Space Renaissance/Adriano Autino Salvia e rosmarino
Adriano Autino
SALVIA E ROSMARINO
Non sono un virologo e, dopo tre mesi di tutto e il contrario di tutto, non sono riuscito a capire quali siano le strategie vincenti contro la pandemia. Sembra che l'isolamento e la chiusura diano risultati, nel piegare la curva dei contagi.
Ma la strategia preventiva del fare tempestivamente tamponi a tutti, e curare la malattia fin dai primi sintomi, dove è stata applicata, ha contenuto enormemente il numero delle morti. Sembrerebbe logico che abbassare il numero dei morti sia ancora più importante, rispetto al contenere i contagi. Quindi non si capisce perché, visto che i vincoli del 2% della spesa pubblica sono ormai storia passata, non si sia adottata a tappeto la strategia test e prevenzione, su tutto il territorio nazionale. Magari esistono metodi più sofisticati (tracciamento mediante telefoni cellulari, ecc…), ma quando il tempo stringe si deve subito mettere mano alla zappa: tamponi per tutti, e potenziamento delle strutture di terapia intensiva.
Stupidamente questo non è stato fatto, neanche dopo gli esempi positivi (Germania, Veneto). Ovviamente nel nostro paese ha pesato molto anche il massacro della sanità pubblica perpetrato per decenni. E così abbiamo avuto più di 32000 morti, per la maggior parte nonni, la cui saggezza ed il cui affetto ci mancheranno molto. Non mi sono iscritto ad alcun partito complottista, ma rilevo un deficit filosofico fondamentale, come argomenterò più avanti.
Ma, se ci vogliamo incazzare, non ci mancano certo altre occasioni. Il caso ha voluto, nei giorni scorsi, che si verificasse un odioso confronto: 3 miliardi per l'imbalsamazione del cadavere dell'Alitalia, e solo 1,5 miliardi alla scuola. Della ricerca scientifica nessuno parla. E certo, adesso c'è un'emergenza, chi se ne frega della scuola e della ricerca? Ma porc…! Siamo in un momento in cui si può spendere senza preoccuparsi di pesare gli spiccioli col bilancino, chiunque si sforzi di guardare appena più in là del proprio naso si esercita in voli pindarici sul come usare questa crisi per cambiare i modelli sociali, e a nessuno viene in mente la cosa più ovvia?? Per qualsiasi progetto sociale innovativo due sono le cose essenziali: la scuola e la ricerca. La scuola e la ricerca. La scuola e la ricerca. Ci siamo? Vi siete fatti un quadro, sia pure rudimentale? Metteteci dei soldi, cazzo!
Invece no. Il governo non ce li mette. Sembrerebbe una cosa facile che qualsiasi governo, che voglia minimamente distinguersi dalla melma "piangi e fotti" precedente, dovrebbe poter fare in due giorni. Ma no, 3 miliardi all'Alitalia, ed 1,5 alla scuola. Zero alla ricerca. Perché? Rimando al deficit filosofico fondamentale, già citato.
Ultima cosa, che però mi ha veramente fatto andare fuori dai gangheri, è stata un'intervista, che ho sentito ieri su radio 3 rai del pomeriggio, a Luca Mercalli, il noto meteorologo, climatologo e quant'altro previsto nel catalogo delle lauree mai conseguite. Ancorché noto esponente NO-TAV. Non sono nuovo ad incazzarmi quando sento Mercalli, perché incarna tutto ciò cui sono ferocemente contrario, e rischia di vanificare anni di paziente tentativo di capire le ragioni degli ecologisti, e provare a dialogare, anziché contrappormi sempre.
Euforico, vispo, in gran forma ed entusiasta di questo "bellissimo esperimento ecologico" come definisce la crisi mondiale determinata dal coronavirus. Ma porca puttana! lo sai che ci sono più di 300000 morti nel mondo, ad oggi?? Ma tira giù la cresta, e vergognati!
