Scuola e Storia. Letteratura, lingue ed etnie nella Grande Guerra: il torto di Pasolini e la ragione del Futurismo di Pierfranco Bruni
Scuola e Storia. Letteratura, lingue ed etnie nella Grande Guerra: il torto di Pasolini e la ragione del Futurismo
di Pierfranco Bruni
la lingua, le etnie nella Prima Guerra Mondiale. È un tema di estrema rilevanza sia linguistica che antropologica il cui percorso non può che passare attraverso quei processi che sono strettamente letterari. La letteratura nella Grande Guerra ha svolto diverse funzioni. Una tra queste è la visione delle contaminazioni linguistiche tra lingua italiana e dialetti. Pasolini aveva torto quando parlava di una cultura popolare all'interno del mondo contadino caratterizzato dai dialetti con il "meticciato" delle lingue.
Le diversità linguistiche in Italiana si aprono a ventaglio proprio durante la Grande Guerra. Slataper e Stuparic sono un esempio. Come sono un esempio Alvaro e D'Annunzio. Come è un esempio Curzio Malaparte. D'altronde sono gli scrittori futuristi che portano una innovazione linguistica passando attraverso le trincee. Ungaretti è un esempio emblematico come lo è Marinetti ma tutta la "covata" che si forma intorno alla rivista "La Voce" con Papini e Prezzolini.
Pasolini anche in questo non fa storia. Anzi. La sua "passione" e "ideologia" sono la dimostrazione di non aver ben capito il rapporto tra lingua e cultura popolare e contadina con la struttura mentale di un linguaggio proletario. Giuseppe Berto, infatti, aveva ben ragione nel definire la cultura popolare una antropologia dell'anima e non delle cose. Ma ci sono altri aspetti nel dialogante colloquio tra lingua, etnia e Guerra.
C'è da dire che il ruolo istituzionale e politico, oltre che formativo, giocato nella Grande Guerra sono stati quei militari che hanno avuto una forte formazione culturale ed hanno avuto la capacità di trasmetterla ai propri commilitoni sia attraverso esempi che grazie ad una dialettica che è servita a far comprendere il senso dell'identità nazionale.
Ci sono stati militari che hanno rivestito non solo gradi importanti nelle loro funzioni, ma anche visioni in cui il legame tra etica e morale è stata significativa. Tra questi va ricordato, nel centenario dell'entrata in Guerra dell'Italia, una personalità che nato con i gradi di tenente, sottotenente anzi, ed è arrivato a indossare i gradi di colonnello durante la fase che ha portato alla Seconda guerra mondiale.
Si tratta di Agostino Gaudinieri , le cui origini sono etniche in quanto è nato in una comunità Arbereshe, Spezzano Albanese, in provincia di Cosenza. È stato ferito più volte, anche sull'Isonzo, e più volte decorato con diverse croci al merito. Era nato il 28 luglio del 1892.
Un Arbereshe che ha portato alto il vessillo della sua etnicità attraverso il suo amore per i libri, per lo studio dei classici e per la sua passione a custodire testi, documenti e materiale con amore e forte cura.
Un bibliofilo nella Grande Guerra, e di origini Arbereshe. Mi pare che sia un fatto da segnalare con molta forza soprattutto se si pensa che tra i suoi libri, ben custoditi, alla cui costola vi è impresso l'iniziale del suo nome e cognome, ovvero A.G., ci sono testi molto rari.
Oltre a libri sull'arte militare e sulla storia di Roma, sulla storia d'Europa e sulla storia d'Italia sono conservati testi su Parini, Petrarca con prefazione di Leopardi. La figura e l'opera di Agostino Gaudinieri va riconsiderata sia come studioso che è riuscito a legare il rapporto tra cultura classica e quella militare grazie alla sua fedeltà al mondo delle sue radici. La sua etnicità è ben presente anche perché la sua "arte" militare proviene da studi profondi sul rapporto tra la storia Occidente e quella Orientale.
Il mondo Italo – albanese è stato sempre nel suo cammino. Un militare, dunque, la cui identità è Arbereshe, un bibliofilo attento e un classicista che ha saputo legare Parini, Petrarca e Leopardi nella sua formazione culturale scavata in quella realtà che è stata il Regno di Napoli, un Regno di Napoli che ha sempre saputo guardare, culturalmente e militarmente, al Mediterraneo. Proprio intorno allo scontro storico tra Mediterraneo e mondo Anglosassone che si definiscono i modelli culturali.
La Grande Guerra sul piano linguistico è tutta da scavare attraverso delle letture che sono letterarie, ma anche antropologiche e filosofiche. C'è da dire che uno dei maggiori interpreti resta proprio Renato Serra. Il letterato in trincea. L'esame di coscienza di un letterato che diventa l'esame di coscienza di una storia di un'epoca.
Cesellando questi aspetti le prospettive si aprono su tre versanti.
1. la lingua e l'etnia dal Risorgimento sino alla Guerra del 1911 (in questa lettura la presenza di Giovanni Pascoli resta fondamentale).
2. Il linguaggio del Futurismo sino all'Ermetismo oltrepassa il realismo dei Capuana e dei De Roberto compreso Borgese e si ferma al linguaggio che prepara il Fascismo.
3. La lingua e le etnie tra il 1918 e il 1922: da un modello contadino popolare ci si avvia verso un modello proletario – ideologico.
Dunque la lingua e le etnie hanno avuto un ruolo fondamentale. Anche nel linguaggio militare e tra i militari stessi. Qui è chiaro il torto di Pasolini di sprigionare una lingua dialettale popolare prominente dal mondo contadino. È emblematico il ruolo dei Futuristi nel non avvertire il concetto di popolare come provinciale, ma di considerare i linguaggi e le etnie della Grande Guerra come elementi di una letteratura universale.