L'EREDITA RUSSA OVVERO LA RUSSIA DI SEMPRE.-2

Berdjaev, Maynard e altri tendono a identificarsi, attraverso le loro critiche, con gli Occidentalizzanti russi del XX secolo, che deploravano gli elementi non occidentali del passato della Russia e ritenevano che la sua unica speranza giacesse nella nello sviluppo di una più stretta affinità con l'Occidente. Slavofili e Occidentalizzanti stettero fronte a fronte in una battaglia che non solo durò fino alla Rivoluzione russa, ma che continua, in forme più o meno nascoste o più o meno aperte, sino ad oggi anche in epoca post-sovietica. Stalin, il quale ripeteva spesso il suo desiderio che la Russia nel tempo più breve dovesse "raggiungere e superare l'Occidente" (e così Krushev e chi dopo di lui), e non nascondeva la sua ammirazione per la tecnologia occidentale come pure per certe idee occidentali, bollava gli Occidentalizzanti sovietici moderni come vittime del cosmopolitismo. Non è necessario, però, affermare che la debolezza delle tradizioni legali ed istituzionali nel corso della maggior parte della storia russa non è soltanto una cosa negativa; che essa h anche un'altra faccia positiva:una forte tradizione di consapevolezza sociale collettiva che trova la sua motivazione meno nella ragione che nella fede comune, e che trova espressione meno nella forma legale e nel "giusto procedimento" che nelle reazioni più spontanee e più impulsive. I due secoli e mezzo di dominazione mongola aggiunsero una nuova qualità alla vita russa, quella del servizio obbligatorio universale. Si sa quanto questo fosse incorporato nel sistema politico-legale mongolo, e come fosse accolto dallo zarismo di Mosca che legò tutte le classi allo Stato. Al tempo stesso, la durezza che il principio aveva nell'eredità mongola venne mitigata dal senso di comunità interiore, dalla volontà di accettazione del vincolo comune, che si consolidò attraverso la tradizione cristiana. Un nuovo elemento, peraltro, fu introdotto anche dalla sua eredità della concezione bizantina dell'impero come qualcosa di sacro, non soltanto come Stato secolare, ma come Santa Chiesa, e dell'imperatore come nominato per governare sulle cose spirituali al pari che su quelle politico-secolari. Questo significò l'instaurazione di uno Stato Ortodosso, ostile all'opposizione e al dissenso in materia di fede. Elemento, quest'ultimo, che è rimasto un importante e spesso ineliminabile elemento nella vita russa fino ai giorni nostri, se pur in forme sempre più larvate. L'impero di Pietroburgo operò una netta rottura con il passato -almeno altrettanto netta quanto quella che fu operata più avanti dalla Rivoluzione d'Ottobre. Eppure, nonostante tale rottura, le tre qualità di cui si è parlato rimasero. Ora, tuttavia, si aggiungeva un nuovo elemento, proprio a causa di questa rottura. "Occidentalizzazione" non è la stessa cosa che essere occidentali. Il risultato della consapevole imitazione dell'Europa occidentale da parte della nobiltà e dell'intellighenzia del XIX secolo, doveva essere quello di creare una tensione fra Oriente ed Occidente in seno alla Russia stessa, e specialmente una tensione fra le classi superiori parzialmente occidentalizzate e le masse non occidentalizzate dei contadini. Questa era una tensione di classi ed una tensione di idee. Essa si manifestò sotto Pietro il Grande in  una liberazione di energia tecnica, in una sorta di furore etico, che consentì allo Stato russo di fare dei balzi in avanti enormi nella direzione di uno sviluppo economico sotto controllo pubblico - un leitmotiv che ancora in un certo senso continua anche oggi in epoca post-sovietica). Il quarto elemento di vita russa potrebbe essere chiamato l'energia dell'occidentalizzazione ed è simboleggiato nel modo più efficace dalle varie misure economiche di intervento statale che vennero adottate dagli zar del XVIII e del XIX secolo. L'industrializzazione della Russia pre-rivoluzionaria non era molto diffusa dal punto di vista della grandezza delle industrie di proprietà statale e delle dimensioni del commercio diretto dallo Stato. Con lo sviluppo del capitalismo russo del XIX secolo una buona parte dell'economia privata fu sin dall'inizio big business. I valori positivi della storia russa che sono stati evidenziati qui trovarono spesso un riflesso nel diritto russo e non avrebbero potuto essere conservati senza il diritto. Eppure il diritto servì come loro attuazione piuttosto che come loro fondamento, e per certi versi essi erano una minaccia alla legalità. Ripetutamente nel corso dei secoli gli Occidentali che hanno avuto contatti con la Russia sono stati colpiti e delusi in egual misura dal relativo carattere a-legale della vita russa. Paragonata alla vita in Occidente, questa è sembrata loro casuale, incostante, arbitraria e futilmente crudele. Allo stesso tempo essi sono stati impressionati dallo straordinario calore e spontaneità dei Russi, dalla loro capacità di servire e di sacrificarsi, della loro devozione e fede nella Santa Madre Russia, dal loro singolare ardore ed energia. Storicamente debole in legislatori e giuristi, la Russia è stata forte sin dall'inizio in eroi e in santi. E' stata forte nel suo senso della comunità, è forte nella sua energia diretta dal centro, nell'iniziativa amministrativa, dal vertice. Molti dei Russi più grandi hanno disprezzato il legalismo dell'Occidente, dove, secondo le sprezzanti parole dello Slavofilo del XIX secolo I.V. Kireesky, "i fratelli fanno contratti con i fratelli". Essi hanno guardato alle relazioni personali ed amministrative spontanee, piuttosto che alla formalità del diritto, con la sua enfasi dilazionatrice sul giusto procedimento e con il suo razionalismo. I contadini guardavano allo zar come ad un "piccolo padre" piuttosto che come a un semplice monarca. L'unità dell'impero russo del 1917 era ancora, agli occhi del popolo russo globalmente inteso, non tanto politica o legale, in senso occidentale, nella sua essenza, quanto morale e religiosa. Un collante che non sembra ancora venir meno. -fine
Casalino Pierluigi, 5.12.2014