DANTE E L'ISLAM. QUESTIONE APERTA.

Narra una profezia medievale riportata da Luigi Valli che il vero senso dell'opera di Dante sarebbe stato svelato soltanto seicento anni dopo la sua morte. Aggiungendo seicento anni dalla data della scomparsa del Sommo Poeta si arriva al 1921. E non è un caso che intorno al 1920 siano comparsi studi assai significativi in grado di conferire nuova freschezza al capolavoro dantesco. Già nel 1919 Don Miguel Asìn Palacios rileva impressionanti corrispondenze e analogie tra l'escatologia musulmana e l'intera produzione ultramondana di Dante, in particolare della Divina Commedia. Anche nella tradizione islamica, infatti, il viaggio notturno di Muhammad a cavallo di al-Buraq, simbolo dell'amore divino, muove da La Mecca per giungere a Gerusalemme, da dove parte la prima discesa verso le regioni infernali (al-Isra), e poi l'ascensione nei diversi strati paradisiaci o sfere celesti (al.Mairaj), dove si contempla la visione (non dell'aquila di Dante), ma del gallo. Il Purgatorio è assente nella concezione islamica. Lo scopo del viaggio è la prossimità di Dio. Mentre l'arte occidentale è così innamorata di Dio e del Trascendente, attraverso la Nascita, Passione, Morte, Resurezione e Ascensione del Cristo, rappresentandola nei suoi vari aspetti. L'Islam, al pari del Giudaismo, rifugge dal descrivere gli stati della via della salvezza. Nel viaggio di Muhammad, cui non sono estranei elementi avestici e iranici, si coglie, al contrario, il senso poetico dell'itinerario di purificazione, mediante la pietà e la mistica. Non è facile, né possibile,ovviamente, avallare in toto, alla maniera degli orientalisti arabi, la tesi di una fonte privilegiata islamica della Commedia dantesca. Opposte sono, infatti, le visioni del mondo e antagoniste sono le due civiltà al tempo del Poeta, ma l'esperienza esoterica del viaggio del Profeta dell'Islam costituisce, comunque, un elemento di fatto. Il dibattito, peraltro, è aperto. Il possibilismo di oggi (alla luce degli studi recenti della Corti e del Gargan, soprattutto), è oggi meno avversato dalla nostra cultura. Lo scambio tra le culture stesse (e la migrazione delle idee) era assai vivo al tempo di Dante, nonostante che il confronto tra le due civiltà mediterranee fosse spesso improntato allo scontro armato. La Divina Commedia ha, d'altro canto, costituito nei secoli una pietra di paragone significativa di grandi artifici letterari e immaginari. L'opera massima di Dante, dunque, è stata un punto d'arrivo della Poetica del Trascendente, un viaggio ascensionale dell'anima e della mente nei recessi delle categorie umane della fede nell'aldilà, nonché nel modo che ha l'uomo di concepire la propria esistenza nel contesto di un disegno invisibile e misterioso. L'ignoto, il senso della colpa e la fiducia in un Dio che è il motore delle grandi culture del Mediterraneo. Dante ebbe a sua disposizione non solo una vasta scelta di fonti ideali, veterotestamentrio, neotestamentario, patristico, poetico-mistico, novellistio, geografico, astronomico, storico e filosofico e infine occulto, come lo Zohar e la Ghematria ebraiche o la stessa cabala. La Commedia dantesca influenzò grandemente la letteratura religiosa e aoralistica dell'Ebraismo e dell'Islam, tramite Immanuello Romano e altri, nel mondo ebraico e, attraverso una ripresa della trattatistica spirituale ed escatologica sul modello del Miraj. Quel Miraj, dunque, che si annovera tra le fonti principali dell'Alighieri.
Casalino Pierluigi, 14.11.2014