IL PRESENTE FUTURO. UNA PARABOLA IN DIVENIRE




Casalino Pierluigi

Se l'uomo scrive storie dal Paleolitico, i libri sugli scenari futuri sono stati tra i più diffusi, come ci dimostrano le intuizioni di Luciano di Samosata e dimolti altri dopo di lui, passando per Verne e Salgari, per arrivare ai moderni scrittori di fantascienza, presso i quali si coglie il senso dei buchi neri del presente. Viviamo infatti già dentro regimi di fatto totalitari che ci controllano tutti, anche se non lo vediamo. Risuona l'eco di sirene di Giovenale riletto da Alan Moore, il Big B di Orwell. In questa ottica Trump si configura come il capo di uno stato già totalitario. Proliferano in proposito thriller distopici spesso legati alla clime fiction, per fare degli esempi, una vera novità nello scrivere storie. In ogni caso, nel prossimo futuro, avremo narrazioni inedite. Autori come Paolo Bagicalupi, Paul Haken, Nicoletta Vallorani, quest'ultima scrittrice premio Urania, che ha appena pubblicato Nessun Kurz (per Mimesis), saggio sul lascito del romanzo di Conrad The Shadow Line, riletto alla luce del postcolonialismo, Apocalypse now, e la semplicistica linea di confine tra buoni e cattivi. La Vallorani codifica il presente, ma la decodifica sfugge di mano: infatti l'oggetto narrazione va da sé al mondo, lo scrittore assume una responsabilità di rappresentazione pubblica dal momento che lancia un messaggio politico alla collettività, come fece Atwood quando scriveva nella Germania Est. Il ruolo della fantascienza, sempre per la Vallorani, è quello che gli attribuiva Kurt Vonnegut nel senso ambientalista, di utopia speculativa. La migliore fantascienza, tuttavia, viene da un interesse storico profondo che fa percepire il passato per estrapolare il futuro, attraverso una domanda non nuova e cioè "dove andiamo?". per concludere il quadro che si manifesta è quello di saper ascoltare le narrazioni come anello di congiunzione tra le storie che stiamo dimenticando e il futuro da scrivere. Noi, presente, contrapposti all'eterno Es digitale al quale ci vorrebbero condannare i social. Scomparire per diventare spazio bianco da riempire per fare spazio agli altri.