Transfuturismo della vita quotidiana
di Vitaldo Conte
*tratto da "Futurologia della vita quotidiana. Transhumanist Age" (Asino Rosso ebook, 2017)
a cura di R. Guerra e Ass. culturale Hyperion
Bianco come estremo rumore evento
"(...) e ho letto tutti i libri.
(...) il cerchio deserto della mia lampada
sul vuoto foglio difeso dal suo candore." S. Mallarmé
La pagina bianca, che ha come riferimento storico quella di Mallarmè, "calamita" il poeta al sempre rinnovabile confronto con il silenzio. Incarna, in diverse "erranze" creative del '900 e del nuovo millennio, lingue ed espressioni di un assoluto mentale, lirico, vibrazionale: sintesi e alfabeto insieme di assenza, essenza e totalità sensoriale. Può indicare anche il viaggio verso il velato, il segreto, l'anomalia o semplicemente – scrittura intorno – alla propria presenza (artistica, esistenziale, psichica).
Nell'erranza visionaria di Arthur Rimbaud l'arte della pagina bianca è il viaggio per l'ignoto, per la veggenza, con occhi che leggono oltre il visibile: il poeta divenendo ladro di fuoco, con una lingua universale, ricerca il suo "rientro" nell'assoluto. Sulla pagina bianca, come su quella di Mallarmé, emergono le soglie di un oltre, indescrivibile, sulla cui rotta sembrano volersi perdere i marinai del bianco di ogni tempo:
"Fuggire! Laggiù fuggire! Io sento uccelli ebbri
d'essere tra l'ignota schiuma e i cieli!
(...) Io partirò! Vascello che dondoli l'alberatura
l'ancora sciogli per una natura straniera!
(…) Ma ascolta, o mio cuore, il canto dei marinai!" (S. Mallarmé)
Una pagina e una scrittura sono bianche anche perché "esistono" nella dimensione perennemente di altrove, di referenzialità s/fuggente. La loro ricerca dell'estrema significanza può costituire, anch'essa, una fuoriuscita plurilinguistica, presentando la propria scomparsa e impalpabilità in una dimensione e testualità altra. Diventano altresì lingue, libri e diari intimi, che aspirano a divenire "viaggi segreti".
Numerosi nomi potrebbero essere "inscritti" come artisti e scrittori del bianco. E' difficile, infatti, che un creativo non voglia esprimire, prima o poi, una propria "opera bianca", anche con il semplice enunciato o con il pensiero, o magari con un altro linguaggio per narrare opere "immaginate".
La poetica del bianco, come lingua extreme di sinestesia e contaminazione (in cui i confini della letteratura, delle arti visive e delle altre espressioni, si coniugano e incontrano sulla pagina bianca), diviene anche percorso di "traduzione" perturbante. Questa lingua può includere, nelle sue erranze, ogni possibile anomalia e mistica, la veggenza dell'artista-sciamano come la virtualità dell'uomo contemporaneo: i segni e i sensi del bianco si snodano nel suo variabile corpo-linguaggio.
L'immaterialità, il vuoto, sono possibili percorsi per ritrovare il bianco silenzio dell'inizio, di ogni inizio, prima di ogni scrittura, come gesto e pensiero, di quel bianco che ancora continua ad esistere tra gli interstizi delle parole. L'origine è nel bianco e nel suo silenzio.
I segreti "trascritti" con le parole segnalano solo il bordo dell'esperienza, nella sua lettura del visibile, liberando "i sensi" e "i fantasmi" del segno stesso usato, di cui sono anche il colore dai molteplici significati:
"il colore degli esseri che hanno perso ogni aggancio con la realtà corporea (…). Il bianco, la pagina bianca, recupera tutte le proprie virtualità nell'ordine dell'immaginario" (A. Castoldi).
L'arte bianca ha naturalmente le sue musiche nei linguaggi del silenzio. Questo primo e ultimo suono dalle proprie potenzialità inedite, naturali, è sensibile a risvegliarsi nei significati e sensi di oltre: è come un'eco che crea altri echi fino a cancellare ogni traccia nel rumore bianco:
"E' un mondo così alto (...) che non ne avvertiamo il suono. (...) Per questo il bianco ci colpisce come un grande silenzio che ci sembra assoluto (...). E' un silenzio che non è morto, ma ricco di potenzialità (...). E' la giovinezza del nulla, o meglio un nulla prima dell'origine, prima della nascita." (W. Kandinsky)
Il silenzio è anche la lingua e la ricerca di una comunicazione essenziale, interna, altra, coinvolgente, e di una condivisione "reale" con l'altro e l'invisibile. Nel silenzio di una sonorità bianca le lingue possono orchestrare musiche di vibrazione:
"I miei silenzi sono la mia comunione con voi. Le mie parole servono solo a separare per voi piccoli pezzi di silenzio (…). Il significato non è nelle parole, ma nel silenzio tra le parole." (Rajneesh)
L'attimo del silenzio è anche l'attraversamento di un abisso, sul quale si sono affacciati diversi creatori, tra i quali alcuni compositori della nuova musica, volendo portare con sé i contagi espressivi delle altre arti. Questo attimo-borderline rappresenta ancora il limite estremo a cui può giungere la creazione musicale e non: quello di ricercare un ritorno all'origine, prima di gettarsi come eco nell'abisso stesso, per scoprire che ogni distinzione tra le arti diviene superflua. Il silenzio è il monocromo bianco della musica e dell'espressione totale.
