di Casalino Pierluigi, 18.02.2016. Un gruppo di scienziati (viziati
sicuramente da un errore di fondo),come riportato da un'autorevole
rivista scientifica britannica,proclama, udite l'assunto, che Dante
era un narcolettico. Si trattadell'ennesima scempiaggine,
o costruzione sul nulla, trovata sulla
strada da improvvidi studiosi della psiche dantesca, al pari di quelle
scaricate sul cadavere ancora caldo del Sommo Poeta (e delle sue
opere) dall'Inquisizione: cioè travisare e condannare Dante non solo
di eresia, ma anche di criminali distorsioni intellettuali, per poi
rivalutarlo come erano soliti fare i censori di regime del socialismo
reale. I ricercatori di Zurigo brillano, invero, per poca fantasia,
una pochezza, questa, che non sa interpretare l'intuizione profetica
pre-futurista dell'Alighieri e della sua straordinaria capacità di
leggere l'ansia di conoscenza dell'uomo. Il viaggio di Dante che
trascende il reale per solcare l'invisibile (vedi in proposito su
Asino Rosso il mio "L'invenzione del Paradiso, Casalino Pierluigi",
2011), rivisitando le dimensioni del cosmo e proponendoci il grande
principio dell'immortalità del sapere. Rifacendosi, infatti, al suo
grande maestro Ibn Rushd (l'Averroè dei latini), Dante ci trasmette
l'insegnamento del filosofo arabo-andaluso: "Solo chi pensa sarà
immortale". In Ulisse Dante esalta il sentimento dell'ardimento umano,
rappresentandoci il valore eccelso dell'ascesa verso la luce, quella
luce della ragione che, come la nottola di Atena, per dirla con Hegel,
si leva al calar delle tenebre. Quelle tenebre che sembrano offuscare
le menti "da morti di sonno" degli scienziati di Zurigo. Il genio di
Dante - e di più il magico sonno di Dante - del resto non è misurabile
certo attraverso indegne vivisezioni e/o masturbazioni psichiatriche,
ma rischia purtroppo di subire a sua volta le sevizie a cui fu
sottoposto dai medici stalinisti il cervello di Majakovskji.