Il senso della filosofia della scienza. Il pensiero di Paul Freyerabend (1924-1994)

E' stato considerato il guastafeste della filosofia, il teorizzatore della filosofia della scienza contemporanea, attraverso un'intuizione tutta originale e dissacrante. Paul Freyerabend era solito dire che "tutto va bene", sorprendendo le coscienze con la sua arguta analisi post-lucreziana da allievo degenere di Popper, fissando i paletti di un nuovo modo di fare epistemologia. E l'epistemologia vive, anzi rivive con lui un processo di rivisitazione del suo essere tale, una stagione eccentrica di interpretazione sui generis della scienza. Dire che Freyerabend era un eretico della filosofia della scienza è dire qualcosa che può avvicinarlo ad un rivoluzionario del metodo scientifico. Quali strategie devono applicare, dunque, gli scienziati per giungere alle loro scoperte? La domanda non è nuova, ma in questo straordinario eterodosso del pensiero diventa catartica. Anzi provocatoria. La risposta, infatti, assume il carattere della sfida: ogni mossa è possibile, ogni mossa è lecita, dunque. L'esame storico dei comportamenti reali dei grandi pensatori mostra come le più importanti scoperte della storia della scienza sono state fatte, violando, con atteggiamento simile a quello di Prometeo, e non rispettando quelle che erano state considerate le regole del corretto metodo scientifico. Così, per Freyerabend, quando Galileo cercò di convincere i suoi contemporanei che è la terra che gira intorno al sole, secondo l'insegnamento copernicano, e non viceversa, egli infrange con consapevole cinismo e scaltrezza, ma anche con audace spirito innovatore, le regole metodologiche del'aristotelismo ed usa i trucchi della propaganda, della persuasione dei moderni media, per trascinare dalla sua il pubblico, recitando a soggetto, non lesinando colpi bassi e falsificazioni degne della più sofisticata tecnica di regime, allo scopo di far trionfare la sua verità. E ciò risiede anche la sua genialità, assicurandosi quel successo insperato che, nonostante i tribunali dell'Inquisizione, raggiunse con conseguenze straordinarie per il corso delle conquiste scientifiche. Per il "dadaista" Freyerabend, come egli stesso si definisce, le pretese della filosofia di fissare regole logiche  a priori per il procedere della scienza è l'esempio di un mito da abbattere, quello della possibilità di fissare criteri a-storici di razionalità, una serie di passi obbligati, attraverso i quali si giunge alla verità. Se le tesi di quest'ardito dell'epistemologia subito le critiche veementi di molti, non va sottovalutato il valore politico delle sue tesi. Se la scienza, infatti, è una tradizione culturale tra le altre, essa non può pretendere di soppiantarle: bisogna, pertanto, secondo questo monello del pensiero, auspicare il massimo pluralismo dei saperi, senza limitarci al campo, pur rispettabile, del pensiero scientifico occidentale. I cittadini dovrebbero decidere autonomamente e democraticamente fino a che punto la scienza debba interferire con le loro vite, senza che lo Stato assuma, nella sua globalità, il punto di vista scientifico come l'unico adeguato. Tesi difficili, acrobatiche, ma non prive di senso e che hanno il merito di farci ritrovare il sapore della libertà-
Casalino Pierluigi, 8.01.2015