IL RAZIONALISMO DI AVERROE' (IBN RUSHD)

Il razionalismo di Averroè fu sostenuto da studiosi importanti come Renan e Gauthier, ma anche da altri più recenti come Cruz Hernandez. Tale assunto è certamente fondato, anche se non va del tutto sottovalutato l'influsso della cultura islamica sul pensatore cordovano. In proposito Averroè (Ibn Rushd) è piuttosto categorico: e non solo nella sua Incoerenza del'Incoerenza, ma anche e soprattutto nell'altra sua opera Lo Svelamento dei Metodi di Prova Concernenti i Principi della Religione. "I metodi per mezzo dei quali la rivelazione divina chiama gli uomini a riconoscere l'esistenza di un Creatore e a negare la divinità di ogni altro essere...si riassumono nella formula monoteista del credo islamico, non vi è altro Dio (la^ ila^h illa^ Alla^h). Chi esamina questa formula e ossequia le idee che contiene, facendo uso del metodo che abbiamo spiegato, è il vero musulmano, e la sua fede è la fede islamica", scrive Averroè. Per il filosofo arabo la questione della "verità" si deve spostare sul piano del linguaggio: dunque esiste una verità che la varietà dei linguaggi denuncia secondo una coerenza di esiti semantici. Le prove dell'esistenza di Dio sono giudicate da Averroè metodologicamente simili per il volgo che per i sapienti, perché sono state  promosse dai profeti e sono prove giuridicamente fondate, i filosofi hanno però il merito di saperne di più, di essere più precisi e puntuali, oltre a saper ricorrere al linguaggio dimostrativo più adeguato. La questione della realtà, secondo Averroè, resta al contrario di quella della verità sostanzialmente impregiudicata. Com'è nato il mondo allora? Ha avuto inizio nel tempo o no? La domanda non trova risposta nella realtà, poiché, anche se il filosofo pare ritenere diversamente, non può non averla sul piano razionale della corrispondenza di fatto tra il linguaggio che esprime la verità e l'essere. E' stato rappresentato più volte che l'epistemologia di Averroè si fonda sulla corrispondenza diretta, quasi speculare, tra pensiero ed oggetto pensato. La differenza tra gli uomini per Averroè è un segno della misericordia di Dio. I filosofi, infatti, non debbono comunicare il loro sapere a gente impreparata, in quanto si scatenerebbero odi di parte e miscredenza (l'esperienza di questi nostri giorni ci dimostra quanto attuale sia questa lezione del filosofo andaluso se si esamina l strumentalizzazione della religione islamica a fini politici portata avanti da ambienti che giocano con non meditate considerazioni settarie). I filosofi, consapevoli della provvidenzialità della decisione divina (molto di Aristotele e di Platone si coglie in queste posizioni), devono adeguarvisi, ponendosi a custodi della verità più autentica, quella speculativa. La convergenza delle conoscenze, pertanto, è trasportata su un piano prima sociologico e poi giuridico. Nel Trattato Decisivo è fondamentale il tema dell'igma^', il consenso comunitario, una delle categorie essenziali del ragionare giuridico e politico dell'Islam. Il consenso comunitario è valido per le questioni pratiche, ma non per quelle teoriche. L'allegoria o ta'wi^l, l'esercizio interpretativo sui testi sacri non immediatamente intellegibili, come quelli che parlano degli attributi di Dio o dei più segreti principi naturali, è riservato ai filosofi e non dedicato agli incompetenti, con conseguenze negative sulla pace sociale e sull'accendersi di scontri tra sette. Le ambiguità epistemologiche del pensiero averroistico, peraltro, emergono inevitabilmente dalla volontà di conciliare in un'unica  posizioni sostanzialmente inconciliabili. Si apre così il discorso della cosiddetta interpretazione esoterica della filosofia di Averroè. L'interpretazione esoterica afferma che i filosofi islamici furono per ragioni diverse costretti a ricorrere ad un espediente simile a quella che nell'Europa latina del XIII secolo sarebbe stata chiamata la "doppia verità". L'autenticità della loro fede religiosa sarebbe dunque opinabile anche per difendersi dai loro nemici (Averroè per arginare gli attacchi dei giuristi malikiti troppo conservatori) pervadendo di religione le conclusioni filosofiche prevalentemente contrarie al dettato della rivelazione e ai dogmi di fede. Un esempio della rilevanza di questa prospettiva esegetica per una decodificazione del pensiero islamico consiste nella descrizione della struttura del cosmo indicata da Averroè nella Incoerenza dell'Incoerenza. Discutendo il principio filosofico di tipo neoplatonico che dall'Uno non può procedere altro che l'uno, al-Ghaza^li descrive con minuzia di particolari il cosmo filosofico di al-Fa^ra^bi^ e di Avicenna (Ibn Sina^), un cosmo dove predomina l'idea di gerarchia e ci dice che tali proposizioni rischiano di portare lontano dai fondamenti dogmi dell'Islam. Averroè, da parte sua, prova un certo imbarazzo a prendere le distanze dalla dottrina che dal'Uno non può provenire altro che l'uno, tesi da lui non difesa, ma che è tanto stringente dal punto di vista filosofico quanto contestabile dal punto di vista religioso. Averroè rifiuta come non filosofico l'emanatismo neoplatonico di Avicenna e di Alfa^ra^bi^, salvo poi descrivere una realtà cosmica in cui vige un ordine ferreo di provvidenza divina e di logica necessità, e in cui gli esseri immateriali, Intelligenze separate o angeli, garantiscono, proprio grazie alla loro esistenza perfetta di sostanze immateriali eterne, il funzionamento di gran parte del cosmo. Le Intelligenze sono motori pensanti: i filosofi e i teologi concorderebbero quindi nell'intendere Dio come una sostanza incorporea e separata, che agisce senza intermediari, solo che i teologi lo farebbero assomigliare troppo all'anima, identificandolo con l'anima universale neoplatonica. A questo punto giova però sottolineare che Averroè richiama spesso il dettato coranico a comprovare le idee che, se pur volle mimetizzarle con la maschera della religione, restano in ogni caso filosofia, e filosofia al più alto livello. Averroè credeva sinceramente in una convergenza della Rivelazione con il dettato razionale, anche se per provarlo doveva formulare tesi potenzialmente ambigue. L'interpretazione esoterica, per concludere, non rende giustizia del pensiero averroistico, che invece trova difficoltà a rendere coerenti proposizioni spesso opposte. Il razionalismo di Averroè è certamente un assunto autentico, sia per la sua eredità intellettuale trasmessa all'Occidente (alla quale non sono estranei San Tommaso d'Aquino e Dante Alighieri), ma anche per il suo tentativo, di credente, di salvare la fede di fronte al suo tentativo di interpretare il mondo con la ragione.
Casalino Pierluigi, 29.06.2014