Secondo Mercalli "il virus ci sta insegnando cos'è il superfluo", ad esempio viaggiare in aereo… a cosa ci servirà mai, quando possiamo starcene fermi in casa, guardando il mondo dagli schermi televisivi e dei nostri computer? E ci mancava proprio, qualcuno che ci dicesse cos'è superfluo, di cosa dovremo fare a meno, pur di continuare ad ammassarci contendendoci i centimetri in un mondo ostinatamente chiuso!
Ma non è neanche così. E qui veniamo al deficit filosofico cui accennavo all'inizio di questa breve nota. È chiaro che a Mercalli e tutto il variegato mondo degli ideologi decrescisti, primo fra tutti il loro guru Latouche, non importa una beneamata dei morti. Non prendono lontanamente in considerazione l'espansione civile nello spazio, vale a dire l'unica soluzione che permette di salvare la capra (cioè gli umani ) ed il cavolo, cioè l'ambiente naturale del Pianeta Terra.
Mi chiedo da almeno trent'anni perché gli ecologisti non capiscono che dovrebbero essere loro i primi a promuovere l'espansione.
La risposta a questo perché sta appunto nel deficit filosofico. La maggior parte degli ecologisti sono convinti di essere anche umanisti, e manco si interrogano sul nesso logico esistente tra la crescita in un mondo chiuso, il degrado ambientale ed i conflitti per le risorse.
Quei pochi (gli ideologi) che invece considerano tale nesso, evidentemente trovano molto più semplice, nella loro ignoranza, ammazzare qualche miliardo di persone, o lasciare che a fare lo sporco lavoro siano pandemie e catastrofi ambientali varie, piuttosto che affrontare il problema razionalmente, mettendo a frutto tutto il grande sapere scientifico e tecnologico fin qui accumulato, per vincere la più grande sfida di tutti tempi: uscire dal pozzo gravitazionale terrestre, cominciare ad espanderci nel sistema solare.
Il deficit filosofico sta proprio qui: mancanza di solidi concetti umanisti.
Non ci illudiamo, questo deficit riguarda tutte le correnti ideologiche. Ormai schifato sia dalla destra (per la quale non ho mai parteggiato) sia dalla sinistra, ormai iscritta al partito decrescista, avevo sperato nei neo-partitini libdem (+Europa, Azione, ...), ma anche lì vedo che ci sono poche idee e ben confuse. Soprattutto mi delude molto vedere che puntano ad una collocazione centrista, il che significa che considerano ancora questa destra e questa sinistra dei punti validi di riferimento. Ed anche loro, sembrano ancora convinti di vivere nel vecchio mondo. Pur nella contingenza attuale, non profferiscono verbo in difesa della scuola, della ricerca, di uno sviluppo industriale che punti in alto, verso lo spazio.
Se non ci tieni alla vita, al futuro, alla salute, ai diritti, compreso il diritto al superfluo, di 8 miliardi di persone, non ti serve lo spazio. Non ti serve la scienza, e neanche la scuola. Ti basta vivacchiare, raccontando la favola dell' "esperimento ecologico" e di rinascite impossibili. Più tardi avrai quello cui tanto aspiri: una vita da animale, ma non certo in un'improbabile armonia con la natura, bensì di nuovo in balia della natura, come i nostri antenati, secoli e millenni fa. Ma probabilmente peggio, perché i nostri antenati lavoravano e speravano per il progresso, non per la regressione.
Personalmente sono quasi stufo di continuare a ripetere l'ovvio. Se l'ovvio non sarà compreso da una buona percentuale di terrestri, massa critica capace di imporre la necessaria svolta, vorrà dire che l'impulso evolutivo si è spento, nella nostra specie, che ci meritiamo tutto quello che verrà, e che il gettone del salto evolutivo verso lo spazio la natura lo passerà ad un'altra specie, più piccola, e più numerosa. Perché la natura, quella vera, non quella caricatura che ne danno certi ecologisti, non si arrende, e certamente non è umanista: che sia la nostra specie o un'altra, a vincere la sfida ed a riprodurre il bioma terrestre nel cosmo, poco importa.
Dalla parte della nostra specie potremmo essere solo noi umani, se ne fossimo capaci.
Nella foto: la mia salvia sul balcone, mai stata così bella!
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