Umano, troppo umano - prima e dopo la scienza




di Angelo Giubileo

Umano, troppo umano
Sostiene Aristotele che "i primissimi che si diedero alla filosofia ricercando la verità e la natura degli enti (…) dissero che il sostrato è uno (e) a nessuno venne fatto di scorgere una causa di tal genere, eccezion fatta di Parmenide, e a costui in tanto in quanto non solo pone l'unità, ma insieme in certo modo due cause" (D.K., phys. A 8. 191 a 24; metaph. A 3. 984 a 27). La questione della causa implica tuttavia, come evidenzia lo stesso Aristotele nel passo (ibidem) che immediatamente precede la citazione di Parmenide, che "l'uno e la natura tutta (sia o non sia) immobile quanto al nascere e perire (e) (sia o non sia) immobile riguardo ad ogni altra trasformazione". Per lo stagirita, d'accordo con "una concezione antica e che tutti i primitivi condividono", "l'uno e la natura tutta è immobile quanto al nascere e perire"; ma, in disaccordo con i medesimi, "(l'uno e la natura tutta) non è immobile quanto ad ogni altra trasformazione". E così, Aristotele pone allora come principio indissolubile della natura (ovvero, l'uno e la natura tutta) la figura del dio motore immobile. A differenza di Parmenide, che affronta la questione dell'uno e la natura tutta, e conclude che sia possibile dire soltanto che: "è". Quanto ad ogni altra trasformazione, che non sia il nascere e il morire, l'eleate giudica la questione, in pratica, irrilevante. Allo stesso modo di coloro, "i primissimi", di cui Aristotele dice "non si preoccuparono minimamente del problema".
Nel Convivio, Platone - in parte coevo ad Aristotele - sostiene che la produzione (poiesis) è la causa (aitia) per la quale "una cosa passa dal non essere all'essere" (E. Severino). Questa definizione limita e circoscrive l'interesse - che Parmenide, a differenza di Platone e di Aristotele, trascura - al "problema" (o questione) della "causa" per la quale una cosa passa dal non essere all'essere, e che è: la produzione. È vs. Produzione, è così che cambia il paradigma della ricerca. Perché è di questo essenzialmente che si tratta. Muta cioè l'oggetto della ricerca. Da: "l'uno e la natura tutta" e "il nascere e il morire" e "ogni altra trasformazione". A: "ogni altra trasformazione". Si dovrebbe dire, piuttosto un passo indietro! Un passo indietro, che tuttavia non può escludere, giammai potrebbe farlo, l'"esperienza" del passato (o il vissuto, che è ciò che scorgiamo e in ordine al quale ricerchiamo); la quale trasmigra interamente (e quindi non accade alcun fatto nuovo, niente di nuovo sotto il sole, neanche per Platone e Aristotele) nel concetto della "potenza" della produzione che diventa "atto". In definitiva, pur sempre una questione d'"informazione" che si trasmette.
Dall'intera natura al vivente; in ordine alle più recenti scoperte della scienza, il percorso che emerge in base alla ricerca testimonia che "la vita è una necessità, non un caso o un miracolo"(J. Baggott). Il "caso" appare soltanto là dove non siamo ancora capaci, se mai lo saremo, di dare una spiegazione o, è lo stesso, individuare una "causa". Non si può escludere una "causa" originaria della natura; ma, al momento, sarebbe forse già sufficiente interrogarsi sul fatto se esista un "destino" (l'essere dello stare e lo stare dell'essere medesimo, E. Severino) originario comune all'intera natura vivente. A tale proposito, oggi la scienza ci dice cos'è un procariote, ovvero un organismo primitivo o originario formato da un'unica cellula semplice. Questo organismo contiene l'informazione "vivente" nel DNA cromosomico. All'origine del processo (produttivo o riproduttivo), il procariote trasmette l'informazione alle generazioni successive mediante il meccanismo di "divisione cellulare", che quindi genera e produce due cellule geneticamente identiche, un meccanismo cioè di replicazione. Nell'"uomo" (rectius: umano), la trasmissione del patrimonio genetico avviene viceversa mediante il meccanismo della riproduzione (sessuale).
Ora, quel che a me sembra importi essenzialmente notare è che: mentre in genere ogni cellula "umana" è dotata di 46 cromosomi, non così è per le cellule sessuali (ovociti e spermatozoi), le quali sono dotate, ciascuna, di 23 cromosomi. Si tratta quindi di un diverso "modello" naturale che è causa di questa trasformazione. E (oggi) dato che emergono (nuove) possibilità di agire sui meccanismi, originario e successivi, di trasformazione dell'"umano"; a me pare proprio che l'umano sia (divenuto) davvero troppo umano.
                                                                                                                                                             Angelo Giubileo