2015-2021 Le celebrazioni dantesche. Riflessioni su Dante oltre il suo tempo.

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Da: Pierluigi Casalino  
 
Dante Alighieri si sarebbe molto meravigliato se gli avessero detto che nel 2015 e nel 2021 non solo in Italia, ma nel mondo intero, ci sarebbero stati i festeggiamenti rispettivamente del settecentesimo anniversario della sua nascita e del settecentocinquantesimo anniversario della sua morte. Non che avesse dubbi circa il proprio valore o circa la durata della propria fama. Dante sapeva di essere un genio, e non che questa consapevolezza  fosse temperata dalla modestia. Chi l'ha letto conosce le sue candide dichiarazioni di eccellenza. E non pensava soltanto di possedere un talento fuori del comune, pensava pure che gli fosse stato riservato un destino fuori del comune, anche post morte, e cioè che la sua vita personale trascorresse all'ombra di eventi e alla presenza di enti  la cui importanza andava molto aldilà della sua semplice persona e persino oltre la sua stessa esistenza. Era convinto che le sue opere sarebbero state lette per molto tempo dopo la sua fine fisica. Perché allora Dante avrebbe dovuto meravigliarsi di queste celebrazioni del 2015-2021 (egualmente anche di quelle passate, però)? Perché Dante viveva in un mondo in cui a scuola e all'università non si studiavano i poeti, e certamente non i poeti volgari. E' vero che Boccaccio legge ed espone la Commedia di Dante a mezzo secolo di distanza dalla sua morte; ed è vero che le letture pubbliche della Commedia si cominciano a svolgere già nel XIV secolo, e poi diventano una specie di rito nel secolo successivo, con l'Accademia Fiorentina. Ma all'università si studiavano altri libri, di epoche più remote, e quel poco spazio che si dava alle sententiae modernorum toccava eruditi come Pietro Lombardo o Tommaso d'Aquino, non ai trovatori o agli stilnovisti. Perciò, per quanto alta fosse la considerazione che Dante aveva di sé stesso, sicuramente non avrebbe potuto immaginare che settecentocinquanta anni dalla sua nascita e settecento dalla sua morte, Dante Alighieri e Letteratura italiana sarebbero stati sinonimi in molte università del mondo; che un discreto numero di persone si sarebbero chiamate dantisti, cioè suoi studiosi, e che questa specialità avrebbe permesso a molti di loro di campare più dignitosamente grazie a commenti alle sue opere, e che ogni anno sulla sua vita e sui suoi libri si sarebbero pubblicati articoli, libri, tesi di laurea e di dottorato, riviste dedicate interamente a lui, e poi spettacoli teatrali, reading e addirittura videogiochi, Greenaway, Dan Brown, Gassman, Benigni, un indotto da far impallidire i più grandi imperi industriali. E si sarebbe meravigliato anche per un'altra ragione, ancor più elementare: perché Dante non pensava che il mondo sarebbe durato fino all'anno 2015 oppure all'anno 2021. Da buon cristiano, sapeva che un bel giorno il mondo era stato creato e che un altro bel giorno sarebbe finito (non un brutto giorno, perché sarebbe stato il preludio alla vita eterna). E lo stesso Dante, inoltre, pensava (e tanti come lui al suo tempo e prima ancora), forte anche di certe affermazioni di santi, come Agostino e l'Aquinate, che la parabola finale del mondo era cominciata. Quindi pure Dante riteneva vicine la persecuzione finale, la venuta dell'Anticristo e l'Apocalisse. Ci credevano tutti, in un certo senso. Invece oggi il mondo è ancora in piedi, nonostante le serie minacce alla sua integrità e salute (vedi Covid-19), nonostante le follie della corsa agli armamenti ed altre calamità umane e naturali. Gli esseri umani se la passano meglio ai giorni nostri di come se la passavano al tempo del Sommo Poeta. Non solo. Dante si meraviglierebbe davvero molto a sentire che all'università, invece di glossare le glosse di Pietro Lombardo, si legge la Divina Commedia, segno che il progresso esiste. Un progresso in cui Dante fermamente credeva, al punto da mettere in bocca a Ulisse quell'ansia di conoscenza e di futuro ( fatti non foste....) che rende l'intellettuale che stiamo celebrando un uomo che va ben oltre il suo tempo (vedi il mio "Dante futurista", Neofuturismo, 2015-18).
Casalino Pierluigi