non dovrebbe durare a lungo. La stessa McKinsey prevede che l'evento della "singolarità" (cd.), ovvero il giorno in cui il Globot si dimostrerà più capace dell'uomo, avverrà tra circa mezzo secolo.

Nel corso di questa nuova attesa messianica - in pratica: aspettando Globot -, noi umani continueremo a fare esperienza del cosiddetto "dilemma sociale" (Joshua Greene, 2015), a cui ci ha condotto l'evoluzione dopo un'esperienza plurimillenaria: "Greene sostiene che esistono due forme basilari di 'sistemi di affinità' che forniscono due soluzioni molto diverse al problema fondamentale". Che è rappresentato dalla scelta amletica di "essere o non essere". Continuando: "Una parte di società lo risolve con una forte tendenza tipicamente umana a fare gruppo (…) Un altro tipo di società risolve il problema con vincoli esterni che coordinano e reindirizzano l'individualismo (…) La maggior parte delle società si affida a una combinazione di entrambe le suddette soluzioni" (Baldwin cit., pagina 292, s.). Ma, al di là di tutte le soluzioni possibili, "di via resta soltanto una parola, che 'è'" (Parmenide).

Angelo Giubileo