La riscoperta di Kazimir Malevich, imperatore dello spazio.
1915. Albert Einstein presentava a Berlino la teoria della relatività generale della relatività e le proprietà dello spazio-tempo. In Russia, nel frattempo muovevano i primi passi sia la teoria della magia della parola e della quarta dimensione del linguaggio di Pavel Florenskij, che la visione suprematista di Kazimir Malevich. Nella suggestiva cornice di San Pietroburgo, quest'ultimo inaugurava la seconda mostra di pittura futurista insieme ad altri amici e colleghi, tra i quali Tatlin. Al centro di quel fortunato evento stava quella che sarebbe divenuta l'icona del suprematismo, IL QUADRATO NERO SU FONDO BIANCO, che proponeva, tra ansie rivoluzionarie e ricerca di nuove suggestioni realistiche, un modello inventivo destinato a cambiare dal profondo l'arte e l'estetica moderna. La complessa vicenda privata e pubblica di Malevich viene ricostruita in questi giorni in una mostra dedicata alla sua arte, in corso ad Amsterdam fino al 2 febbraio 2014. Si tratta di una personale di straordinario richiamo che ripercorre le tappe della vita e della carriera dell'intellettuale russo, segnandone i momenti salienti. Nell'occasione viene offerta alla critica e al pubblico una speciale antologia delle opere dell'autore, accentrandosi sul suo tentativo di proclamare la supremazia della sensibilità sull'arte così come descritto nella sua opera più famosa. Al pari di Florenskij, se pur non animato dalla stessa ispirazione provvidenzialistica, Malevich è impegnato in una poderosa avventura palingenetica e interpretativa del mondo, ricavando molte delle sue istanze dall'universo popolare e fantastico della Russia. L'evento olandese costituisce un autentico viaggio nell'animo di Malevich, rappresentandone il misticismo, il linguaggio cosmico, il lascito di cultura russa in lui radicato, i legami passionali fino all'estremo con le avanguardie, le sue memorabili simbologie geometriche e cromatiche, così come si colgono nel suo celebrato capolavoro e cioè fluttuanti nella tela come immagine del muoversi nel mondo. Malevich aderì subito con entusiasmo al regime sovietico, pur non condividendo a pieno il dogma che l'arte dovesse porsi al servizio della società o peggio del potere nuovo principe a cui dovere obbedienza. Malevich non rinunciò mai alla sua libertà interiore e alla sua verve creativa, non seguendo l'esempio dell'amico Tatlin che sposò con la sua concezione costruttivista le tesi ormai imperanti del realismo socialista. Grande, infatti, fu la sua delusione, quando, nel 1928, Stalin bandì l'arte astratta e impose ufficialmente il ritorno al realismo e al figurativismo. Malevich venne destituito dall'Istituto Statale della Cultura e subì il carcere. Tornò poi al realismo, ma lo interpretò con i colori brillanti del suo stile e con il recupero di motivi impressionistici geometrici e larvatamente astrattisti calati con voluttà nei ritratti di contadine dai grossi fazzoletti rossi in testa. La mostra di Amsterdam rivive le atmosfere che lo accompagnarono fino alla morte, avvenuta nel 1935, evocando anche i suoi disegni per costumi e scene. In particolare trova spazio la parte da Malevich svolta a favore delle musiche di Matyush, libretto di Kruchenyikh, dove un fantomatico Gruppo del Futuro rapisce un astro infuocato, simbolo dello zar.
Casalino Pierluigi, 28.10.2013