IL VIAGGIO DI RUTILIO NAMAZIANO

Il viaggio di ritorno alla terra d'origine, descritto nel De Reditu (o meglio nei frammenti che ci sono rimasti) dal poeta tardo-latino Rutilio Namaziano, diverge dalla maggior parte dei viaggi di poeti e scrittori di ogni tempo e luogo. Si tratta di un percorso inverso, quasi uno sforzo, per recuperare la propria identità smarrita, attraverso un riandare con accenti struggenti alle memorie del passato, proiettandole in un futuro in qualche modo aurorale. L'itinerario in se stessi, mentre si compie il viaggio nel mondo, è concetto comune da Omero a Dante, a Petrarca, da Luciano di Samosata a Ibn Battuta, a Sant'Anselmo d'Aosta ad altri ancora. La particolarità di Rutilio è quella di cogliere il senso del decadere delle cose, nella speranza che nulla perisca, ma che rinasca e che anzi si riapra al domani con un ritrovato messaggio di fiducia e i slancio creativo: è un elegante e malinconico seguire il tragitto del sole verso il suo occidente, verso i chiaroscuri del suo svanire nelle regioni sconosciute dell'Atlante, nell'estremo disperdersi della luce del giorno: una luce che è annuncio della notte, che scende ed avvolge l'universo intero. Il progressivo accendersi delle stelle lontane è segno di rinnovamento, che richiama il significato del tempo, dello scorrere dei giorni e delle notti, delle stagioni e della storia degli uomini, delle loro opere e delle loro testimonianze di civiltà. Nella narrazione malinconica e cromatica del suo ritorno alla nativa Gallia romana, Rutilio interpreta un ruolo di sintesi tra l'eredità di Roma eterna e gli orizzonti che si dischiudono davanti a lui e alla generazioni a lui contemporanea. Il fascino del viaggio di Namaziano consiste proprio in questo saper vivere e far rivivere un'atmosfera di poesia e di seduzione. La passione del viaggio è come trasfigurazione di se stessi sullo sfondo di scenari che scorrono a ritroso. L'intento di Rutilo, dunque, pur in una lettura reale e insieme fantastica di ambienti e persone, unisce con un filo sottile e invisibile, cielo e terra, ciò che è vicino e ciò che è lontano, in caleidoscopio di immagini e di sensazioni. L'Autore ripercorre la via della sua origine ed ad un tempo inizia un nuovo cammino incontro al futuro, un futuro che lo prende per mano e lo confonde tra le cose e gli eventi. I suoi capelli rossi, da cui prende il nome, ricordano i bagliori sulfurei del tramonto. Rutilio è l'Occidente, si identifica in esso, nel suo ultimo fulgore, ma anche nella prospettiva della sua resurrezione nei secoli. Roma è la fonte della sua ispirazione, la Roma che estende il suo sigillo imperiale e la sua civiltà oltre i confini e i limiti del pianeta conosciuto, nella direzione delle colonne d'Ercole: là dove il carro di Apollo trasporta il disco del sole nell'immenso Oceano. Il rituffarsi nella Gallia Narbonense, sfumata e dolcissime, ripropone una dimensione d'antan. L'addio alla felicità della Roma storica ormai alla fine, tra l'evocare antichi miti e il cogliere segni ed impressioni di nuove sensibilità e di diversi stili di vita che avanzano, rende l'impresa dell'ultimo vate della Classicità come il gesto irripetibile di chi chiude un'epoca.
Casalino Pierluigi, 15.11.2014