Lo stato performativo enhanced della felicità
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Foto Živilė Abrutytė |
di Fabrizio Ulivieri
E' la felicità un valore morale?
Lo escludiamo. Non è né morale né immorale.
Si può essere felici seguendo un valore morale e si può essere felici seguendo valori immorali (almeno per gli altri).
La felicità è innanzitutto la costruzione di un proprio mondo (isola di felicità).
Non era felice Leopardi nei suoi anni di studio matto e disperatissimo? Non era felice il tenente Drogo dei ritmi della vita di caserma all'interno della fortezza ne "Il deserto dei tartari" di Dino Buzzati?
Non sono felici i seduttori nel momento che seducono?
Probabilmente anche Hitler era felice nei momenti della sua ascesa al potere e creazione del nazionalsocialismo...come.lo era Stalin...
In fondo anche questi controversi personaggi erano dei grandi seduttori di folla...
E' la vecchia concezione filosofica aristotelica che fa credere che la felicità sia un valore morale vissuto in-vista-di...
Chi vive in questa isola di felicità è come se avesse subíto un processo di uploading. Ovvero fosse passato da uno stato di coscienza naturale (in-)felicità ad uno stato enhanced di coscienza.
Nella fase di innamoramento questo stato performativo superiore (enhanced) del sentire è evidente. Nello stato di felicità è altrettanto evidente.
Chi è felice dunque vive in un universo altro da quello in cui viveva come (in-)felice.
Passare da un universo ad un altro non implica nessun valore morale né un aspirare in-vista-di in senso aristotelico.
Implica un' idea di passaggio, scoperta e appartenenza al nuovo universo semmai.
In quel passaggio (uploading) è l'io dell'(in-)felice uguale all'io del felice?
La risposta è: lo è nello stesso rapporto in cui una copia è l'originale, in cui l'uploading è il punto di contatto o trait-d'union ma lo stato performativo del felice è enhanced rispetto allo stato performativo dell' (in-)felice.