Le tele interamente bianche di Rauschenberg furono una dichiarata "folgorazione" per le resistenze di Cage ad "abbandonarsi" al suono silenzioso:
"Quando vidi i suoi dipinti bianchi, dissi "oh sì, devo farlo; altrimenti mi troverei in ritardo, altrimenti la musica si troverà in ritardo".". Successivamente il musicista scriverà su 4'33, il suo pezzo silenzioso: "Il mio pezzo più importante è il pezzo silenzioso. Ci penso sempre prima di scriverne uno nuovo (...). Cerco di pensare a tutta la mia musica posteriore (a 4'33'') come a qualcosa che fondamentalmente non interrompe quel pezzo." (J. Cage)
La musica "più elevata" ha il suono più sottile, quello bianco: come la "grande immagine", per divenire espressione bianca, può non avere forma (secondo anche l'insegnamento del Tao). Talvolta una musica bianca colloquia con la nostra ombra attraverso una seduzione invisibile.
La ricerca della musica bianca è una maschera per un viaggio "segreto", costituito da indizi, frammenti, che sono, a loro volta, il senso che fa debordare il confine dell'esperienza e della lettura stessa. Il suo suono può ascoltarlo e musicarlo solo chi possiede il bianco "interno": per danzarlo, forse, con il proprio respiro e richiamo di oltre:
"Tutte le storie hanno una loro musica. Questa ha una musica bianca. E' importante dirlo perché la musica bianca è una musica strana, a volte ti sconcerta: si suona piano, e si balla adagio. Quando la suonano bene è come sentir suonare il silenzio, e quelli che la ballano da dio li guardi e sembrano immobili. E' una cosa maledettamente difficile, la musica bianca." (A. Baricco)
Anche una musica-rumore d'ambiente può essere "vissuta" come bianca. Questa vocazione è presente nelle nuove sonorità: attraverso le musiche che fuoriescono da strumenti musicali atipici, che si richiamano ai suoni "che vivono intorno", o dalle materialità stesse della natura. Sono interpretate dalle emozioni danzanti e mutevoli del corpo. Possono rappresentare, con i loro richiami neo-tribali, un'emergenza che "rilegge" nel contempo sperimentazioni musicali e archetipi-tradizioni che si "riallacciano" a suggestioni ancestrali, sciamaniche, come quelle riecheggianti dal bacino del Mediterraneo. Queste possibilità sonore assemblano suoni espressi dai nuova media con il rumore barbarico in evento-live dalle connotazioni fortemente rituali. Acqua, sassi, foglie, carta, possono diventare lirici e naturali strumenti di sonorità "originale" in concerti improvvisati che aspirano a sintonizzarsi con l'oltre. Alcune di queste strumentazioni naturali, dopo l'uso, perdono qualcosa della loro musicalità intrinseca, come i fogli della carta.
Ho voluto recentemente esprimere, insieme alle T Rose, artiste con cui collaboro, "sonorità interiori improvvisate", alla Abbadia di San Sebastiano ad Alatri, in un incontro su "Colloqui tra Tradizione e Avanguardia". Poi, in un rituale appuntamento più ampio, con altri apporti, nel boschetto di Trepuzzi (Lecce), nel Festival delle Bande a Sud. In quest'ultimo evento i Fedeli d'Amore (romani e salentini) costituivano con me (attraverso il mio avatar creativo Vitaldix) una pulsionale banda in trans-mutazione: il nostro evento-rito voleva celebrare, con il rumore dionisiaco, un brindisi all'Invisibile che voleva divenire una collettiva rianimazione naturale. Una Ritual Rose "si animava" nel buio di un boschetto di un lembo mediterraneo, ricco di tradizioni e rumori, in una sera d'estate. Mi sembrò di scorgere, negli occhi di alcune donne che ballavano, il sorriso dell'invisibile... Il dio che danza era forse ritornato con noi...
Tutto ciò che nasce "bianco" è di difficile descrizione. In uno spazio monocromo si tende a percepire qualcosa che non può essere spiegato con le parole. Avvertire un'appartenenza al bianco è come entrare in uno spazio irreale, in un sogno, in una dimensione perennemente borderline: è "il labirinto" di una mistica e di una linea di confine, che non riusciamo a comprendere con la mente. La dispersione dell'arte può ricercare il bianco come estrema possibilità espressiva, oltre il conoscibile e l'esprimibile razionale.
Luigi Bianco, che si definisce "poeta amodale", in quanto la poesia è essenza che può non richiedere una scrittura o pagina per le sue espressioni, attraversando le indicazioni della mia Dispersione, rileva: "Ancora una volta rivedo me stesso che disperdo parole sulla sabbia lavata dalla schiuma del mare. Io – da sempre contro l'opera – sono forse l'esempio vivente della DISPERSIONE di Conte. Purtroppo, un esempio marginale e improduttivo". Ma proprio perché marginale e improduttivo il suo è un esempio di creatività extreme che includo nell'arte bianca, in quanto racchiude un pensiero-percorso che unisce creazione ed esistenza per divenire lo specchio inquietante delle certezze altrui.
*Nota. Stralci del testo sono pubblicati in: Ritual Rose (Italicaebooks, Roma; Gepas, Avola; 2013).
Info http://www.accademiabelleartiroma.it/didattica/docenti/elenco-docenti/conte.aspx
www.accademiabelleartiroma.it Accademia di Belle Arti di Roma - Conte - Accademia di Belle Arti di Roma: la ricerca del sapere artistico |