1930. Inizia in Italia il nuovo capitolo del mercato artistico.

Con il 1930 la promozione dell'arte in Italia subì un'accelerazione nuova e positiva, attraverso una progressiva rigenerazione del mercato e dello stesso collezionismo: in quest'ultimo si fece strada una diversa sensibilità, più portata all'importanza dell'acquisto che alla ricerca preventiva della firma o del soggetto. Un vero e proprio criterio di mercato che si andò affermando, informando si sé l'intero mondo dell'arte nel nostro Paese. un clima, dunque, che andava incontro al gusto di innovazione della clientela e degli altri operatori del settore. Cominciava a prendersi coscienza dei limiti del marcato artistico italiano e dell'esigenza di ampliarne i confini sul piano internazionale. D'altra anche lo Stato fascista, centralizzando il sistema delle esposizioni d'arte, mirava ad allargare il numero dei partecipanti, incoraggiando i giovani artisti e incoraggiando i talenti emergenti e "novatori". Il Fascismo, nonostante la sua vocazione centralistico-pubblica, non assunse mai una posizione di rifiuto del mercato privato, anzi si preoccupò sempre che il valore sociale dell'opera venisse riconosciuto, grazie anche ai nuovi meccanismi di circolazione dei lavori artistici. Non fu un caso che lo stesso Mussolini chiamasse a dirigere il giornalista e mercante d'arte Pietro Maria Bardi a dirigere una galleria romana direttamente finanziata dal Capo del governo, ma improntata ad una gestione di tipo privato: un esperimento culturale inteso come un fatto imprenditoriale. Negli Anni Trenta i galleristi godettero di un clima favorevole sia per reperire le risorse, che per investire queste ultime in attività commerciali, un modo moderno di fare arte, di acquistarla e di venderla, considerate le sinergie che intorno a tale processo stavano convogliandosi. Anche il design e la scenografia si fecero strada nel piano espositivo. Un universo di iniziative si concentravano sul momento galleristico, a partire dalla pubblicazione di un bollettino specifico per arrivare all'avvio di un dibattito critico di notevole livello professionale. Tra gli ospiti importanti che si inserirono in questa teoria innovativa, si ricorda lo stesso artista russo Kandinskij, ma non si può dimenticare quanto efficace fu, in tale contesto, il rilancio di autori come Carrà e De Chirico. Alla fine del decennio il sistema delle gallerie aveva ormai assorbito il meglio dell'arte contemporanea, trovando un prezioso alleato in Giuseppe Bottai, al quale si deve di aver gettato le basi di una moderna politica artistica, ancora oggi, per certi versi, insuperata. E fu anche Bottai che, avvicinandosi le ombre minacciose della guerra e di tristi connubi politici internazionali, non mancò di dare voce alle perplessità e alle inquietudini degli artisti emergenti, cogliendone le ansie e le speranze in un futuro migliore.
Casalino Pierluigi, 20.10.2013