Le ragioni della Storia contro le emozioni della memoria.



Da: Pierluigi Casalino  
 
Viviamo in un'epoca contraddistinta da un'inarrestabile ed acritica mistica della memoria, divenuta un magico termine pass partout, sempre più intriso di retorica. Case della memoria, luoghi della memoria, giorni della memoria, gli stessi musei resi parchi della memoria. Anche i libri di storia si trasformano in memorie, dal momento che la stessa storiografia ha rinunciato a ricostruire gli avvenimenti e si è alla ricerca di una memoria condivisa, anche questo invero aspetto in sé aberrante, in quanto ingiusto dal punto di vista storico. Memoria individuale o collettiva? Ma è tutto oro quel che luccica? Storici autorevoli come Alessandro Barbero e Walter Barberis ci mettono in guardia di fronte a simile deriva. Ci fanno tornare alla mente quanto disse Primo Levi, veterano del ricordo della Shoah: "la memoria è uno strumento meraviglioso, ma fallace". Muovendo dalle loro considerazioni siamo costretti a svolgere una riflessione più compiuta sia storica, che epistemologica e metodologica. Ci rendiamo così conto che chi partecipa ad un evento storico non può mai coglierne il significato complessivo ed esaustivo come bene hanno illustrato Stendhal, Tolstoj, Isaiha Berlin o Nicola Chiaromonte. Ogni esperienza personale, infatti, rappresenta solo una tessera parziale e soggettiva, difficile da ricomporre in un oggettivo quadro unitario e quindi corretto. Le giuste emozioni comportano soltanto una deriva ipertrofica della memoria, ma mai una testimonianza storica attendibile. Nel senso che la memoria, ovviamente, per quanto utile per ricostruire i fatti, non è sufficiente a determinarne una reale valutazione scientifica di verità storica. Quindi meglio un libro di storia o di hardware storica, che un libro di memoria e di software storica. Il metodo storiografico deve essere improntato ad una rigorosa rivisitazione degli avvenimenti, sia in base ad un consapevole lavoro di critica storica, che in forza di una incessante ricerca delle fonti, capaci di soddisfare l'onere della prova certa. Mentre oggi, in momento di triste affermarsi del politically correct, oltre che di una indecente modernità liquida, si lavora a fornire elementi fondati su impressioni e mode correnti, senza guardare al passato con gli occhi dei fatti reali. Prigionieri di un presente immanente, rischiamo così di non entrare neppure nello spirito del tempo che viviamo e non cogliere il senso di quello che ci potrebbe riservare il futuro.

Casalino Pierluigi