IL CONCETTO DI CONOSCENZA NELL'ISLAM SCIITA OVVERO IL RECUPERO DELLA SCIENZA E DELLA FILOSOFIA GRECA.

Nonostante l'approccio razionalistico a temi e problemi della
Rivelazione, la teologia musulmana, soprattutto quella ortodossa
sunnita, si trovò per lo più in aspro contrasto con il pensiero di
origine ellenistico: infatti, per salvare l'assoluta onnipotenza e
volontarismo divini, venne posta sotto accusa la stessa concezione
aristotelica della filosofia come ricerca delle cause, concezione che
pervase peraltro i grandi filosofi arabi. Venne infatti negata
qualsiasi causalità secondaria, e alla visione di Aristotele fu
sostituita quella sorta di occasionalismo atomistico che ben poco
aveva a che vedere con l'originaria formulazione democritea, ma che
tuttavia ben serviva per negare densità ipostatica (cioè esistenza
autonoma) alle creature, fatte dipendere momento per momento dalla
volontà creatrice di Dio. Ma una reazione a tale posizione venne ben
presto dagli sciiti, che la curiosità per il mondo circostante, e
certamente la suggestione delle dottrine di origine greca, indussero
all'introduzione nella filosofia e nelle scienze proprio del principio
dell'interpretazione allegorica: il che permise di considerare le
scienze come altrettante vie di riconoscimento dell'azione divina nel
mondo, nonché di modi per raggiungere e conoscere Dio. Già il Corano,
d'altra parte, aveva facilitato un simile approccio, contenendo alcuni
testi che poterono essere considerati come un'embrionale cosmologia e
cosmografia. Per altro verso, le concezioni filosofiche sciite
prevedevano in genere un'unica realtà, nella quale erano però
individuati vari gradi che qui non è il caso di elencare ed esaminare.
E proprio alle scienze viene attribuito il compito di aiutare l'uomo a
penetrarli progressivamente, dal più semplice a quello complesso,
consentendo, infine, agli eletti l'intuizione della verità: ed ecco
così, dunque, anzitutto la legittimazione, e quindi lo sviluppo
impresso dai filosofi, soprattutto sciiti. Per definire la filosofia,
i pensatori musulmani accolgono la ben nota definizione greca di
"amore per la sapienza". E dato che essi hanno senza dubbio una loro
propria sapienza, e cioè quella espressa nel Corano, si ha il dovere,
in primis, di verificare se e come tutta l'antica filosofia straniera
(intesa appunto come "amore per la conoscenza"), divenga per i
pensatori dell'Islam una preparazione all'amore per la sapienza araba
e islamica: dove l'amore significherà tanto "ricerca", quanto
formulazione di tale sapienza, nei termini di un'imitazione di Dio a
seconda della capacità umana. Si noti che a tale ultima definizione si
ricorre per la prima volta presso quei Fratelli della Purità,
affiancati in certa qual misura ai Fedeli d'Amore della cultura
medievale latina. L'Islam continuò, appunto, ad avere una propria
filosofia. Certo, nell'attuazione di tale processo bisognerà
individuare nettamente l'influsso del pensiero iranico:ma, proprio per
tale influsso, la stessa filosofia greca venne inquadrata in una
dimensione teosofica che, com'è ovvio, trascende notevolmente lo
spirito originario: e proprio la dimensione islamica, dunque, lungi
dal costringere alla negazione dell'originalità della filosofia
dell'Islam rispetto alla straniera, appare come il fondamento di
questa originalità. La speculazione islamico-sciita si pone con
accenti assai particolari che non solo sono pervasi dallo slancio
della spiritualità iranica con la sua potenza dinamica, ma anche da
una visione messianico-avveniristica che l'Islam tradizionale sunnita
non può possedere per il suo dogmatismo di base. Su tali basi si
genera una visione illuminata della filosofia della scienza e della
stessa speculazione scientifica in sé e per sé.
Casalino Pierluigi, 28.10.,2015