Eraclito e il senso della sua lezione

Una delle più gravi perdite che la storia della filosofia antica abbia subito è quella del libro che si dice che Eraclito avesse depositato nel tempio di Artemide nella natia Efeso. I contemporanei trovavano l'opera sua quasi incomprensibile, e l'autore non ebbe né la capacità, né il desiderio della divulgazione. I frammenti che ci rimangono sono numerosi, ma brevi e slegati., e questo pare fosse il suo modo abituale di esprimersi; quindi i contemporanei erano esposti non meno di noi al pericolo di fraintenderlo. Tuttavia, molti pensatori successivi, stoici, cristiani, hegeliani o marxisti derivarono qualcosa da lui, e la raccolta dei detti pungenti e paradossali che ci è pervenuta è stata oggetto di studio approfondito. Però nei frammenti c'è ben poco che sia direttamente politico, sebbene si dicesse che una delle tre parti del suo libro trattava "tò politikòn". Eraclito era un intellettualista e un individualista. L'intelligenza, egli pensava, è comune a tutti gli uomini, è parte dell'eredità umana, ma in pratica pochi se ne servono. Un uomo che abbia cervello (e intelligenza) ne vale diecimila, ma deve trattarsi di cervello, non di nozioni mandate a memoria. L'intelligenza si deve basare su una forma di intuizione che innata nell'uomo per sua stessa natura. E' anche qualcosa che è al di sopra e aldilà dell'uomo, alcuni la chiamano Zeus, il che equivale a limitarla falsamente. Sebbene fosse altezzoso e conscio della propria intelligenza, egli dice:"Non ascoltate me, ma il Logos". L'uomo intelligente ha il potere che l'intelligenza gli procura, ma non è libero di agire come vuole; deve avere il controllo di sé e non cede al piacere, perché nulla è più nemico dell'intelligenza quanto l'indulgere a se stessi, che rende le menti umide e molli, anziché sode ed asciutte. L'individuo, inoltre, è responsabile delle proprie azioni, non può biasimare la divinità per i difetti del proprio carattere. Muovendo da tale principio etico, non c'è da sorprendersi che Eraclito riversi il suo disprezzo sui concittadini che avevano bandito un certo Ermodoro, uomo benemerito e di notevole abilità; tale provvedimento gli appariva quanto mai assurdo. Nella filosofia eraclitea, quindi, la teoria della lotta degli opposti può avere una portata politica, anche se non è chiaro perfettamente che cosa sia, se non di essere quella spinta straordinaria che muove la storia e la scienza, oltre che la politica, aspetti di un'unica realtà.  E la scienza non è altro che lo spirito che anima tale dinamismo nella prospettiva del futuro dell'uomo.
Casalino Pierluigi, 5.06.2014